[Piccolo appunto: è la mia prima recensione. So che questa è la terza recensione di quest'album in due settimane... potete chiudere un occhio?]

Si sa, quando ci si ritrova in un periodo di difficoltà, o di crisi di valori, in qualsiasi settore ci si ritrovi, non si può fare a meno di affidarsi alla tradizione, ai bei vecchi tempi, ad un ritorno alle origini. E anche il settore musicale non fa eccezione: in un età ormai dominata dalle "immondizie musicali" (per usare un termine di "Battiatesca" memoria), non ci resta, con un po' di amarezza, che rifugiarci nel passato, magari nei leggendari '60, nei turbolenti '70, nei patinati '80. Ma si potrà mai andare avanti di questo passo? Se proprio non si riesce a superare i fasti dei decenni trascorsi, non si può almeno fare qualcosa per emularli?

Svariati artisti negli ultimi anni hanno provato, nel genere musicale di loro competenza, ad adottare uno stile retrò, dando origine, nella maggior parte dei casi, più a degli scimmiottamenti che a degli omaggi.

Tuttavia è finalmente ritornato sulla scena il più celebre ed amato duo dedito alla musica elettronica, i Daft Punk, che, dopo essersi occupato della colonna sonora di "Tron Legacy", si imbarca in una nuova impresa: creare un disco di elettronica dance fresco, ma che risulti allo stesso tempo un nostalgico balzo nel passato. Il risultato di questa impresa è proprio "Random Access Memories", un ottimo album, che suona moderno e contemporaneamente presenta quel sapore tipico degli anni a cavallo fra i Settanta e gli Ottanta. Nella maggior parte dei brani modernità e vintage si fondono alla perfezione, originando canzoni quasi sempre senza troppe pretese, ma mai frivole. Ciononostante non mancano brani molto sorprendenti e complessi, in cui i due "robot" francesi mettono in mostra tutte le loro idee più originali: ricordiamo ad esempio "Giorgio by Moroder", "Touch" e "Motherboard". "Random Access Memories" stupisce molto per la sua varietà: a brani molto in stile Seventies (come ad esempio le irresistibili "Get Lucky", "Give Life Back To Music" e "Fragments of Time") si alternano canzoni tipiche del pop e della dance dei nostri giorni ("Doin' It Right", "Instant Crush" e "Lose Yourself To Dance", che presenta tuttavia un sound à la Michael Jackson), che rappresentano forse i momenti più banali del disco. Ma i momenti più coinvolgenti sono quelli in cui suoni futuristici e tradizione si mescolano negli stessi brani: è questo il caso di "The Game Of Love", "Beyond" e le già citate "Touch" (il brano più complesso ed interessante dell'album) e "Giorgio By Moroder". Questo eclettismo deriva anche dalla partecipazione al progetto da parte di alcuni esponenti della musica dance di ieri e di oggi, come il mitico Giorgio Moroder, Panda Bear e Pharrell Williams.

Tale disco rappresenta dunque una svolta nella carriera discografica dei Daft Punk: è infatti inutile immaginarsi "Random Access Memories" come il successore di "Homework" o di "Discovery". Le sonorità sono molto diverse, più mature e molto meno legate alla musica house delle origini. Pochissimi sono i suoni campionati, che invece abbondavano in "Discovery", che era già un mezzo tributo alla disco dance degli anni Settanta-Ottanta. Tuttavia qui l'approccio al passato è diverso: se in "Discovery" erano presi direttamente i suoni del passato e rimescolati utilizzando la mentalità musicale dei Duemila, con "Random Access Memories" il duo decide di omaggiare il passato che ha influenzato enormemente il loro stile emulandolo alla luce delle esigenze del moderno ascoltatore.

Ecco perché questo nuovo disco è coraggioso, e risulta fresco e retrò allo stesso tempo. Ovviamente il disco non è esente da difetti (tre-quattro brani sono quasi imbarazzanti), non è un capolavoro e non rappresenta nulla di rivoluzionario: ha però il grandissimo pregio di svegliarci dal torpore in cui è caduta la musica pop commerciale degli ultimi anni.

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