In questo periodo mi capita di rovistare nel mio polveroso scaffale dei dischi e di risentire album che non consideravo da chissa quanto. Forse per riportare alla luce ricordi, emozioni, impressioni, memorie del passato, mi sono concentrato su quei dischi le cui melodie, canzoni, tracce hanno contraddistinto maggiormente la mia esistenza. La musica che prediligo è composta dal 99,9% di musica straniera, ma anche qualche lavoro italiano che ritengo veramente valido è presente nella mia collezione. E in questa recensione mi accingo ad illustrare un disco tutto made in Italy, un disco che rappresenta il mio primo passettino nel mondo della musica. Questo lavoro è "La Donna, Il Sogno & Il Grande Incubo" dei defunti 883.

L'album in considerazione risale al 1995, quando io ero un bambinetto ingenuo di 6 anni che già si accingeva a sentire, provare qualche emozione dalle canzoni in voga allora. In particolare fu Una Canzone d'Amore la traccia che mi spinse o spinse la mia famiglia ad acquistarmi presso una bancarella in un paesino di montagna mentre ero in vacanza la musicassetta de "La Donna, Il Sogno & Il Grande Incubo". Certo, ero ancora troppo giovane per dare un giudizio razionale al lavoro in questione, ma basta notare in che condizioni è quella cassetta ora per dire come l'ho consumata a forza di ascoltarla.

Gli 883 possono essere unanimamente considerati uno dei primi gruppi/band a rivolgersi ai giovani con un linguaggio estremamente schietto, semplice, al limite del banale, a volte forse volgare, ma diretto, efficace, possedente un'energia che testi e spartiti di esimi colleghi del music biz italiano anni '90 non avevano. I messaggi sociali che gli 883 intendevano trasmettere potevano risultare magari grezzi, ma, grazie a quel linguaggio menzionato prima, sono stai in grado arrivati al cuore di tutti i teenagers italiani dell'ultimo decennio del XX secolo. Ora gli 883, che dopo la formazione iniziale composta da Pezzali e Repetto si sono ridotti ad una one-man band (simile ai Simply Red di Hucknall) per poi esaurirsi agli inizi del nuovo decennio, non ci sono più, è rimasto solo Max Pezzali che, forse a causa dell'avanzamento di età e di maturità artistica (mah), riesce solo a cantare canzonette insipide, sdolcinate, melense che con Sei Un Mito, Tieni Il Tempo, Nord Sud Ovest Est non possono essere minimamente paragonate (neanche negativamente). Insomma una caduta di stile in grande stile.

Ciò che contraddistingue il lavoro non è la profondita dei brani, che come si è detto sono semplici in fatto di lyrics, ma la loro ricchezza musicale, una sorta di alternativa al solito Italian Pop e Pop-Rock, qualcosa di diverso e molto più orecchiabile e assimilabile di un pastone dolciastro made in Italy. Il disco in sè può essere suddiviso in due parti: una serie di tracce che possono essere definite "danzerecce", estremamente semplici e orecchiabili, le cui parole sono di una leggerezza assurda e un corredo di canzoni romantiche, malinconiche, quasi profonde, ma che comunque mantengono un linguaggio comprensibile e semplice.

Tra le tracce "dance" si possono considerare Tieni Il Tempo, dal sapore latino, molto ballabile, una favilla per le disco anni '90, La Radio a 1000 Watt, Musica, O Me O (Quei Deficienti Lì). Una canzone anomala da queste ma non assimilabile a quelle "romantiche" è Il Grande Incubo, traccia che sentirla mi permette di balzare indietro di 15 anni fa. Il testo, accompagnato da effetti sonori da film horror, permette all'ascoltatore di inserirsi in un mondo fantastico, forse un po' goliardico, fatto di inseguimenti, corse, buio, motel loschi e donne intriganti.

Una delle tracce "romantiche" e "malinconiche" dell'album è Gli Anni, credo il capolavoro degli 883, una canzone piena d'intensità e di tristezza. Sempre in questo contesto vi sono anche la citata Una Canzone d'Amore e Senza Averti Qui. Occorre menzionare la estrema semplicità del testo di Una Canzone d'Amore (Se un giorno io riuscissi/ a entrare nei sogni tuoi/ mi piacerebbe disegnare/ sulla lavagna del/ tuo cuore/ i sogni miei/ i sogni miei lo sai. Ritengo che i novellini Scanu, Amoroso, Carta & Co. non siano in grado di esprimersi così efficacemente (ma questa è solo una opinione personale).

Riascoltando questo album si potrà comprendere cosa siano stati gli 883 e la loro musica, semplice ma diretta, banale ma non scontata, magari grezza ma efficace e di successo. Un vera chicca del panorama musicale italiano anni '90.

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