Prima di iniziare questa recensione vorrei esprimere il mio giudizio sulla copertina di questo disco, perchè tutte le volte che osservo l'immagine 'gigante' di Howe rispetto agli alberi e alle due galassie mi viene un po' da sorridere. Certamente Steve è uno dei grandi musicisti del Rock inglese, ma la sua fotografia mi sembra leggermente 'egocentrica', sicuramente avrebbero potuto 'svilupparla' meglio, soprattutto se compaiono nelle note del booklet due grandi nomi come quelli di Roger & Martyn Dean. Posso rivelarvi che questo lavoro è ottimo, ma è penalizzato dalla prestazione vocale piuttosto debole e a tratti inconsistente di Howe, mentre, sarebbe bastato secondo me, inserire un buon cantante per innalzare sensibilmente il risultato creativo e la valutazione dell'opera. Fortunatamente, il disco propone anche dei pezzi strumentali che danno modo al chitarrista di esprimersi liberamente con il suo caratteristico virtuosismo e il suo inconfondibile gusto. Howe si impegna anche a suonare tutta una serie di altri strumenti (basso, percussioni, tastiere, mandolino, koto e flauto) dimostrandosi un notevole polistrumentista, inoltre, al suo fianco compaiono anche i due figli Dylan (batteria) e Virgil (tastiere). Sedici brani per un totale di circa cinquantanove minuti (1993 Relativity). L'opera è piuttosto variegata come generi musicali, anche con sonorità orientali come la tenerissima "Road To One's Self". Immancabili anche alcuni passaggi progressivi che inevitabilmente rimandano alle importanti opere degli anni '70 insieme ai componenti degli Yes. Come già accennato in precedenza, gli episodi migliori si riscontrano nei pezzi strumentali, dove il chitarrista riesce a realizzare degli ottimi assoli che non si riducono mai a dei semplici passaggi esibizionistici. Ottimi perciò: "Desire Came First" e "Luck Of The Draw" di impostazione più Country, "The Valley Of Rocks" che ricorda molto gli strumentali di chitarra acustica del suo passato musicale, "Wayward Course" e "Common Ground", quest'ultimo è un bel duetto di chitarra acustica e piano. Da segnalare anche "Passing Phase", "Georgia's Theme" e "Maiden Voyage" di impostazione più progressiva. Comunque, anche alcuni brani cantati non sono da disdegnare, come la title track "The Grand Scheme Of Things", "At The Gates Of The New World" e "Too Much Is Taken And Not Enough Given", forse il brano cantato migliore del disco con un buon testo pro-ecologico. Discreto il booklet che contiene anche i testi delle canzoni e questa bella citazione: "In the same sweet eternity of love is a circle tha doth restless move" - Anon.

Si tratta in conclusione di un'opera più che valida, sia come qualità che come quantità musicale e che presenta un musicista in ottima forma. Voto disco 3,7 su 5 (chitarre).

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