Se dovessi riassumere il mio personale 2019 musicale, direi che è stato l'anno dell'Inghilterra. Quasi una metà dei miei 10 dischi preferiti sono stati pubblicati da artisti inglesi. Gli ultimi arrivati sui miei auricolari sono questi quattro ragazzini della suburbia londinese, che poco meno di tre mesi fa se ne sono usciti con questo mini LP (o EP lungo, visto i 23 minuti di durata) di 4 pezzi, uno diverso dall'altro, ma tenuti insieme da uno spiccato gusto per le soluzioni meno immediate e un'ottima capacità sincretica.
A voler essere concisi, i nostri giocano uno sport che unisce caratteristiche musicali disparate, cercando di unire atmosfere rarefatte, quasi ambient che ricordano molto i tardi Talk Talk di “Laughing Stock” (i 5 minuti iniziali di “Savage”) con ritmi sincopati, bassi gommosi, fiati e quant'altro. Tanto ben riuscite da scomodare band del cuore di un ventennio fa tipo Gomez e in parte Beta Band (esemplare in tal senso l'alternarsi di esplosioni post punk e trombe quasi jazz della perfetta “Match Bet”). Non paghi infilano pure un funk bianco fra '70 e '80, un po' Talking Heads, un po' Julian Cope degli esordi, un po' pop cafone per via di un synth veramente cheap (“The Cleaner”) riuscendo a risultare credibili lungo tutti i 9 minuti del pezzo. Merito, a mio avviso, di un cantante batterista ispirato e dal timbro e l'accento fra Fall e gli annunci del telegiornale.
E non stupitevi se alla fine dei 6 minuti della finale “Rodeo”, altro pezzo geniale che lambisce contemporaneamente folk , dub e basi elettroniche, il dito andrà velocemente verso il repeat, i ragazzi se lo meritano. Si attende ora l'esordio su lunga distanza programmato per il 2020.
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