Ecco, su questo lavoro non sento più il delirio, cosa che fino a Sister villeggiava. Bad Moon Rising era solo delirio.

Insomma un bell'album pop, simpatici i ritornelli, carine le melodie. Giusto giusto un noia-noise borghese fabbricato a tavolino per il debutto in società tramite l'ammicco a una mayor, che camuffa l'inganno pseudo underground con un doppio disco, chic-shock l'escamotage per innescare un invito al salotto buono.

Il passo indietro per un proselitismo ufficiale è fatto. Dal "non si vive di solo pane" al "panem et circensens". Che ci vogliamo fare, la carne è debole. L'interdizione che si sono violentati mi ha interdetto. Ma è più la corsa scellerata ad etichettarlo capolavoro l'equivoco di questo disco, che rimane un buon lavoro frainteso dalla porporina grassa di cui è imbellettato.

Non fraintendetemi, una sufficienza abbondante la strappa, bravi 7+, non di più. Più che bruciata, gioventù finita... Vogliamo vivere più di trent'anni sembrano dire i "ragazzi": avanti le pantofole.

Un succedaneo, un palliativo, un compromesso vanno a trasformare la vanità impersonale dell'ardore iniziale con una vanità egoica di cedimento alla palestra della noia dell'eternità che sfianca un po' tutti nella tentazione di raccogliere qualche frutto. Ma son mele un po' acerbe rispetto alla mai (s)fruttata precedente maturità di una ridondanza psichica trascendente che basculava sul filo del rasoio della follia e che sabotava l'inganno di scandire il tempo.

Non c'è più il perseverare nell'infanzia come Oskar Matzerath, si vogliono suonare tamburi d'oro e non più di latta. C'è il salto di qualità, di stile in questo lavoro, il decidere di voler "crescere", che però in un certo senso li frega dove va scomparendo la tensione della battaglia contro lo sgambetto del partecipare che nei precedenti lavori ti mesmerizzava letteralmente e che andava a toccare il visibile e l'invisibile, mentre qui si sente un rilassamento dovuto all'usura dell'aura primordiale che faceva scudo alle considerazioni.

Insomma qui la cometa la vedono tutti, rispetto alle precedenti scie e code nate eclissate. Non sono più "oscuri impuniti". Si cominciano a specchiare nello stagno e da inconsapevoli rospi occulti che erano si autobaciano per un ritorno di bellezza-specchio che permetta ad un'utenza "addomesticata" di vederli, una materializzazione tattile di parte della loro brillantezza oscena.

Con la normalizzazione del loro mostruoso logicamente viene il successo della stravaganza globalizzata. Senza biasimo né giudizio prendiamo atto di questo omologato "capolavoro".

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