Ogni parola pronunciata in merito a "Daydream Nation" non va sicuramente sprecata, giacchè quest'album non finirà mai di sorprendere il pubblico, neppure in seguito ad un miliardo di ascolti. Con questa premessa intendo dire che non ignoro il fatto che molti Debasers hanno già pensato (bene) di gettare qualche riga a proposito di "Daydream Nation", ritengo anzi che ogni appassionato di musica rock sia in dovere di farlo.

I Sonic Youth raggiungono con questo disco non solo il vertice della loro produzione, ma di tutto l'alt rock degli anni '80 (sebbene sia uscito verso la fine di quegli anni), associandovi il termine «noise». Difatti è il rumore delle chitarre di Thurston Moore e Lee Ranaldo (specificamente di quest'ultimo) il protagonista di questo lavoro guitar-oriented come vuole la consuetudine del tempo (Hüsker Dü, Dinosaur Jr.). Ma "Daydream Nation" non stupisce soltanto per le intuizioni geniali del "rumorista" Ranaldo, fornisce peraltro ottimi esempi di grunge ante litteram, come le prime due tracce, ad opera del leader Thurston Moore. Il titolo dell'opener, "Teen Age Riot", è una sorta di endiadi. Kim Gordon presta la sua voce per l'intro: è un vocal angelico sovrastato dalla melodia di una chitarra che contiene una rabbia che rimarrà latente per tutta la durata del brano. "Teen Age Riot" di fatto non esplode mai, se non al suo effettivo start, non appena entra la voce di Thurston Moore, e rimane sempre in bilico tra l'indie rock e il protogrunge. Proprio il grunge sarà a dominare nell'apertura di "Silver Rocket", dove il timbro vocale di Moore diviene piuttosto interessante e si fanno notare gli intermezzi noise di Ranaldo e una linea di basso semplice ma efficace di Gordon, cantautrice dei due brani seguenti: "The Sprawl" e "'Cross The Breeze". Il primo è un progressive rock alla maniera dei Genesis, quasi parlato all'inizio e caratterizzato dai suggestivi intrecci tra le chitarre e il basso nelle restanti parti; il secondo ricorda la no-wave di Lydia Lunch e ha pigli metal: la voce di Kim trasmette ansia ed è stonata in maniera insolitamente picevole. "'Cross The Breeze" è tra i momenti strumentali più validi del disco, anche se un tantino assimilabile a "The Sprawl".

"Eric's Trip" presenta Ranaldo in veste di cantante e, come suggerisce il titolo, è un viaggio attraverso le trovate chitarristiche dello stesso. D'ora in poi il disco si farà strumentale in maniera crescente, perdendo quasi di vista il canone della melodia e della forma-canzone. Ne è esempio lampante "Total Trash", tra le sue improvvise decelerazioni e le devastazioni strumentali finali. Segue un altro gioiello di Ranaldo, "Hey Joni", che ricorda vagamente i Dinosaur Jr. di "Kracked" e coinvolge per l'utilizzo della tecnica chitarristica degli armonici; il titolo è riferito a "Hey Joe" di Hendrix e a Joni Mitchell. "Providence" è l'approccio più sperimentale: si tratta difatti di un messaggio lasciato sulla segreteria telefonica di Moore da Mike Watt, bassista e cantante dei Minutemen, la cui voce si eleva sul pianoforte e sui rumori di sottofondo prodotti da un amplificatore. Lodevole il prog-rock di "Candle", dove affiorano elementi riscontrabili nei Genesis di "Wind And Wuthering" ed una nota psichedelica (merito di Ranaldo, naturalmente!). Il titolo riprende il dipinto di Gerard Richter sulla cover dell'album, raffigurante appunto una candela, simbolo della perdita e dell'incertezza di sè, come è spiegato nelle liner notes all'interno del booklet. Ma il capolavoro del disco è "Rain King": parte con una sezione ritmica tribale che funge da letto per i rumori tragici e ansiosi prodotti dalla chitarra di Ranaldo. Le sue linee vocali sono sostanzialmente parlate, l'atmosfera del pezzo nervosamente magica.

Moore è il leader indiscusso del gruppo e anche il più dotato a livello compositivo, ma dà anche molto spazio all'estro di Ranaldo e all'espressività di Kim, che ci offre "Kissability", dove le chitarre s'intrecciano nervose e si erige una splendida melodia. A conclusione del disco è posta "Trilogy", composta di tre momenti: "The Wonder", "Hyperstation", "Eliminator Jr." I primi due sono contrassegnati rispettivamente con le lettere a e b e confluiscono l'uno nell'altro: "Hyperstation" è il placarsi di "The Wonder", una sorta di strascico sognante di quest'ultima, dove la voce di Thurston Moore è più selvaggia ma pur sempre impostata. Dopo pochi secondi di silenzio attacca "Eliminator Jr." (omaggio ad una band molto stimata dai Sonic Youth, indovinate quale?); Kim effettivamente non canta, piuttosto urla e ansima in maniera alternata. Al brano è assegnata la lettera z in quanto parte definitivamente conclusiva del disco; inoltre la lettera z fa riferimento ai ZZ Top, come la parola Eliminator nel titolo.

La valenza storica di "Daydream Nation" è incommensurabile: basti pensare al consistente numero di band che hanno tratto ispirazione da esso per il proprio sound. Addurre nuovi motivi per definirlo un capolavoro risulterebbe vano, il giudizio di Tom Verlaine dei Television in merito rappresenta un pretesto più che valido:"Ci sono momenti, rari in ogni disco, dove le ricerche selvagge dei chitarristi collidono in ciò che può essere definito come una "radiazione". E' come essere travolti dalla corrente di un fiume, rimbalzare sulle rocce e infine scendere giù per le cascate, e trovare il tutto davvero piacevole".

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