Quando la parola passa al cuore, si può star certi che Van Morrison come oratore può salire in cattedra. È dall'epoca ormai remota di "Astral Weeks" che "Van the Man" lascia che tra i suoi sentimenti più profondi e l'ascoltatore non ci sia nessun intermediario, a volte anche sfidando il comune senso estetico: per lui sempre meglio un brutto blues che nasce dall'anima rispetto ad una gelida canzone dallo stile perfetto. Di brutti blues comunque ne ha fatti assai pochi, e concentrati nei dischi di transizione della sua carriera ormai quarantennale.

"Inarticulate Speech Of The Heart" (1983) non appartiene certo a questa categoria. Se non proprio seminale, si può definire un disco cardinale (nel senso buono, non in quello ecclesiastico). È qui che trova il suo compimento quella svolta "celtica" più volte annunciata nei lavori precedenti. "Inarticulate" sembra davvero un aggettivo improprio: il flusso di sentimenti che in "Astral Weeks" era lasciato libero di sgorgare allo stato puro, qui è ben regolato e contenuto entro splendide forme musicali, molto ben articolate, oltre che gradevolissime. Van Morrison ci rivela definitivamente che in lui batte un cuore irlandese, non solo nella solenne "Irish Heartbeat", inno in forma di blues all'unione del suo popolo, ma soprattutto nei meravigliosi brani strumentali che rendono questo disco un originalissimo capolavoro, che anticipa di qualche anno la tendenza al recupero della musica celtica, che poi diventerà moda negli anni '90 grazie anche al successo di Enya, peraltro bravissima nel suo genere. Qui mi sembra già di vedere qualche purista che storce il naso, ma niente paura: non è che il solido urlatore blues di "Astral Weeks" si sia di colpo trasformato in un angelo effeminato che sparge in cielo sublimi cantilene new age. Il suo approccio alla tradizione è attento e ligio, e più che ad Enya fa pensare ai vecchi Chieftains, con i quali guarda caso Van Morrison collaborerà più volte. Lo si può avvertire nell'irresistibile saltarello "Connswater", così come nella più pittoresca "Celtic Swing", con il suo magistrale impasto di strumenti a fiato che attutisce e ingentilisce un ritmo deciso. Rimanendo agli strumentali, "Inarticulate Speech Of The Heart (Part 1)" potrebbe tranquillamente fare da colonna sonora ad un film ambientato nell'Irlanda più verde e più arcaica, con quei rintocchi di tastiere dal suono netto come quello delle campane. Forse c'è un solo brano che possiede una certa rilassatezza new age: è "September Night". Qui alle consuete nitide tastiere fanno da contraltare cori angelici, in un clima da idillio notturno.

Fin qui si è parlato di musica strumentale, e di altissimo livello, ma "Inarticulate Speech..." contiene anche testi, e che testi ! "Rave On, John Donne" non è solo l'ennesimo saggio di perfezione musicale, un sottofondo caldo e avvolgente su cui spicca un sax da brivido, ma è anche un accorato appello ai poeti mistici di ogni tempo, dallo stesso John Donne a Khalil Gibran, passando per l'amatissimo Yeats, perché facciano ancora sentire la loro voce immortale. Qui Van Morrison traduce in musica una delle sue passioni più colte, e il risultato è pura Arte (con l'A maiuscola). Non mancano neanche i soul-blues urlati dal profondo del cuore, più vicini allo stile degli esordi. "Cry For Home" esprime il legame strettissimo di ogni irlandese con la sua terra, "The Streets Only Knew Your Name" anticipa così bene nel titolo e nel testo "When The Streets Have No Name" degli U2 da fornire qualche sospetto di plagio da parte di quel volpone di Bono ai danni del suo più illustre (ma meno ricco e famoso) connazionale. "Higher Than The World" è una splendida sintesi di vecchio e nuovo Van: una voce forte e sanguigna su uno sfondo onirico, molto delicato. L'emozionante "River Of Time", con le sue strofe declamate a ripetizione, con la forza di una formula magica, ricorda certe poesie di Blake, altro punto di riferimento letterario dell'artista irlandese, e in più si avvale di una musica maestosa quanto sinistra. I'm a soul in wonder grida Van Morrison in "Inarticulate Speech Of The Heart (Part 2)". Ma in fondo non avrebbe nemmeno bisogno di dirlo: è evidente che un disco come questo non può essere che l'espressione di un'anima in perenne stato di meraviglia, se non proprio di estasi.

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