Mauro chiama alieni, rispondete alieni …
Mauro chiama alieni, RISPONDETE ALIENI …
MAURO CHIAMA ALIENI, RISPONDETE ALIENI …
Niente, da quando il mondo del Duca li ha terrorizzati (vedi mia recensione di Pinups) non si sono più fatti vedere. Pazienza, avevo una bella storia ed un po’ di Rock/Blues da condividere con gli spaziali, anche perché non mancano soltanto al sottoscritto ma anche ad alcuni Debaseriani.
Quindi, con la sola compagnia del gattone Ziggy beatamente steso sulle gambe, non avendo (ancora) il vinile cerco su Tidal “Freedom Flight”, clicco play e chiudo gli occhi. I ricordi si srotolano nella mia mente soffermandosi su tre frames distanziati una decade l’uno dall’altro:
1994, al cinema: Vincent e Jules attraversano il corridoio di un condominio popolare. Una musica, appena percepibile e attutita dalla moquette dei locali, fa da sottofondo al discorso tra i due sulla moglie di Marsellus e su come questi abbia gettato fuori dalla finestra un tizio che le aveva fatto un massaggio ai piedi. Vincent è preoccupato …
2004, Mediaworld: trovo in offerta una ristampa, in CD del 2002, della colonna sonora di “Pulp Fiction” (Collector’s Edition) e, tra le tracce extra, compare “Strawberry Letter #23” accreditata ai “Brother Johnson”. Non ricordo la sua presenza nel film ma gradisco. Vincent è morto … (e anche Beaumont ucciso da Ordell in Jacky Brown, proprio sulle note -questa volta ben udibili - di “Strawberry Letter #23”, sempre nella cover dei BJ).
2014, a casa con Spotify in shuffle (partendo dall’album “Maggot Brain” dei Funkadelic): risento le note di “Strawberry Letter #23” ma in una versione più lenta, meno funky e più psychedelic soul: sullo schermo del PC un faccione enorme in una bruttissima copertina, artista Shuggie Otis, opera “Freedom Flight”. Ma chi è costui? Mauro è curioso ma con una cultura limitata, proprio come Don Abbondio …
Ieri sera, Pinto Dischi: sto cercando una copia in buono stato e a prezzo accessibile di “Freedom Flight” che devo assolutamente possedere! Non la trovo ma mi porto a casa “Kooper Session” accreditato ad Al Kooper e, appunto, Shuggie Otis, vinile ristampa USA dei primi ‘70. Giunto a casa, per prima cosa lo sottopongo al battesimo che sancisce l’ingresso dell’opera nella mia collezione (lavaggio del disco da decenni di polvere incrostata tra i solchi). Estraendo il vinile dalla copertina, salta fuori un foglio di quaderno ingiallito con uno scritto a mano le cui prime parole sono: “Chi è Shuggie Otis?” E no, giuro, questa volta è tutto vero, gli alieni non c’entrano. Solo il fato, destino supremo e prestabilito, ha organizzato il tutto.
Leggendo le parole riesumate dall’oblio, con delusione mi rendo conto che altro non sono che la traduzione delle note di copertina a firma di Al Kooper che introduce Shuggie al pubblico. Peccato, avrei preferito delle note personali del primo possessore. Certamente era un appassionato di blues e, probabilmente, adesso ascolta jam session di Jimi & Co. seduto su una nuvola. Chissà che fine faranno i miei vinili tra entant’anni …
Non potendo utilizzare ciò che la sorte mi ha offerto, dato che la narrazione di Kooper si ferma alla data della pubblicazione di “Kooper Session” (1969) tocca a me raccontarvi un po’ di Shuggie, sebbene la bibliografia del soggetto non sia delle più esaurienti. Ciò che emerge subito è che, come Carneade sia un signor nessuno (alle orecchie di Don Abbondio) divenuto, proprio per questo, l’antonomasia di una persona mai sentita, Otis è famoso per non essere divenuto famoso quando ne ha avuto l’occasione e, ciò, acuisce la mia curiosità. Non fosse altro perché amo le storie alla Sixto Rodriguez anche se, in questo caso, non è la sfiga a tenere lontano il ragazzo prodigio dal successo. Penso sia distante anche da Tucker Crowe, il personaggio interpretato da Ethan Hawke in “Juliet, Naked - Tutta Un'Altra Musica”, vecchia star del rock alternativo americano che personifica la distanza tra l’elaborazione fatta dai fans dei propri miti e la realtà concreta di un artista senza più ispirazione. Le poche notizie che riesco a trovare sul web mi fanno pensare, piuttosto, ad un ragazzo, in un primo tempo troppo arrogante e poi – perso il treno della vita - rassegnatosi a fare il turnista.
