In Italia sono due gli esordi forse più scioccanti e controversi mai visti e sentiti. Uno è cinematografico, ed è "I pugni in tasca" di Marco Bellocchio (il film che negli anni '60 distrusse l'ideologia della famiglia borghese), e l'altro è "Aspettando Godot" di Claudio Lolli che, avviso ai naviganti, se siete un filo depressi o avete malinconie diffuse lasciate perdere altrimenti vi trovano stesi sull'asfalto causa volo dal quarto piano. Un esordio raggelante, drammatico in ogni singolo secondo dei 49 minuti totali dell'opera, disperato, senza via d'uscita, in cui il dolore vince su tutto e nulla può sconfiggerlo: a parte morire (forse, perché cosa c'è di là è a tutti ignoto). In effetti nemmeno la fede conforta Lolli, che, in un verso memorabile, ci spiega: "e ti appagherai del senso che ti darà una religione, sarà giunto anche per te il tempo dell'illusione".

Lolli, professore di italiano e latino in un liceo del bolognese, esordisce a 22 anni che non è ancora professore. Lo presenta alla EMI l'amico Guccini, e in effetti i due, musicalmente, si assomigliano moltissimo. Solo che diversa è l'estrazione sociale: Guccini è un montanaro arrivato dalla provincia nella metropoli bolognese, Lolli viene da una famiglia del capolouogo emiliano d'estrazione piccolo-borghese. E, detta estrazione sociale sarà alla base delle scelte musicali, politiche e identitarie di Lolli. Nonchè, i problemi col padre, messi spesso in musica, con alterne fortune. Ora, l'esordio di Lolli (che non è, a mio avviso, il suo album migliore, perché "Ho visto anche degli zingari felici" gli è due-tre spanne sopra, anche musicalmente, più eclettico di questo, notevolmente più scarno nel suono e nelle ritmiche, che sono spesso solo contorno ai testi piuttosto elaborati) è un album, come si diceva, disperatissimo. E, appunto, il nostro ha solo 22 anni. Cosa covasse dentro è un mistero, ma certo di rabbia, di invettive, ne aveva a profusione: detto ciò, è un grande album, non perfetto, ma avercene.

Dalle vicende pubbliche a quelle private, il disco è uno dei massimi esempi di poeticismo malinconico mai prodotti in Italia. Guccini, in confronto, era un amicone (cosa che, in effetti, nella quotidianità è). La title-track è il Godot di Beckett, minuziosamente dettagliato in ogni sfumatura, ma, ed è il leit-movit dell'intera opera, a farla da padrona è la morte. Il protagonista della canzone è un uomo che ha aspettato invano l'arrivo di qualcosa tutta la vita, fino a che, vecchio e sfinito, ha capito che: "ho cominciato a vivere forte proprio andando incontro alla morte". Un giro di chitarra sempre uguale e testardamente ipnotico incornicia l'esordio del prode Lolli, perchè a scrivere cose del genere anche all'inizio degli anni '70 (l'album è datato 1972) ci voleva un bel coraggio. Unico, brevissimo, passaggio quasi buffo quello dedicato alla defunta moglie: "Sono andato in pensione dieci anni fa, ed ho perso la moglie acquistando in età".

La famosissima "Borghesia", invettiva ferocissima contro i benpensanti e, appunto, i borghesi, è uno dei pezzi più deboli dell'album. Ascoltata nel 1972 l'impatto era senz'altro maggiore rispetto ad oggi, ma nel 2025 è una canzone invecchiatissima e superata dai tempi (anche perché quelli che combattevano contro la borghesia si sono nel frattempo imborghesiti a loro volta), ma l'ironia tagliente e feroce è come un lampo che squassa la notte, funziona ancora. Anche se la successiva delicata "Michel", con i ricordi d'infanzia e un'amicizia strappata sul più bello, è forse il brano migliore del disco. Devastante da un punto di vista emotivo, eppure delicatissima. E' il Lolli che non ti aspetti, in cui la drammaticità della situazione (i due vengono divisi in quanto muore, all'improvviso, la madre di Michel) è intervellata da versi di assoluta purezza bambinesca-adolescenziale:

