Dalla sua dipartita dai Genesis, Peter Gabriel, ci ha abituati a uscite musicali sempre più parche e diradate nel tempo. Ma la sua mente è sempre stata impegnata in molti progetti, musicali e no, che, specie fino alla metà degli anni ’80, sono stati piuttosto numerosi. Tra le sue creazioni, intese nel senso più ampio del termine, il progetto WOMAD fu tra i più tribolati e complessi, portatore di sventure e fallimenti economici anche di grande spessore. Il primo esperimento partì nel 1981 e culminò con un grande concerto evento nel 1982 che impegnò tali e tante risorse economiche che Gabriel arrivò sull’orlo del fallimento totale, tanto che i suoi ex compari dei Genesis si resero disponibili ad una reunion per un concerto che si svolse il 2 ottobre 1982 a Mylton Keynes, che solo in parte compensò delle grandi perdite economiche. Il tracollo finanziario finale, però, non intaccò la bontà e la qualità del progetto, che voleva riunire artisti da tutto il mondo per un primo vero raduno di World Music, arti e danze, così da rappresentare la grandissima varietà di approccio artistico in ogni angolo del pianeta.
A memoria dell’evento uscì anche un doppio album contenente un brano per ciascun partecipante all’happening
. La scelta fu quella di non proporre i brani live del concerto, ma delle più precise e affidabili versioni in studio di tracce che, in parte, non troveranno spazio in successivi album. Music and Rhythm, realizzato con l’etichetta WEA nel 1982, è quindi l’epitaffio di quella prima volta e, in alcuni casi, l’unica occasione per ascoltare brani mai più inseriti in altre registrazioni.
Al fianco di nomi illustri troviamo perfetti sconosciuti. Ma mentre alcuni di loro, negli anni a venire, si sarebbero fatti una discreta posizione anche nel mercato internazionale, altri sono più semplicemente tornati alla popolarità minimale del loro ristretto angolo di mondo.
Così, tra i big, brillano lo stesso Gabriel con la dinamica e percussiva “Across the river”, Peter Hammill con la cupa e introspettiva “A ritual mask”, Pete Townshend coadiuvato da una buona fetta di The Who per il brano “Ascension Two”, i The Beat con la famosa “Mirror In The Bathroom”, gli XTC con “It’s nearly Africa”, poi David Byrne dei Talking Heads, Holger Czukay dei Can e un John Hassell per una ispirata danza tribale molto sintetizzata ed elettronica, coadiuvato niente meno che da Brian Eno. Molti i nomi poco noti, provenienti da India, Persia, Burundi ecc. Tra questi, molto interessante il brano di Morris Pert (percussionista dei Brand X), di Ekom, gruppo di percussionisti, che all’epoca partecipò anche ad alcune registrazioni di Gabriel e poi sparì completamente dalla circolazione, di Vic Coppersmith-Heaven, tornato poi a fare l’ingegnere del suono in Inghilterra.
Complessivamente una compilation che rappresenta in maniera decisa un certo suono riconoscibilissimo a livello temporale, quel suono world music dei primissimi anni ’80, che voleva unire il folk tradizionale con i suoni di sintesi, rarefatti e filtrati elettronicamente dalle tastiere computerizzate Fairlight CMI. Per questo motivo, pur partendo da autori diversissimi tra loro per cultura, provenienza e approccio musicale, il risultato finale fu piuttosto omogeneo e, ancora oggi, non si fa fatica a distinguere una regia comune che ha, alla fine, reso fruibile e conforme l’impasto sul piano di ascolto.
Ripescare questo lavoro credo sia piuttosto facile, il vinile è acquistabile per pochi Euro, ma anche altri modi più o meno frammentati come potrebbe essere il canale Youtube, possono far comprendere lo spirito dell’iniziativa e passare un’oretta rituffandosi in quel periodo musicale di transizione e di reale fermento innovativo.

p.a.p. sioulette

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