Conclusasi l’ascesa (con tanto di inevitabile caduta nel dimenticatoio, grazie anche alla sregolata vita dell’ex cantante Pete Doherty) dei Libertines, unica risposta anglo-sassone altrettanto “cool” allo strapotere del quintetto newyorchese, è giunto il momento per gli Strokes di pubblicare la loro terza creatura: "First Impressions Of Earth".
Il brano d apertura "You Only Live Once" è il migliore biglietto da visita al quale potessero affidarsi; la lamentosa voce di Julian Casablancas si adagia a meraviglia su una melodia insipida al punto giusto. Il giro di basso quasi punk e le chitarre affilate come rasoi della seconda traccia "Juicebox" per un istante mi fanno pensare ad un vero gruppo rock, ma la voce a tratti strozzata e comunque decisamente scarsa di Casablancas placa subito i miei ingiustificati timori. "In Heart In A Cage" gli Strokes sembrano quasi scimmiottare Iggy Pop, e nonostante un pensiero del genere mi turbi parecchio a fatica riesco a levarmi di dosso questa sgradevole sensazione.
Il disco prosegue con ritmo altalenante, concedendosi alcune graziose melodie di quarta mano ("Razorblade", "Electricityscape") e qualche altra improbabile sterzata rock (l’epilettica "Vision Of Division" e l’urlata "Fear Of Sleep") di cui in pochi, perfino tra i fan degli Strokes, sentivano il bisogno.
La produzione di "First Impressions Of Earth" è stata affidata a David Khane (Sugar Ray, Staind) che, stando a quanto riferito dallo stesso Casablancas, se trova in un brano “una parte strana e interessante ma non popolare, allora cerca di trasformare il tutto in qualcosa di più accessibile cancellando le cose singolari”. L’impressione che si trae dall’ascolto di questo lavoro è assai differente; le quattordici tracce di "First Impressions Of Earth" non sembrano per niente una versione scolorita o annacquata degli Strokes quanto invece la naturale evoluzione di un percorso improntato, fino dal debutto "Is This It" del 2001, al più pedissequo manierismo. Sarebbe opportuno correre ai ripari finché si è in tempo, al fine di non ritrovarsi tra 20 anni allo stesso punto;il repertorio di cui dispongono gli Strokes non è infatti così valido da poter essere saccheggiato impunemente troppo a lungo.
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