"Ti ricordi, Michel di come a me dispiaceva
Quando parlavi sempre di ragazze?
E delle voglie che avevi con due occhi un po' sottili che non conoscevo più

Ti ricordi, Michel di quando i mei capelli corti, ti davano fastidio e dicevi
Se non la piantavo di fare il bambino tu con me non ci saresti uscito più
Ti ricordi, Michel il giorno che facemmo a pugni tornando a casa dalla scuola
Con la cartella appogiata a una colonna a due passi dal paltò"

E se forse è lecito sognare un mondo ideale, "L'isola verde", è la canzone che chiude il lato B, "Il tempo dell'illusione", la più disperata. Perchè le tappe della vita di ognuno di noi, alla fine, sono inutilità di cui nessuno avrà memoria e che nessuno canterà (o, banalmente, a cui nessuno fregherà nulla). Nulla, ma proprio nulla, produrra sorrisi o anche minime festosità (il passaggio sul parente è micidiale).

"Quando l'ombra di una donna leggerà nel tuo viso la paura
e il suo corpo ti dirà che è notte, il suo sorriso che è mattina
quando la vedrai sfiorire come un albero che muore
sarà giunto anche per te il tempo dell'amore"

"Quando il sonno resterà il solo amico che ti salva una giornata
e vedrai fuggire via dalla tua casa i resti della gioventù
e arriverai fino a sperare che un tuo parente muoia
sarà giunto anche per te il tempo della noia"

"Quando i vetri di una stanza resteranno le tue sole passegiate
e i figli e i nipoti rideranno delle tue guance scavate
e per scherzo giurerai di sentirti proprio forte
sarà giunto anche per te il tempo della morte"

Il lato B è ancora più disperato, ma il ritmo cambia e alcune canzoni oltre alla chitarra e al timido violino vedono scendere in campo anche la batteria e il basso. Un po' più di ritmo dunque, ma tristezza a palate. Come la, ahimè assai attuale, "Angoscia metropolitana", che diventerà una specie di cult di una certa musica di sinistra (e certo Lolli lo era a tutti gli effetti) in cui si prende di mira la tristezza delle città stuprate da antenne, gru, cantieri, lavori in corso. E menomale che non ha fatto in tempo a vedere cosa sono diventate oggi le città: se fosse ancora vivo il povero Lolli e fosse venuto a fare un giro a Milano altro che angoscia metropolitana, minimo si buttava lui sotto la metropolitana (battutaccia, pardon). E una canzone bellissima, scherzi a parte, e forse lo rappresenta al meglio. Anche perchè, finito l'argomento pubblico, eccolo entrare nel privato.

Una, l'ultima, a chiusura dell'album, è dedicata al padre e s'intitola, tenetevi forte, "Quando la morte avrà". Ma no, che pensate, mica si augura la morte del genitore, è una canzone sul rapporto complicato con il proprio padre, dell'affetto mancato, del fatto che quell'affetto potrebbe arrivare, forse, ma troppo tardi o, più prosaicamente, mai. A Lolli basterebbe quella carezza mai ricevuta. Delicatissima, si piange. Il nostro, che si presenta in copertina con i tratti di quello che dovrebbe essere Cristoforo Colombo (di Colombo non esistono ritratti ufficiali) pare un navigatore alla ricerca della propria terra sconosciuta, destreggiandosi tra affetti mancati, dolenti momenti di riflessione e malinconie tipiche degli uomini particolarmente intelligenti (gli scemi, come noto, non s'interrogano su niente).

Un amore che non tornerà è alla base di "Quello che mi resta" (da non ascoltare mai, e dico mai, se si è appena lasciati, qui il rischio suicidio è davvero altissimo) e "Quanto amore", un uomo e la sua sterminata ambizione di amare qualsiasi cosa animata o inanimata nel mondo, amare sempre e comunque, amare sopra ogni cosa. Un uomo buono, che ha tentato di essere "migliore" tutta la vita. Prima di impiccarsi. Appunto.

