Il nuovo disco dei Calexico si candida da subito ad essere una delle più grandi delusioni dell'anno 2018. Joey Burns e John Convertino (completano attualmente la formazione Martin Wenk, Jacob Valenzuela, Sergio Mendoza, Jairo Zavala Ruiz e Scott Colberg) sono due grandi musicisti che hanno in passato avuto intuizioni molto interessanti nel mescolare musica rock-blues e mariachi e colonne sonore morriconiane, ma in questo caso specifico è chiaro che dopo avere già mostrato segnali di cedimento, i due abbiano fatto definitivamente buca. "The Thread That Keeps Us", il nuovo disco in uscita su ANTI- il prossimo 26 gennaio, è infatti un disco brutto oppure - peggio - innocuo.

Burns e Convertino rimescolano le carte. Per la prima volta non lavorano al nuovo disco in Arizona, ma in una grande casa adattata a studio di registrazione nel Nord della California ("la nave fantasma") costruita con detriti e legname recuperato da un cantiere navale denominato Panoramic House. Chi lo sa se sia stato respirare un'aria diversa da quella del deserto che abbia condizionato il suono di questo nuovo lavoro (co-prodotto dal solito Craig Schumacher). In alcune tracce sono ravvisabili momenti di ispirazione, per esempio negli scorci di ambientazione desertica come la morriconiana "Spinball" oppure "Shortboard", "Unconditional Waltz", il finale evocativo della ballata country-western "Thrown To The Wild". Volendo possiamo considerare interessanti anche "Under The Wheels" e "Flores y Tamales", due brani che riprendono sonorità tipiche della "chicha", genere musicale che mescola elementi andini e generi tropicali diversi dalla samba alla salsa, oppure la tradizione mariachi; al limite il rock-blues tex-mex di "Voices In The Field" e "Dead In The Water".

Ma è veramente troppo poco in un disco che per il resto è a tutti gli effetti un lavoro di musica pop-rock e che nel migliore dei casi sia nei pezzi più rock che nelle ballads più acustiche cerca di imitare il sound di gruppi come i Wilco con brani che lasciano assolutamente indifferente l'ascoltatore che alla fine non potrà che prendere questo disco e farlo volare fuori dalla finestra. Peccato. Ma forse il limite in questo caso sta proprio alla base del progetto, che per il suo campionario di proposte è sempre stato per forza di cose limitato e destinato prima o poi a esaurirsi in se stesso e nella sfortunata ricerca di sonorità diverse come in questo caso.

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