E' indubbio che la storia del rock avrebbe avuto altre evoluzioni senza quel 6 luglio 1957. La data dell'incontro (a cui è stato dedicato un intero libro) tra due giovani adolescenti di nome John Lennon e James Paul McCartney ha fortemente condizionato i dieci anni successivi della musica dei sixties, entrando di diritto ed indelebilmente a far parte di uno di quegli imprescindibili pilastri di cui la storia del rock si sarebbe composta. A spargere il seme della curiosità erano stati Elvis Presley e Lonnie Donegan a cui i due giovanotti di Liverpool facevano riferimento. Paul era un chitarrista mancino dal visibile talento e con grande capacità interpretativa come vocalist, che invitato (ottobre 1957) da Pete Shotton (che suonava nella stessa band del chitarrista di nome John), non potè che acconsentirvi, ponendo le basi di quel magico songwriting team che passerà alla notorietà come Lennon-McCartney.
In principio furono i Quarry Men (in onore della Quarry Bank Grammar School frequentata da Lennon), poi vennero i Johnny and The Moondogs,Beatals, Silver Beats e quasi subito i Silver Beatles.Nel febbraio del 1958 si aggiunge il competente George Harrison (anche lui alla chitarra) che insieme ai suoi due compagni di ventura, suonerà con un numero imprecisato di musicisti tra cui convergeranno anche l'esperinza di due validi esperti strumentisti come John Lowe (piano) e Colin Hanton (batteria), in grado di arricchire i tre adolescenti di Liverpool fino al 1960. Per poter ascoltare rock'n'roll a Liverpool non serviva guardare agli Stati Uniti, oltre ai 45 giri le terre bagnate dal Mersey (anche per la forte presenza di marinai statunitensi) divengono la base operativa da cui promanerà una invidiabile fucina di talenti in grado di divulgare il proprio verbo senza difficoltà.
Con il 1960 e l'arrivo del bassista Stu Sutcliffe, John, Paul e George (con loro anche il drummer Tommy Moore) intrapresero una tournée in Scozia, che seppur non diede i risultati sperati, portò i Silver Beetles a superare i confini nazionali per il primo approccio in terra tedesca ed a cambiare di lì a breve il nome nel definitivo The Beatles. Approdata ad Amburgo durante il mese di agosto del 1960, la band con l'aggiunta di Pete Best alla batteria che consta di cinque elementi, suonerà tutti i giorni all'Indra Club fino alla sera del 3 ottobre, quando per problemi imprevisti, in quattro (Stu rimarrà con la sua fidanzata, la fotografa Astrid Kirchherr) furono costretti ad abbandonare il suolo germanico. Con il ritorno nella terra d'Albione,gli inizi del 1961 rappresentarono per i Beatles l'incredibile ascesa di popolarità a cui miravano. Le calorose esibizioni tenutesi al Cavern Club di Liverpool li portò a creare una strettissima interazione con i fans che li osannavano all'inverosimile, facendo in modo che lo stesso locale che li aveva (ri)battezzati dopo l'insuccesso tedesco, divenisse la loro fida casa e ... Where It all began!
Con la maggiore età di Harrison i quattro tornarono in Germania ed accompagnarono il cantante/chitarrista Tony Sheridan nelle esibizioni al Top Ten Club di Amburgo, in seguito alle quali venne data loro l'occasione di incidere dei brani usciti inizialmente solo per il mercato tedesco.Il rientro dei quattro a Liverpool fu senza tanti sforzi predisposto al solito Cavern, dove a frotte gli scatenatissimi.sostenitori del gruppo si facevano spontaneamente sentire. A breve la nomina a manager di Brian Epstein a cui come primo ed arduo compito, spettò licenziare Best in favore di tale Richard Starkey (conosciuto già con Rory Storm and the Hurricanes proprio in terra amburghese), che in seguito assumerà il ben più armonioso nome di Ringo Starr.
Il 5 ottobre del 1962 esce in Gran Bretagna il primo 45 giri "Love Me Do" (con un più convincente Andy White alla batteria) che raccoglie vagonate di consensi anche per via delle numerose trasmissioni a cui i Beatles saranno ospiti, mentre il 22 marzo 1963 è la volta del primo 33 giri dal titolo "Please Please Me" (in Italia uscirà solo nel mese di novembre con copertina diversa e con il titolo di "I Favolosi Beatles"). L'album è un riassunto che riflette chiaramente l'esordio di una band che si sta per lasciare alle spalle una lunga e sacrificante gavetta, facendo da battistrada ad un'evoluzione artistica semplicemente rimandata.
Le prime note che giungono all'orecchio di questo secondo Lp sono quelle di "It Won't Be Long" accattivante ed energica quanto basta, in cui è la semplice successione ritmica di yeah yeah a tenere banco insieme ai primi esempi di un' accattivante accostabilità di termini (be long e belong docet ...). Il ruolo di colpire al primo ascolto ad "All I've Got To Do" riesce con molta facilità, il cantato soul di John è in grado di avvicinarsi al migliore Smokey Robinson. Senza dubbio con "All My Loving" in cui è Paul a guidare le linee vocali, è piacevole per chi ascolta restare vittima di quei zuccherosi coretti che diverranno col tempo uno dei vincenti trademark dei quattro scarafaggi. A trasparire rapidamente è una perfetta uniformità di stile tra le tracce presenti sul disco, che seppur non rende obbligatoria la minuziosa analisi di ogni brano, non può non far tener conto dell'emozionante "Till There Was You" (la sigla di The Show Man scritta da Meredith Wilson), in cui l'accoppiata Lennon-McCartney arricchisce il lodevole lirismo con un accompagnamento acustico che conferirà ancor più valore.
Com'era d'uopo non poteva mancare il doveroso tributo a chi aveva contribuito alla rivoluzione rock'n'roll come per "Roll Over Beethoven" (Chuck Berry), e perchè no all'omaggio alla Motown con "Please Mister Postman" (Marvelettes) o per la magica penna per l'accoppiata Gordy/Bradford, capace di tirare fuori un brano compatto e coinvolgente come "Money (That'sWhat I Want)", in cui è una vigorosa interpretazione d'insieme a mostrare ancor di più, quanto l'esecuzione vocale di Lennon risulti indovinata, almeno quanto l'introduzione con il piano per l'occasione suonato dal produttore George Martin.
"WTB"pur non comprendendo solo brani originali (solo otto su quattordici!), annovera tra le covers, canzoni - che la band ama di più, - intelligentemente tratte dal repertorio americano e riproponendole secondo uno stile personale e perfettamente convogliate nel nascente fenomeno beat. John, Paul, George e Ringo non lontani dalla strada dorata che avrebbero intrapreso, ma evidentemente distanti dai Beatles d'Argento di quasi un anno prima, confermando ancora oggi la validità di una profetica affermazione rilasciata da George Martin che sono certo non avrà bisogno di alcuna traduzione: "The first album was really of their repertoire, "With the Beatles was the first songbook ... so to speak ...
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