Roma, Auditorium Parco della Musica, Sala Santa Cecilia - 4 aprile 2018

Buio. Luci soffuse. Una chitarra acustica comincia a strimpellare alcuni accordi di intro, mentre lentamente, uno dopo l'altro, i musicisti prendono posto sul palco. L'ultima ombra a guadagnare la scena è piccola, incerta, ingobbita, malferma sulle gambe; il pubblico si alza in piedi con riverenza all'entrata del vecchio saggio in giacca di pelle che si accomoda dietro il pianoforte, ma senza sedersi. Dietro di lui le luci soffuse rivelano, su un piccolo tavolino, l'inconfodibile sagoma di un Oscar, forse quello che ha vinto nel 2000 per Things Have Changed, colonna sonora del film Wonder Boys. Le prime decise note di piano interrompono l'intro chitarristica, e subito a questo segnale la band irrompe nella canzone appena citata, "esergo" di tutta la serata:

«Questo posto non mi rende giustizia: ho sbagliato città, dovrei essere a Hollywood... Per un istante appena, mi è parso di vedere qualcosa muoversi. Devo prendere lezioni di danza, imparare il jitterbug rag, non ci sono scorciatoie, devo travestirmi. Solo uno stolto qui crederebbe di avere qualcosa da dimostrare. Ne passa di acqua sotto i ponti, ne passa di altra roba... Non alzatevi signori, sono solo di passaggio. La gente è fuori di testa, sono tempi strani, mi hanno chiuso fuori, sono fuori dai giochi: una volta me ne importava qualcosa, ma le cose sono cambiate.»

Il pubblico - anche quelli che non se lo aspettavano - è subito rapito dalla carismatica prorompenza del vecchio saggio e della sua voce sgraziata, ma ancora potente, espressiva. Chi se lo aspettava svogliato, stanco, indifferente (tra questi il sottoscritto), si ricrede piacevolmente: stasera, evidentemente, è in vena. Scrutato attentamente nei minuti precedenti l'inizio del concerto (alle 21:00 spaccate!), il pubblico si è rivelato sorprendentemente variopinto: tantissimi giovani (che si riveleranno i più esaltati dal concerto!) e meno giovani, più o meno compassati, o rockettari, o fanatici: un signore alle prime file indossa addirittura la stessa camicia nera a pallini bianchi che portava Bob nella sua famosa esibizione per MTV Unplugged. Tanti tra i giovani conoscono i testi e cercano di cantarli, ma è impossibile e frustrante perché - come sempre - il vecchio non esegue mai la stessa canzone così come l'ha incisa su disco. I più "maturi", che ascoltano l'artista da decenni ma conoscono meno bene l'inglese, giocano a riconoscere le canzoni più antiche e famose, ma le pochissime che vengono proposte sono - come sempre - del tutto irriconoscibili. Di Tangled Up in Blue è rimasta solo la frase del titolo: le strofe sono state interamente riscritte, la musica è stata reinventata praticamente da zero (era una ballata folk, adesso è un blues elettrico): solo i pochi che riescono a distinguerne il titolo negli appassionati bofonchiamenti alla fine di ogni strofa possono identificare cosa stanno ascoltando.

La band ha un bel tiro, i cinque musicisti che accompagnano Bob da anni (Stu Kimball alla chitarra ritmica, Charlie Sexton alla chitarra solista, Tony Garnier basso e contrabbasso, George Recile alla batteria, Donnie Herron a steel guitar, violino e mandolino; naturalmente i cinque non vengono presentati alla fine del concerto perché Dylan, si sa, sul palco non dice una parola) sono una garanzia, ma sorprendentemente al centro del concerto c'è proprio lo scatenato piano di Bob: in piedi nei pezzi più ritmati, seduto nei lenti, Dylan - che ha abbandonato definitivamente prima la chitarra e poi anche l'armonica - guida tutto il concerto gigioneggiando alla tastiera, con una tecnica in realtà abbastanza modesta, spesso ingenua, ma in fin dei conti efficacissima nel suo voler riprodurre (o almeno così sembra in alcuni pezzi) quelle parti soliste, spesso improvvisate alla buona, che un tempo avrebbe affidato all'armonica. Solo in quattro occasioni Bob si allontana dal piano e guadagna barcollando il centro della scena: nella conclusiva e riuscitissima Long and Wasted Years (ultimo saluto prima dei bis: Ballad of a Thin Man e una Blowin' in the Wind irriconoscibile ai limiti dello straniamento, ma stupendamente eseguita), ma soprattutto nelle tre cover, una per ciascuno dei dischi della sua trilogia dedicata agli standard del Great American Songbook: Autumn Leaves da Strangers in the Night, Melancholy Mood da Fallen Angels e Once Upon a Time da Triplicate. E qui, per me, la sorpresa più grande: quelle canzoni, che trovo noiose e monotone su disco, dal vivo acquistano una magia tutta speciale, con un Dylan impagabile nel suo atteggiarsi ironicamente a fascinoso crooner dai toni vellutati e suadenti: quasi surreale, ma inaspettatamente emozionante. Appena tre canzoni di questo filone, il giusto per non eccedere: poi si torna al repertorio "autografo" sfoderando una Love Sick assolutamente mozzafiato, in una versione molto fedele a quella originale splendidamente arrangiata da Daniel Lanois che apriva Time Out of Mind: il punto più alto, per me, di tutto il concerto.

Le "note stonate", in realtà, non sono mancate: una Tryin' to Get to Heaven moscissima ed appiattita olte misura, che al contrario di Love Sick non rende nessuna giustizia alla splendida originale; una Desolation Row poco convincente e maldestramente accorciata (togliendo peraltro la mia strofa preferita, quella sull'affondamento del Titanic); una già citata Tangled Up in Blue fin troppo straniante nel suo stravolgere impietosamente l'originale. Pecche inevitabili, che non intaccano una performance nel complesso più che soddisfacente, anzi decisamente superiore alle basse aspettative: ottimi ritmi, poco o niente scazzo, la voce di Bob che tiene senza cedimenti per quasi due ore ininterrotte di concerto. Indubbiamente un suo live oggi offre molto meno che in passato, ma quello che ha da offrire - quando va bene - lo offre ancora molto bene.

Quando alla fine dei bis se ne va senza salutare e senza ringraziare, qualcuno storce il po' il naso, e anche il divieto assoluto di fare foto e video ha fatto girare i coglioni a molti; ma (anche) questo è Bob, prendere o lasciare. E se il livello si mantiene questo, direi che si può ancora prendere.

Carico i commenti... con calma