"Astral Disaster" dei Coil è un’opera rituale e ipnotica che esplora il tema dell’inquinamento dei mari causato dalla smania di profitto dell’umanità. Ad oggi è forse il mio disco dei Coil preferito (sospetto per la musica che evova quella dei Corrieri Cosmici). Registrato in uno scenario evocativo – sotto le acque del fiume Tamigi nel Regno Unito – l’album riesce a distillare in musica un senso di desolazione, come se le onde dell’oceano e la vita marina sacrificata trovassero qui una voce oscura e al tempo stesso sublime. Il progetto, inizialmente stampato in un’edizione limitatissima di 99 copie per l’etichetta Acme/Prescription, è nato quasi come un amuleto oscuro, un monito per pochi eletti, sigillato in un packaging volutamente scarno, quasi a suggerire la sua natura di reliquia.

Dal punto di vista musicale, "Astral Disaster" omaggia la Musica Cosmica tedesca e richiama le sonorità di "Zeit" dei Tangerine Dream, proiettando l’ascoltatore in una dimensione ultraterrena e sommersa. Brani come "The Mothership & The Fatherland" si snodano in paesaggi sonori di ventidue minuti di pura ambient music, in cui le onde sonore dei sintetizzatori e la voce criptica e manipolata di John Balance avvolgono l’ascoltatore, portandolo in una trance inquietante e meditativa. C’è un sottile lamento che permea tutta l’opera, una ciclicità musicale che richiama il moto perpetuo delle onde, ma qui trasfigurate in un inno di dolore e rassegnazione.

La traccia "The Sea Priestess", ispirata alla figura simbolica di Aleister Crowley, è il picco emozionale dell’album. In quattordici minuti senza percussioni o chitarre, il pezzo costruisce un’atmosfera di crescente pesantezza. I rintocchi metallici accompagnano le tastiere in un crescendo inquietante, come un’eco delle catene industriali che attraversano e violentano i fondali marini. Le parole di Balance si affacciano dall’ombra, distorte e lente, invocando una sorta di misticismo apocalittico in cui l’ascoltatore si sente testimone di un rito proibito. I Coil riescono, senza l'uso di parole chiare, a evocare la maestà di un oceano ferito, il peso dell’inquinamento che si sedimenta strato dopo strato e l’indifferenza umana di fronte a questo disastro.

"Astral Disaster" ha la stessa energia evocativa e sinistra di un antico rituale magico.


Elenco tracce e samples

01   The Sea Priestess (14:11)

02   Second Son Syndrome (02:47)

03   I Don't Want To be the One (02:45)

04   The Avatars (03:21)

05   The Mothership and The Fatherland (23:03)

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Altre recensioni

Di  caesar666

 Astral Disaster è un disco di altissimo valore e uno fra i migliori dell’intera discografia Coil.

 La musica, come una macchina del tempo, mi ha riportato indietro nel 1971 a un disco epocale come Zeit.