Sesto album di studio (1983) degli otto in totale pubblicati dai Tubi, band di San Francisco attiva dal 1975 al 1996 escludendo le rimpatriate da anzianotti passato il duemila. La loro carriera discografica è agevolmente divisibile in due fasi: la prima bella compatta, cadenzata da un album all’anno fino al ‘78, la più spettacolare e innovativa, dissacrante e parodistica; comprende tre lavori in studio ed una trascinante performance degli stessi in una quarta, imperdibile pubblicazione dal vivo.

Il secondo ciclo inizia nel ’79 colla quarta opera in studio “Remote Control” e si dipana, più dilatato nel tempo, per altri quattro dischi sino al getto della spugna a metà anni novanta. Il suono Tubes viene in questa circostanza più a compromessi col mercato e con gli stereotipi del rock classico, permanendo in ogni caso alta qualità e interesse, nonché la brillante teatralità e fantasia nelle spumeggianti sortite sul palco.

Eh si... se è esistita una formazione autenticamente da verificare in concerto prima di farsene un giudizio definitivo, questi sono stati i Tubes. Potevano contare su di un frontman atletico e solidissimo, con talento attoriale oltre che musicale, perfettamente a suo agio alle prese con travestimenti estremi e pose persino oscene, condivise per lo più colla ballerina e corista Re Styles (la quale però… stava col batterista!), senza perdere una nota di canto potente e comunicativo. Inoltre avevano un ottimo compositore nella persona di Bill Spooner uno dei due chitarristi, nonché un batterista non solo fidanzato di Re Styles ma pure bravo da paura: Praire Prince è ancor oggi una macchina del ritmo da serie A, anzi da Champions League e lo si può trovare nei crediti di una marea di dischi, oltre a quelli dei Tubi.

Nel 1983 Re Styles però se n’è ormai andata; allo stesso tempo nella musica pop rock made in USA sta abbastanza regnando lo stile Toto, a cagione del loro seminale quarto disco dell’anno precedente. Un’impronta, quella dei Toto, che si innalzava allora sino a cosette vendutielle tipo il famigerato “Thriller” di Michael Jackson, nei fatti un loro album con lui alla voce. Nella prima facciata di questo “Outside Inside” il sigillo Toto è netto, non foss’altro che per il massiccio apporto del loro chitarrista Steve Lukather, amico fraterno del frontman. Il prodigioso axeman di Los Angeles regna sovrano piazzando due assoli terrificanti sulla traccia iniziale “She’s a Beauty” e sulla terza “Out of the Business”. Entrambi gli episodi, insieme a quello posto fra di loro e cioè l’esplosiva “No Not Again”, sono fulgidi esempi di consistente, rigenerante, bellicoso hard pop americano di quel fertile tempo.

La seconda facciata è meno commerciale, più artistica e bislacca ovvero più autenticamente Tubes. Vi è persino un solo di batteria intitolato… “Drums”, un ballabile “filmico” chiamato “Theme Park” dal riff di basso irresistibile, un idiosincratico episodio a nome “Wild Women of Wongo” che è un posto verso il Sud Africa, e insomma le cose più eccentriche vengono relegate in fondo all’album per lasciare all’inizio spazio a musica più convenzionale e accessibile, peraltro ugualmente vivifica e meritevole.

Chiudo citando l’insolita esperienza del frontman Waybill che ispira le liriche di “She’s a Beauty”, apertura del disco e ai tempi singolo di buon successo: una sera il cantante, rincasando, stava passando per il quartiere a luci rosse di San Francisco. Senza assolutamente avere l’intenzione di fare sesso a pagamento fu comunque attirato da un box, grande poco più di una cabina telefonica, piazzato sul marciapiede davanti ad uno dei tanti sex club, in cui si richiedeva “un dollaro per parlare con una donna nuda”.

Incuriosito, infilò il dollaro nell’apposita fessura causando l’apertura di una finestrella e l’apparizione di un'avvenente ragazza che, cominciando a spogliarsi, prese ad esortarlo ad entrare nel locale per rilassarsi con un “massaggio”. A lui invece venne spontaneo di interrogarla, sul perché non si dedicava a qualcos’altro e come mai, bella com’era, non faceva piuttosto la modella... Ma lei lo ignorava bellamente, continuando nelle sue pose ed esortazioni ammiccanti finché la finestrella non si richiuse di botto e comparve la scritta “Metti un altro dollaro!”.

E lui ce lo mise! E un altro e un altro, riprendendo e insistendo con le sue domande, chiedendole se sapeva cantare e ballare, spiegandole che era un musicista e stavano cercando ballerine per il loro spettacolo rock... Ma lei niente, tirava innanzi a spogliarsi ed ammiccare senza dare minimamente retta alle sue parole, ogni volta fino al ciclico esaurirsi del tempo acquistato dal dollaro! Le donne… non c’è modo di comprendersi con loro.

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