I Demonio sono italiani e passando in rassegna le copertine dei lavori precedenti si scopre che viene sempre rappresentata una ragazza, tant'è che se ne presume che ad Anthony (Stratocaster/Vocals), Paolo (Drums) e Matteo (Bass and Production) piaccia, a buon conto, la figa; certo nella rappresentazione stilizzata e psichedelica che si rifà, come gli spunti delle loro sonorità - psych rock garage and doom -, al verace passato fine sixties and seventies del secolo tramontato.

Figa & Musica mi sembra un bel connubio da dichiarare quale biglietto da visita per lanciarsi in un inferno lussurioso e godereccio, planando idealmente verso il dionisiaco. È quanto il polittico, composto di sei songs, offre all'ascoltatore in vena di affrontare viaggi poco rassicuranti e scardinanti, invero emozionanti.

Già, il paradiso artificiale segno della maledizione e delle torture di una vita intesa come arte non mancano nella visione ambigua delle ispirazioni, calde, corroboranti, battenti e wah-wah declamanti rilasciate dall'opening Heavy Dose, tanto per far intendere quali liquorini si butta giù il trio schiacciando il tastino play dell'album Reaching for the Light (clicca!). "Heavy Dose/ I'm a heavy dose": versi presi nel nichilismo attivo, restando sicura la track del fatto suo.

Ed è il punto di partenza, laddove il filo conduttore non viene reciso da nessuno stop, perché si riparte subito a ritmo di punzonature di basso con la successiva Fire Guru. E la corsa è notevole "Endless flames/I am the burning fire/Of thousand blazes", incandescente, denota folta passione iniettata nel calcare la mano sulle brucianti chitarre, vulcaniche, ribollenti di ombre rosse, lì radunati attorno al grande fuoco di una vecchia marmitta cuocente doom, sapientemente dopato da miscele selvatiche introvabili, proprio in modo sputafuoco Red & Black.

Dopo le scottature ricevute, la galvanizzazione è sacra conseguenza da dove ne vien fuori l'investitura della libertà magniloquente, ciò a dire dignitosa nel senso e squisita negli effetti. I Demonio centrano il mood magico, vero, reale doom/psych, smashando attraverso il languore per un Leigh Stephens in acido che sghignazzante viene evocato.
E, santi numi, si ravvisa il Paradiso più che l'Inferno; zampilla la bramosia di abbandonarsi alla danza (Shiva's Dance), vortice nel vortice, sfrenatezze senza limiti d'azione immaginifica; l'anima vi si sdoppia eterea e celebra la nascita del doppelgänger, "Acid flows in my veins/I am here to go insane/Take the trip and dance/Your head blows off in this trance" - così si recita il mantra nella fusione tra The Who+Lenny Kravitz.

Dal funerale alle intenzioni traviate rinasce la fenice di Jimi, ricordando quell'energia travasata pure nei Thee Hypnotics e negli Atomic Bitchwax, band spalleggiatrici indomite del Guru Hippie, cui i Demonio non si sottraggono di omaggiare. Le distorsioni di Death Trip si identificano nel requiem radioattivo, rituale nato dalle ceneri ("Smoking the light/.../Right inside your mind") della messa doom in corso, quindi la cifra perturbante s'impenna di gradazione, incensata dalla cavalcata elettrica sfumata intorno a sentori di jazz ipnotico, e questo sino a giungere al termine della funzione nera che porterà le anime presenti fuori da quel tempio, o chiesa garage-metal, al fine di indorare l'alba in seno a una nuova visione, inequivocabilmente purissima, come la strabiliante title track.

Le visioni iniziano a scomparire
Coglieremo un'ultima possibilità
Per scoprire dove ci troviamo veramente

... raggiungendo la luce.

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