"Stop me if you think you've heard this one before" cantavano gli Smiths categorici quasi una ventina d'anni fa, e la storia, a quanto pare, si ripete. Senza arrivare all'idea di "fermare qualcuno", qualche pensiero rivolto a Beck devo ammetterlo, l'ho anche fatto. Si perché Beck Hansen, in arte Beck, ci aveva piacevolmente sorpreso spiazzandoci continuamente con album quali il debordante "Odelay" o l'eclettico "Mutations", passando dal funkeggiante "Midnight Vultures" al rilassatissimo "Sea Change". Lo aspettavamo tutti al varco e ognuno in cuor suo diceva "stiamo a vedere che cosa ci combinerà stavolta il biondo cantante di Los Angeles, con la sua strana miscela di country, folk, blues, rock, funk e chi più ne ha più ne metta".

Stavolta però la ciambella è uscita con mezzo buco. Ossia, ci sono tutti gli ingredienti che hanno dato lustro e successo al nostro ma l'alchimia stavolta è molto al di sotto delle aspettative. Poco aggiunge il rockone post-rock di "E-pro" con riff simil metallari o il rap-cubano della successiva "Que Onda Guero". "Girl" fa l'occhiolino alla classica pop song (alla Beck, si intende) con il ritornello un po' Beach Boys e la successiva "Missing" comincia ad introdurre qualche lieve novità (ritmi caraibici e vagamente calypso, vecchie reminescenze comunque dall'album "Mutations").
Le canzoni ci sono, è che in generale, viste le prove precedenti, ci si aspettava un po' di coraggio in più da Beck o, forse il problema è nostro, che ci poniamo sempre delle aspettative troppo avanti e pretendiamo SEMPRE il Capolavoro (cosa che questo disco NON È).
Col brano 6 "Earthquake Weather" il ritmo si fa lento, il suono sporco e lo-fi e la canzone è accattivante. La successiva "Hell Yes" torna sui registri Hip-hop che nulla aggiungono (ma semmai forse "tolgono") all'album, così come la successiva "Broken Drum" che sembra inserita pari pari dalle sessioni di "Sea Change". "Scarecrow" è tranquillamente evitabile mentre la successiva "Go it alone" si torna su registri lo-fi, ritmi lenti e melodie vagamente 60ies. Con "Farewell Ride" Beck ci porta in Texas e affronta un country-blues sporco e polveroso con tutta la classe di cui è maestro. Di nuovo il rockaccio "allaBeck" di "Rental Car" abbastanza classico con qualche spunto oserei dire Metal (la cosa più bella è l'intermezzo vocale quasi Jodal completamente fuori contesto, è proprio per questo grandioso!), "Emergency Exit" carina ma prescindibile e per finire la bonus track di "Send A Message To Her" molto classica e anch'essa quasi "banale" (per quello che significa parlando di Beck!).

Insomma, niente di nuovo sotto il sole. Un album caruccio, ascoltabile e a tratti con qualche ideuzza, poi il solito "gran mestiere" del nostro e la classica abilità di farci apparire accettabili brani che, in altri contesti (e con altri autori) gli daremmo appena la sufficienza. Beck, lasciatelo dire con affetto: da te vogliamo di più. Vogliamo le idee di "Odelay" (il mulo che raglia chi se lo ricorda?), vogliamo l'eccletismo di "Mutations"... insomma, stupiscici, sorprendici, schiaffegiaci ma facci vedere cos'altro sai fare. Siamo disposti ad aspettare, prenditi tutto il tempo che vuoi ma DA TE, e solo da te, ci aspettiamo SEMPRE il massimo! (Se non da Beck, da chi altri... da Morrissey?!)

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