Elenco tracce testi e video

01   Aspettando Godot (06:05)

Vivo tutti i miei giorni aspettando Godot,
dormo tutte le notti aspettando Godot.
Ho passato la vita ad aspettare Godot.
Nacqui un giorno di marzo o d'aprile non so,
mia madre che mi allatta è un ricordo che ho,
ma credo che già in quel giorno però
invece di succhiare io aspettassi Godot.
Nei prati verdi della mia infanzia,
in quei luoghi azzurri di cieli e acquiloni,
nei giorni sereni che non rivedrò
io stavo già aspettando Godot.
L'adolescenza mi strappò di là,
e mi portò ad un angolo grigio,
dove fra tanti libri però,
invece di leggere io aspettavo Godot.
Giorni e giorni a quei tavolini,
gli amici e le donne vedevo vicini,
io mi mangiavo le mani però,
non mi muovevo e aspettavo Godot.
Ma se i sensi comandano l'uomo obbedisce,
così sposai la prima che incontrai,
ma anche la notte di nozze però,
non feci altro che aspettare Godot.
Poi lei mi costrinse ed un figlio arrivò,
piccolo e tondo urlava ogni sera,
ma invece di farlo giocare un po',
io uscivo fuori ad aspettare Godot.
E dopo questo un altro arrivò,
e dopo il secondo un altro però,
per esser del tutto sincero dirò,
che avrei preferito arrivasse Godot.
Sono invecchiato aspettando Godot,
ho sepolto mio padre aspettando Godot,
ho cresciuto i miei figli aspettando Godot.
Sono andato in pensione dieci anni fa,
ed ho perso la moglie acquistando in età,
i miei figli son grandi e lontani però,
io sto ancora aspettando Godot.
Questa sera sono un vecchio di settantanni,
solo e malato in mezzo a una strada,
dopo tanta vita più pazienza non ho,
non voglio più aspettare Godot.
Ma questa strada mi porta fortuna,
c'è un pozzo laggiù che specchia la luna,
è buio profondo e mi ci butterò,
senza aspettare che arrivi Godot.
In pochi passi ci sono davanti,
ho il viso sudato e le mani tremanti,
e la prima volta che sto per agire,
senza aspettare che arrivi Godot.
Ma l'abitudine di tutta una vita,
ha fatto si che ancora una volta,
per un minuto io mi sia girato,
a veder se per caso Godot era arrivato.
La morte mi ha preso le mani e la vita,
l'oblio mi ha coperto di luce infinita,
e ho capito che non si può,
coprirsi le spalle aspettando Godot.
Non ho mai agito aspettando Godot,
per tutti i miei giorni aspettando Godot,
e ho incominciato a vivere forte,
proprio andando incontro alla morte,
ho incominciato a vivere forte,
proprio andando incontro alla morte.
ho incominciato a vivere forte,
proprio andando incontro alla morte.

02   Borghesia (05:33)

03   Michel (05:24)

04   L'isola verde (03:50)

05   Il tempo dell'illusione (06:01)

06   Quelli come noi (04:01)

07   Angoscia metropolitana (05:40)

08   Quello che mi resta (04:10)

09   Quanto amore (04:07)

10   Quando la morte avrà (04:42)

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Altre recensioni

Di  dosankos

 Non ho mai agito, aspettando Godot, per tutti i miei giorni aspettando Godot, e ho incominciato a vivere forte, proprio andando incontro alla morte.

 È un peccato davvero che un artista di questo calibro non abbia avuto la stessa considerazione di altri della sua generazione (ce lo caghiamo in pochi purtroppo, per dirla schietta).


Di  Carlo V.

 "Aspettando Godot potrebbe essere un capolavoro, ma la ripetitività del tema ne soffoca la creatività."

 "Lolli scrive cose belle, ma avrebbe dovuto variare i temi per non risultare monotono."


Di  Mr.Black

 "La vita può finire a ventidue anni? Con Aspettando Godot, Claudio Lolli sembra scrivere il proprio epitaffio."

 "Il cielo nero che aleggia sull’album è un’onda che sommerge; la cosa più saggia non è rifuggire, ma chiudere gli occhi e annegare nella disperazione, magari come fosse un antidoto."