Prendete la vostra copia nera di questo disco nero e mettetela nel vostro lettore. Non importa se per la prima volta o per la decima nella stessa giornata. Prendete la copertina, osservatela bene. Cosa vedete? Nero. E' tutto nero. Ma non quel nero sporco che strofinando man mano va via. Questo è quel nero indelebile. Quel nero di rabbia, di aggressività che parte dal primo all'ultimo solco dell'oggetto circolare.
Cavolo parliamo di White Light/White Heat, andatevi a fare una doccia o a darvi una sistemata per l'occasione. Anzi no rimanete pure sudici e sporchi così come siete ora, forse è meglio così.
Parliamo dell'opera musicale più bella del '900 senza mezze misure, senza vergogna e senza presunzione da parte mia.
Non siete d'accordo? Inserite allora la vostra copia nel vostro stereo, lettore cd o cosa sia, con la delicatezza che neanche un piatto Ming di 500 anni merita.
L'attesa è veramente poca, anzi nulla, ed ecco che la title-track, veloce e rockeggiante, da il benvenuto all'ascoltatore che forse si aspettava un'altro disco con la banana in copertina e con l'angelica Nico a cantare canzoni d'amore.
Mettetevelo già da ora in testa. Qui non c'è Andy tra i piedi di Cale e di Reed.
Qui i due si alzano di quattro spanne al di sopra degli altri uomini, e allo stesso tempo si abbassano di otto arrivando al cuore dell'underground Newyorkese.
Finita.
Ah, la seconda non è una canzone piò o meno normale come la prima appena udita, eh no.
Si chiama "The Gift" ed è una poesia scritta ai tempi della scuola da Reed stesso, e recitata apocalitticamente da Cale su un canale audio, mentre sull'altro scorre una musica graffiante e sporca. Ecco la storia di Wado Jeffers e della sua amata che avanza su questo tappeto ruvido di note chitarristiche e rumori che rendono ancora più partecipe l'ascoltatore.
Finita.
Per la terza traccia abbiamo invece "Lady Godiva's Operation". Magnifica. Stupenda. Uno dei testi più ispirati di Reed, cantata sempre dallo stesso Cale, ma sul finire ecco che Reed marca con la sua voce la fine dei versi, fino ad alternarsi nel canto, il tutto ricoperto da un riff di chitarra sofferto, angosciante quanto l'attesa per l'operazione chiurugica e cattivo e triste quanto il fallimento dell'operazione stessa e la morte del protagonista.
Finita.
Non vi impressionate. La quarta traccia è una canzone cantata da Reed di 2 minutini ai tempi del primo LP."Here She Comes Now". Un po la tregua per le nostre orecchie, o semplicemente quiete prima della tempesta che da li a poco si scatenerà tra i vostri neuroni.
Finita.
"I Heard Her Call My Name" è la quinta e penultima traccia. Ho sentito lei chiamarmi. Un po' improbabile dato che nei quattro minuti e mezzo del brano il rumore raggiunge picchi mai raggiunti dalla musica. Aggressività soltanto sfiorata dal punk. Sette anni prima di esso.
Finita.
La sto ascoltando e non so se potrò essere lucido al 100%, ma ci proverò.
Questi i ricordi di Reed sulla registrazioni di Sister Ray:
"Quando registrammo la canzone mettemmo il volume a dieci, col suono che sparava dappertutto.
Ci chiesero cosa avremmo fatto. E noi: Stiamo per cominciare.
Ci chiesero: chi suona il basso? E noi: Non ci sarà nessun basso.
Ci domandarono quando sarebbe finita. E noi: Non lo so. Finirà quando finirà."
Sono 17 minuti e mezzo.
Sono l'apoteosi del Rock e affini.
Dimenticate i riff alla Rolling Stones o dell'era del Rock 'n' Roll. Qui c'è un unica massa rovente di lava che mai solidificherà. Qui c'è il Punk, qui c'è heavy metal, qui c'è hard rock, qui c'è tutta la musica rock anni '90, qui ci sono gli esperimenti figli della scuola di Stockhausen o di La Monte Young, qui c'è passato presente e futuro del Rock.
Gli strumenti non si distinguono, non si identificano ma sono avvolti dalla nebbia densa e fitta della distorsione (forse è da qui che Reed ha iniziato a pensare a Metal Machine) non affatto innocua ma tagliente, massacrante, angosciante. Il testo poi ripetuto ossessivamente e in maniera sempre più sentita di Reed (che deva quasi urlare per sovrastare il muro del rumore) narra un orgia in cui un marinaio ci resta secco ma tutti gli invitati sembrano badare solo al tappeto sporco di sangue. Ma l'unica orgia qui sembra avvenire tra le percussioni della Tucker, la chitarra di Reed e l'organo di Cale che si fondono in un unico blocco che ti viene scaraventato addosso per tutta la durata del brano (o fino a quando resisti) e ne rimani incantato, quasi contento nel tuo piacere masochista nel vedere il tuo senso dell'udito, e il sistema nervoso tutto,violentati e lasciati lì come fanno con il povero marinaio defunto per sbaglio.Questo è davvero il punto di arrivo di quella ricerca nella sperimentazione che aveva avuto come tappe principali, le ultime due tracce del The Velvet Underground & Nico oppure la traccia antecedente a questa.
Questo è anche il punto più alto, ma allo stesso tempo basso e sporco, della musica contemporanea, e nulla da Sister Ray in poi è rimasto uguale.
Meno di 20 minuti per riscrivere la strada musicale fino ai giorni nostri.
Due album per diventare Leggenda.
Infinita.
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