E' il mio disco del 2019...poche storie, pochi cazzi, poche seghe mentali!!

Punto e a capo...

Uscito esattamente quattro mesi fa; giungo soltanto oggi a parlarvene perchè ne sono entrato in possesso, materialmente, da poche ore. Per un'incomprensione con il decennale "pusher musicale" della mia Domodossola. L'unico negozietto di gingilli uditivi ancora in vita in questa Ossola ormai abbandonata al proprio infausto destino; e non mi sto riferendo alla sola Musica.

Ero così rimasto d'accordo con Stefano: di mandarmi un messaggio "uasup" appena recuperato tale opera d'arte. Da qualche settimana il supporto musicale era già giunto nella sua rivendita...ma Stefano pensava che il buon Lorenzo (alias De...Marga... e/o Genital Grinder) passasse a ritirarlo senza nessun avviso telefonico. Facile immaginare che in questo modo siamo entrati in un circolo vizioso che mi ha impedito di ascoltare molto prima il secondo lavoro sulla lunga distanza dei The Claypool Lennon Delirium.

In mattinata per puro caso incontro l'amico fornitore...e finalmente South of Reality è nelle mie mani!!

Bramavo questo momento; attendevo da settimane il poter maneggiare, con relativo godimento, il supporto. Aprire la cartonata confezione, gustarmi quell'odore così familiare e "speziato" del booklet interno. Leggermi tutte le note di cronaca del disco ecc...ecc...ed infine buttarmi nell'ascolto. Un solo ascolto, che non è ancora ultimato mentre di getto butto giù due o tre immediati pensieri sull'album.

Da dove parto? Da dove comincio?

Che è il mio disco dell'anno l'ho già scritto; perchè sapete benissimo che faccio il tifo da sempre per il pescatore Les Claypool; prima con i PRAIMUS e poi con tutti i molteplici progetti messi in orbita da questo autentico fenomeno; da questo mio personale eroe...cose scritte a decine di volte qui sul sito. Ma repetita iuvant dicevano i saggi e morigerati latini.

E' con lui Sean Lennon che non ha bisogno di alcuna presentazione.

Registrano nella calma quiete, relativa visto la presenza degli inquieti figli di Les, del Rancho Relaxo di proprieta del funambolico ed istrionico bassista.

Fanno tutto loro; con pochissimi aiuti esterni. Si occupano di mixaggio, di produzione, di registrare cosa e come vogliono. Uno spirito "free" si insinua serpeggiante per tutta la durata dell'album. Lavoro diviso in nove brani per circa quarantotto minuti di RockPsichedelicoSpaceProgressive che guarda indietro, che si butta a capofitto nella musica aliena ed anche alienante delle decadi passate. Con particolare e subdolo privilegio per gli anni sessanta e settanta.

Scorie di Hawkwind; incursioni drogatissime nei Floyd Barrettiani. E' lo spirito dello zio Frank da Baltimora ad essere sempre ben presente e vivo; un flusso di emozioni; un fluido musicale che scorre pacato, mellifluo, sognante, tracimante drogatissima psichedelia. Orme dei Fab Four che affiorano nei brani cantati da Sean dove è la sua rumorosa chitarra a rendersi protagonista.

Un suono ora acido, ora rivolto vero oriente, subito dopo schizzato...ma sempre lucidissimo e centrato. Si rende necessario a questo punto, per dare credito a quanto appena digitato, l'ascolto e la citazione di uno dei pilastri del lotto. Ovvero gli otto minuti di "Amethyst Realm" con quel suono della sei corde figlio legittimo del migliore David Gilmour.

Non mancano le lussureggianti pennellate, le fiocinate assassine del bassista più migliore del mondo. Les si ricorda di omaggiare i suoi Primus come avviene nella contenuta, come minutaggio, title track. Sembra di trovarsi davanti ad un torbida outtake proveniente dalle remote registrazioni "della navigazione nei mari di formaggio". Una versione balorda, schizzzata, spazzziale parente prossima di "Jerry Was a Race Car Driver".

Non mi resta che concludere l'ascolto del disco. Con debaser qui mi fermo.

Bersaglio centrato!!! Massimo dei voti...e come potevo non farlo...LITTLE FISHES...

Ad Maiora.

Carico i commenti... con calma