Io non mi spiego come questi non siano in cima alle classifiche dei best album of all times.

Come i più illuminati guru/scriba delle cose rock non li abbiano doverosamente adorati/incensati, limitandosi, tuttalpiù, a inserirli in svogliate notarelle a margine messe li per dovere di cronaca.

Eppure parliamo di gente che ha portato un genere, il folk, nel laboratorio alchemico dell’assurdo e di dischi attraversati da un senso di libertà che lascia senza fiato. Il tutto poi senza darsi minimamente importanza, che, se ascoltate bene, in sottofondo si sente sempre una risata.

Partiti, agli inizi dei sessanta, come strampalatissimo duo folk e in seguito approdati alla scuola Fugs, ovvero la più clamorosa esperienza di radicalismo in seno all’America di quei tempi, nell’epoca dell’estate dell’amore si mettono poi a produrre una musica orribile, sgangherata e incredibilmente eccitante.

Fate conto: una sorta di divertito e selvaggio canto da ubriachi appoggiato su suoni sempre deviatissimi, ora selvaggi, ora di incongrua e mirabile dolcezza.

Ho sempre pensato a loro come a zingari dell’immaginario (perché solo gli zingari san portare nei suoni una tale folle passione) e come a depositari di una saggezza ultima (che la saggezza che si appoggia su una risata mi è sempre sembrata l’unica auspicabile)

Io li ho conosciuti grazie a Syd Barrett, o meglio grazie a uno scriba (non ricordo chi) che nell’opera solitaria del diamante pazzo ritrovava certe slabbrate magnificenze Rounders. Non aveva torto, che talune atmosfere le possiamo anche apparentare. Solo che poi il favoloso inglese era allora in preda al grande sonno mentre questi erano invece assolutamente svegli.

E comunque venendo a questo disco…

Dunque, in teoria, dovrebbe esser folk, ma...

Ma si inizia con un piano mezzo carillon e mezzo saloon, una voce mezzo sgraziata e mezzo non lo so, e quelle parole: “ se vuoi essere un uccello perché non provi a fare un piccolo volo?”...

Si prosegue con un sussurro su stonato effetto clavicembalo sberciato da tamburini giocattolo…

Poi Bugs Bunny finito chissà come in gita tra le pistole più veloci del west...che, ascoltando, la mente va a certe follie Bonze e alle lande della mai troppo amata eccentricità inglese…

Poi la ballata dei licantropi, dove una favolosa mancanza di grazia annichilisce di grazia tutta la grazia del mondo…

Poi uno strumentale un terzo circo, un terzo mi mancan le parole, un terzo mi mancan le parole sempre più…

Poi una di quelle cose che ti chiedi come possa stare in piedi e quali fili invisibili faccian si che non si sparpagli in rivoli di follia o in mille palline d’argento come faceva il mercurio di un termometro rotto…

Poi un assurdo rockabilly torturato da percussioni spaventose e da un violino che nemmeno Paganini nei migliori/peggiori paradisi/inferni…

Poi...poi basta per carità…

Che il resto son folk blues sgraziatissimi, interludi di chitarra classica per brutti ceffi, i Beatles finiti in un frullatore…

Lo so, non ci avete capito niente, ma è un bene, visto che è lo stesso effetto che fa il disco...

Ah il titolo, una cosa tipo "le murene si pappano gli Holy Modal Rounders"...

Trallallà...

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