La morte di Valentina Giovagnini è avvolta nel mistero. E non solo per il tragico epilogo - lo schianto contro un albero - del suo incidente. Un albero, una pianta. Stava recandosi al negozio della madre, che si chiama 'Panakeia', Panacea in greco, "il mito della guarigione universale e onnipotente per mezzo delle piante" (come scrisse il quotidiano "La Nazione").

Stava lavorando ad un nuovo disco. Finora aveva pubblicato solo questo "Creatura nuda" nell'ormai lontano 2002, a qualche mese dalla sua ormai storica partecipazione al Festival di Sanremo nella categoria Giovani (seconda, dopo l'ignobile Tatangelo). L'album in questione è un'ottima raccolta di canzoni che mescolano il tradizionale suono pop ad influenze celtiche; coadiuvata
ai testi e alle musiche rispettivamente da Vincenzo Incenzo e Davide Pinelli, la Giovagnini sfoggia un repertorio di pezzi cantati con forte coinvolgimento emotivo su basi sonore che ora richiamano Enya, ora Bjork, interpreti che Giovagnini amava e a cui è stata spesso a sproposito paragonata. Lungi dall'evitare imbarazzanti paragoni, è bene sottolineare come il disco, al di là dei numerosi debiti, cerca di trovare un equilibrio tra canzone orecchiabile e sperimentazione.

La traccia d'apertura "Senza origine" è emblematica in tal senso, un ritornello che trapana il cervello ed è insieme evocativo e quasi mistico. Ma per le radio e per il grande pubblico italiano non può andare bene, con quell'arrangiamento così sontuoso e ricercato. Perciò, primo insuccesso. "Il passo silenzioso delle neve" è forse il climax dell'opera, pur essendo solo la terza traccia, infarcita com'è di strumenti nordici e dalle evoluzioni vocali della Giovagnini che qui raggiungono un intensità notevole. Non a caso colpì
positivamente gli addetti ai lavori di quel festival di tanti anni fa.

Il trittico dei brevi "Madrigale", "Il trono dei pazzi" e "Accarezzando ai piedi nudi l'erba delle colline di Donegal" elevano la qualità dell'album ben oltre la sufficienza. La prima è un cantato di 50 secondi dove la cantante usa la voce come fosse uno strumento. La seconda, di cui Giovagnini è anche autrice, è un frenetico trip che farebbe gola a decine di gruppi di musica elettronica. La terza è un bellissimo strumentale caratterizzato dal suono di un whistle suonato da Giovagnini stessa, che potrebbe benissimo figurare in qualsiasi album di Enya o di Loreena McKennitt.
Chiudono il disco il pop-dance di "Dovevo dire di no" e una breve ripresa acustica di "Senza Origine".

Mistero, dicevo. Perchè questa brava interprete è stata così ignorata in tutti questi anni? Poteva diventare un'esponente di spicco della musica italiana "seria" e nello stesso tempo non sfigurare in radio o nei negozi con singoli commerciali, di qualità e vendibili. E invece niente, ora tutti a piangerla e ad idolatrarla come fosse un genio (la più ipocrita delle scelte).
A dire il vero non che i media si siano sforzati più di tanto a ricordarla nei giorni successivi alla sua scomparsa: solo articoletti qua e là, nei tg nazionali nemmeno l'ombra del suo nome, e a Sanremo solo una sincera dedica da parte dell'emergente Ania, di fronte ad un imbarazzatissimo e ammutolito Pippo Baudo, che bocciò più di una volta le sue proposte. Così come Bonolis
non ammise al festival dei morti la sua "Sonnambula", scritta da un gigante come Gianni Maroccolo. Porte chiuse dappertutto, un silenzio durato anni e un impegno sempre crescente. Ai funerali neanche un big. In una puntata di Matrix la Pausini fà il suo nome di fronte a Gianna Nannini che chiede "Chi è?" riuscendo a nascondere la figuraccia plateale grazie agli applausi del pubblico.

Mistero, e ancora; in alcuni suoi testi si avverte profumo di morte, quasi come ella stessa fosse consapevole del suo destino.

"Lascerò che sia un veleno dolcissimo a uccidermi" (da "L'amore non ha fine", L'amore non ha fine, 2009)

"Mi vesto come un angelo che sa
che nelle ali ha nuove libertà
e mi abbandono al gesto di volare via da te
ma non c'è traccia che ti lascerò
non c'è commedia in cui mi applaudirai
il cuore ha il passo silenzioso della neve ormai
" (da "Il passo silenzioso della neve", Creatura nuda, 2002)

"Ed anche se partire
Mi fa morire il cuore
Andare via vorrei ogni momento
" (da "Madrigale", Creatura nuda, 2002)

"Andrò più in là
le nuvole salirò più in là
È incredibile ma è così
" (da "Bellissima idea", L'amore non ha fine, 2009)
 

E' morta il 2 Gennaio come i due 2 di 2002, anno in cui partecipo a Sanremo. 2 come i due soli unici album pubblicati (di cui uno postumo). 2 come la seconda posizione al Festival di Sanremo. 2 come la traccia "Creatura nuda" che è la numero due e dà il titolo all'album. Ha pubblicato due album, di cui uno in vita e uno postumo, esattamente come Jeff Buckley, anch'esso morto prematuramente in un incidente. Nel suo secondo album "L'amore non ha fine" è presente una cover di "Hallelujah", famoso brano di Leonard Cohen di cui esiste una famosissima versione resa immortale proprio da Buckley.

Solo casuali coincidenze? Può darsi.

Album da avere e da ascoltare. Un pensiero ad un'artista che non c'è più e che faceva fatica ad esserci.

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