Il passato e il futuro del rock. I primi due dischi dei Velvet Underground sono tutto ciò che era stato scritto fino al 1967 ma sopratutto buona parte di quello che SAREBBE stato scritto negli anni a venire. Mai un gruppo ha avuto un influenza tanto enorme e mai un gruppo è stato cosi unico, imprescindibile, fuori da qualsiasi genere ma incredibilmente importante.
White Light/White Heat è certo meno comunicativo di Velvet underground e Nico, ma raggiunge nei suoi sei episodi vette probabilmente ineguagliate nella storia della musica dello scorso secolo. Il brano omonimo è un blues marcio, ambiguo, scarnificato, che urla dolente l'ennesima storia di droga. The gift è rap, psichedelia, rumore puro condensati in un racconto allucinato di un sogno sadomasochista di Lou Reed. Lady Godiva's Operation e Here She Comes Now sono interludi melodici (si fa per dire) che non spezzano il ritmo di quel trip allucinato e nichilista che è White Light/White Heat, tanto suonano distorti e macilenti.
Per I Heard Her Call My Name vale lo stesso discorso del brano che da il titolo al disco: I VU prendono il rock'ìn roll e gli fanno un elettroshock, lo disordinano, lo devastano, lo triturano. Sister Ray, infine, è il culmine dell'album e forse dell'intera carriera dei VU: 17 minuti di cavalcata ipnotica, con un crescendo sciamanico che e una climax di rumore che inquietano e trascinano, parlando il linguaggio della New York decadente e ambigua di cui i Velvet Underground sono stati il racconto più bello.
Perdonate l'azzardo, ma avessero venduto milioni di dischi e non poche migliaia sarebbero decisamente loro, più che i Beatles, il gruppo non plus ultra del rock, perchè tutto hanno detto e tutto hanno scritto, e lo hanno fatto in modo cosi tanto unico, da non avere termini di paragone possibili con nessun gruppo.
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