Non è facile parlare dei Sigur Ros, e ancor meno lo è parlare di questa loro terza fatica, che già a partire dal nome è sfuggente e indefinibile; non ha un nome infatti, ma non si può chiamare "White album", nonostante la copertina, per via dell'illustre predecessore, nè "omonimo" per via di quelle due parentesi () che che fanno inquietante mostra di sè sopra il candido sfondo.

L'album tra parentesi, così lo chiamero, contiene otto traccie, anch'esse senza titolo, che sono però intimamente legate fra loro, e difficilmente distinguibili se prese singolarmente, essendo momenti di un tutto indivisibile. La musica dei Sigur Ros riflette la solitudine dei ghiacci perenni d'islanda e la malinconia della notte senza fine... è musica da meditazione, minimalista, con pochi riff di piano o chitarra ripetuti e trascinati senza sosta, in maniera ipnotica. Ogni tanto la voce magica di jossi si affaccia ad accompagnarci in questo strano viaggio senza meta... Poco si può analizzare a livello tecnico perchè è tutto di una semplicità sconvolgente, la musica è semplicemente bella. Le composizioni si muovono su un piano ritmico costante, che non ha alcuna variazione apprezzabile nei 60 minuti dell'album, a parte l'ultima traccia in cui la batteria si fa quasi hard-rock, e le atmosfere così dilatate dovrebbero annoiare, ma non è così, sembrano giuste e opportune tutte le ripetizioni.

Come già detto questa è musica da meditazione, e va valutata in maniera non convenzionale, più per le emozioni che trasmette che per la bravura con cui è costruita. Lo ascolti e ti piace anche se non riesci a capirne il motivo, ti seduce e ti cattura prima che tu riesca ad accorgertene... Non avevo in mente di scrivere una recensione così, ma mentre scrivo stò ascoltando l'album e andando avanti è sempre più difficile trovarvi delle pecche, posso solo consigliare di ascoltarlo nel silenzio della notte, lasciando che guidi i nostri sogni.

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