Otis, nato a Los Angeles il 30 novembre 1953 è il figlio del pioniere del Rhythm And Blues Johnny Otis, ed è la personificazione dell’aborto di una leggenda. Iniziò a strimpellare la chitarra a due anni e ad esibirsi professionalmente con la band di suo padre appena undicenne, spesso travestendosi con occhiali scuri e baffi finti in modo da poter suonare nei nightclub. Un mago del basso che apparve in “Hot Rats” di Frank Zappa, suonando nella leggendaria “Peaches en Regalia”, quando aveva 15 anni (1969). Per le doti chitarristiche, invece, basti dire che era considerato l'erede di Jimi Hendrix e, all’epoca, il chitarrista più sprezzante del rock, avendo rifiutato di unirsi ai Rolling Stones, e avendo declinato le proposte di collaborazione di David Bowie, Blood, Sweat & Tears, e Quincy Jones. Essendo, inoltre, un polistrumentista che oscillava tra diversi generi e sperimentava con le drum machine, veniva sovente accostato a Sly Stone e Stevie Wonder.
Ora, mettetevi nei panni di un adolescente che si trova in tale situazione, è normale che ci si perda nel proprio ego pensando di essere figlio di Zeus e Mnemosine, novello Euterpe della musica moderna. La realtà gli darà il ben servito e stopperà le ambizioni del nostro nell’arco di tre sole pubblicazioni, oltre al recensito ed al citato con Kooper, la discografia si completa con “Inspiration Information” (1974), a detta di tutti il capolavoro di Shuggie che ha guadagnato un seguito di culto durante gli anni '90 con l'emergere dell'acid jazz. E poi, niente. Tra la metà degli anni '70 e l'inizio di questo secolo, Otis compì un atto di sparizione. Forse non aveva il temperamento adatto per il successo, forse la depressione, l’alcool e le droghe hanno impedito al bocciolo di schiudersi e diventare uno splendido fiore. Oggi ammette che gli è piaciuto stare lontano dai riflettori, lontano dalle pressioni di essere Shuggie Otis, l'ex adolescente prodigio che non è mai riuscito a capitalizzare tutto il successo. Chissà se lo pensa veramente.
Ma, se per i dotti della musica, il capolavoro è “Inspiration Information”, io preferisco “Freedom Flight” ed il motivo è che non si adatta perfettamente a un genere ma contiene brani funk, rock, R&B classico, elementi di blues, country e soul della vecchia scuola, fusi insieme in qualcosa di esplosivo. A differenza di molti classici del genere, inoltre, quest’opera suona più disinvolta, senza pretese risultando, quindi, facilmente assimilabile.
Sebbene la canzone più conosciuta sia “Strawberry Letter #23”, l'album è pieno zeppo di brani magnifici: “Ice Cold Daydream” è un pezzo tra il funk e il blues con parti di chitarra dirette e veloci; “Sweet Thang” si apre con un suono di chitarra country che si ripete sviluppandosi in un funk di organo, coro e, pianoforte che penso sia il motivo che ha fatto alzare la cornetta a Mick e Keith. “Me and My Woman” è un blues, ma il lavoro della chitarra è molto più funky di un blues standard e ha un ritmo che ti fa venire voglia di ballare più che di bere per allontanare i tuoi dispiaceri. “Purple” è un blues classico, ma con una linea di basso dal sapore funk. Infine, la traccia del titolo, “Freedom Flight”, è quasi puro jazz; improvvisato, introspettivo e imprevedibile con un groove suadente e una nota di psichedelia che anticipa la strada che percorrerà Otis per “Inspiration Information”.
Otis non solo ha scritto molte di queste tracce, ma ha anche suonato una serie di strumenti, supportato da gente del calibro di George Duke, Wilton Felder e Aynsley Dunbar. Il combo stesso riflette le diverse basi dell'album e il suo suono. Shuggie sarà quasi certamente ricordato come il ragazzo che scrisse “Strawberry Letter #23”, o forse sarà ricordato come il ragazzo che pubblicò “Inspiration Information” qualche anno dopo, influenzando molti musicisti della scena acid jazz nei ‘90. Onestamente, però, penso che “Freedom Flight” sia il suo momento più bello.
- Ice Cold Daydream
- Strawberry Letter #23
- Sweet Thang
- Me And My Woman
- Someone's Always Singing
- Purple
- Freedom Flight
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