Il rastrello elettrico, lo sturalavandini asimmetrico, l'armonica testa di cane, sono solo alcuni degli strumenti inventati da Eugene “Archimede” Chadbourne, musicista muy eclettico, nonché pazzoide piuttosto savio, uno che con denti da orco frantuma prelibatezze musicali per poi risputarle mutate di forma colore odore e consistenza.

Pensate a un frullatore/cornucopia pieno fino all'orlo di una grumosa brodaglia (ottenuta mescolando jazz, noise, rock'n'roll e country & western) la quale, dapprima versata in piatti sbeccati, viene poi guarnita da ghiribizzi avanguardistici d'ogni ordine e grado e da una copiosa spolverata di bellissima ironia.

Ripenso con un sorriso alla mia prima volta, una versione molto “lo famo strano” di “I talk to the wind”, antica ballata Crimson e piccolo pezzo di cuore. Roba che se l'avessi ascoltata nella notte dei tempi avrei detto “Come cazzo ti permetti, tanghero?” mentre qualche mesetto fa, di fronte all'orrida scoperta, ho goduto da uomo savio, ovvero come un riccio.

Il progetto zio Billy sotto shock nasce un giorno che Eugene è alle prese con una delle sue assurde macchine sonore, un complicatissimo assemblaggio di chitarra, kalimba, mazzi di chiavi e corde rotte.

In mezzo al pubblico c'è un tizio, si chiama Kramer Qualcosa, ed è un'aspirante testa d'uovo se non addirittura, diciamolo piano piano, un piccolo Eno in nuce.

Ebbene il nostro Kramer è talmente affascinato da quel folle garbuglio sonoro che, su due piedi, elucubra il proposito di unire le forze con quel “figlio di puttana”.

Il frullatore cornucopia si riempie allora di classici da fare a pezzi. Il primo improbabile reperto è “The dawn of Shockabilly” un ep con cover dissennate e balorde di Count Five, Johnny Burnette, Yarbdirds, Beatles, Tammy Winette.

Immaginate aberrazioni garage virate noise virate Cramps virate boh e una voce tipo Donald Duck sotto acido. Il tutto scheggiato da corbellerie varie e paradossali virtuosismi. Tre parti di Belushi e una di Zorn/Zappa.

Con “Earth vs Shockabilly” la faccenda si ribalta e la fazione Zorn/Zappa si prende decisamente la scena.Si inizia con trapani e ferraglia e qualche nota Jazz, poi bellissimi sberleffi noise, la voce del solito paperino, schitarrate fulmicotoniche. Una cosa piuttosto meravigliosa oltre che una cover quasi irriconoscibile di Day tripper. Lo stesso trattamento vien poi riservato anche agli Stones, ai Doors, Hendrix, Johnny Cash...

Ecco Johnny Cash, “Tennesse flat box”, diventa una ballad da ubriachi, inframezzata da fughe pseudo jazz e deliziose punteggiature freeform.

Riguardo a Doors e Hendrix, qui vengono maltrattate due mie canzoni della vita, “People are strange” e “Are you experienced”. Beh, è sempre bello usare la finestra in luogo della porta.

Insomma l'estetica rock e folk presa a prestito per sfogar dissonanze, pruriti avant qualcosa, lucide sessions sballate e orrori vari. Una piacevole sensazione spiazzante dove l'intelligenza non è un'arma a doppio taglio.

Con l'eccitazione che, protetta da una specie di sballatissima sottosezione dell'Unesco, non vien mai a mancare. E il disco, mirabile anti potemkin, è davvero una figata pazzesca.

Ah, ottimo, ottimissimo anche il materiale vergato dai due...

Au revoir...

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