Ciao, sono nella casa al mare di mio zio Tommy, al piano di sopra, da solo. Sono più o meno le nove. Ho una penna e il mio block-notes... Non so da dove cominciare. Non so neanche se ci riuscirò, ma devo provarci. Peggio di così, tanto, non può andare... Fuori piove ed è buio. Si sentono le onde, in lontananza, che si schiantano sulla spiaggia come tante piccole esplosioni. Okay. Sono appena stato al piano di sotto a prepararmi una cioccolata calda. Mi son detto: «Senti, amico, rilassati e scrivi qualcosa». Devo solo cominciare dall'inizio, prendermela comoda, stare tranquillo... Paranoid Park. È questo il punto di partenza. Il Paranoid Park è un ritrovo per skater nel centro di Portland. Sta sotto l'Eastside Bridge, dalle partì dei vecchi magazzini. È uno skatepark non autorizzato, quindi non ci sono regole né padroni e per entrare non si paga. A quanto pare, è stato messo in piedi da certi skater della vecchia guardia e non si sa come riesca ancora a sopravvivere. Ci vanno degli skater pazzeschi, gente che arriva dalla California, dalla East Coast e un po' da ogni parte. È anche un punto di ritrovo per i ragazzi che vivono per strada. Si raccontano mille storie, come quella di uno skinhead che una volta è stato accoltellato. Per questo lo chiamano Paranoid Park: perché è pericoloso, insomma fa brutto. Ho saputo del Paranoid Park da Jared Pitch. Frequenta la mia scuola ed è di qualche anno più grande di me. E fuori come pochi, ma ci sta troppo dentro: è tra i migliori del liceo con lo skate. Tipo che si aggrappa ai furgoni che viaggiano a più di sessanta all'ora e si fa anche filmare. È così che siamo diventati amici. Io stavo cominciando a cavarmela con lo skate, e lui mi dava un po' di dritte per migliorare. Ha la collezione dei video delle sue imprese e anche di altri sullo skateboard, di quelli che non trovi di certo nei blockbuster. Era uno che sapeva quali erano le cose più fighe, così siamo diventati amici. L'estate scorsa andavamo in skate ogni giorno. Giravamo per la città, in vari posti, come quel vecchio parcheggio dismesso in cui tutti potevano entrare e divertirsi o alla «scalinata dei suicidi», vicino al fiume, dove c'era sempre un mucchio di gente. Posti così. L'ho già detto: io non ero ancora bravo come Jared, ma im¬paravo alla svelta. E a lui piaceva portarsi dietro un ragazzino sveglio a cui insegnare e mostrare quel che sapeva fare. Be', l'ultima settimana dell'estate, un giorno che eravamo in giro per Portland, Jared mi propose di andare a fare un salto al Paranoid Park. Io all'inizio non risposi nulla. Ne avevo sentito parlare, ovviamente, ma non avevo mai minimamente pensato di andarci. Ero convinto di non essere all'altezza, ma Jared, quando gli confessai che non mi sentivo pronto, scoppiò a ridere: «Nessuno è mai veramente pronto per il Paranoid Park». E così andammo. Io ero nervoso, ma allo stesso tempo su di giri. Skateare al Paranoid Park era un'esperienza unica. Roba da raccontare. Paranoid Park,Nelson Blake
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