Che i Dream Theater stiano sfornando album uno dopo l’altro, questo ormai già lo si sapeva dal 2002 / 2003. Molti criticano questa rapidità nello scrivere e incidere nuovi pezzi, pensando che forse, per la troppa fretta, i Dream non siano in grado di fare un lavoro degno del loro nome. Eppure, questo nuovo CD, "Systematic Chaos", riesce a ravvivare le speranze dei vecchi e nuovi fan della Progressive Metal band americana.

"Systematic Chaos", il nome del nono lavoro dei DT che apre le danze ad un nuovo ed estenuante tour mondiale in programmazione per il 2007 e 2008. I Dream sono come un treno, sembrano non volersi fermare mai, e infatti già durante il precedente tour, hanno cominciato a scrivere i nuovi pezzi di questo album, registrato e mixato in 5 mesi, e che poi ha visto la luce grazie alla nuova etichetta discografica Roadrunner Records. Il disco, nel suo complesso, è davvero un lavoro ben fatto. Le canzoni spaziano dal Progressive melodico, passando per il metal più pesante, arrivando a composizioni con stili di artisti come Muse e Pink Floyd, cosa già vista con i precedenti album ("Octavarium" su tutti). Ma passiamo subito alle canzoni presenti nel CD, analizzandole una per una.

Il disco inizia e finisce con un epic song, divisa appunto in due parti: In The Presence Of Enemies. La prima parte contiene un’introduzione molto tecnica, progressive e melodica allo stesso tempo, che lascia spazio alla voce di James LaBrie. In quei 9 minuti, la prima parte dell’epic song non stanca assolutamente. I Dream sembrano aver ripreso la strada intrapresa già con "Six Degrees", mostrando a pieno le capacità in un disco dove un Portnoy ed un Petrucci così carichi ed energici, un Myung più presente, un LaBrie più incazzato (ma anche più espressivo) ed un Rudess più sperimentale (anche se in minore risalto rispetto ai suoi compagni) ci volevano proprio. La prima traccia si chiude così, col suono del vento, come se volesse richiamare Shine On Your Crazy Diamond dei Pink Floyd, che oltre ad essere divisa in 2 parti, chiude e riapre le danze proprio col suono del vento. Si passa a Forsaken, seconda traccia del disco, che inizia con un pianoforte di Jordan Rudess che lascia spazio alla chitarra distorta di Petrucci e ad un ritmo aggressivo di batteria e basso. La voce di LaBrie in questo pezzo è molto espressiva, e a tratti sofferente. Il ritornello rende giustizia alla canzone, cosa che però non succede con l’assolo di Petrucci, molto frettoloso e che lascia spazio di nuovo al ritornello. Questa non è sicuramente una delle tracce migliori del disco. A tratti ricorda molto lo stile degli Evanescence. Comunque sia, non è nemmeno da buttare, anzi, ripeto, la voce di LaBrie è molto calda ed espressiva, cosa che caratterizza questo pezzo, rendendolo più ascoltabile.

Constant Motion, con l’intro di chitarra, dava l’idea di essere una buona canzone strumentale, che si avvicinasse in un modo o nell’altro, allo stile di Erotomania, canzone presente nell’album "Awake". Eppure non è così, perché quel riff iniziale di chitarra viene ripreso solamente alla fine della canzone. Nell’intermezzo, troviamo dei DT che giocano a fare i Metallica. Un pezzo che si avvicina molto allo stile della band già citata. Secondo i fan, è la traccia peggiore del disco, se non dell’intera discografia dreamtheatriana, ma poi, è anche una questione di gusti. Il ritornello non è sicuramente migliore del resto, e forse l’unica parte che si salva è quella strumentale, con un assolo di Petrucci ben composto, seguito da Rudess, con un assolo abbastanza deludente. LaBrie (avvicinato da Portnoy alla voce) non riesce a cacciare quello che è il suo vero stile, costretto a cantare in una maniera molto lontana da come lo ascoltiamo abitualmente.

E’ andando avanti che troviamo la traccia più aggressiva del disco, e la cosa è giustificabile visto che il testo, scritto dal chitarrista, parla di mostri. Capirete il perché ascoltando la traccia. Non si sente di certo tutti i giorni LaBrie e Portnoy duettare e cantare in un modo così aggressivo e in growl. Questa è The Dark Eternal Night. Ad un primo ascolto vi potreste domandare se sono davvero i Dream Theater quelli che state sentendo, ma è nei minuti successivi che vi accorgerete che state ascoltando proprio i Dream! Il ritornello è uno dei più belli dell’album, e la parte strumentale è la migliore per proseguire una traccia come questa. Nel complesso, questa canzone ricorda molto "Train Of Thought", specialmente la parte strumentale che riprende Endless Sacrifice e In The Name Of God, ma per un fatto di impostazione piuttosto che di scrittura e tematica. E forse la parte più deludente di questa canzone è la fine. Infatti, dopo il classico ritornello, la band riprende un’altra tematica che lascia terminare la canzone, portandola al nulla con la classica sfumatura. La canzone avrebbe potuto prendere ben altre direzioni che si avvicinassero di più all’impostazione precedente, eppure non è stato così, ma pazienza. E qui si passa al momento soft: Repentance, la nuova traccia che prosegue il tema degli Alcolisti Anonimi proposto da Mike Portnoy. E infatti la canzone inizia con il tema di This Dying Soul, cosa un po’ strana, visto che The Root Of All Evil è stata l’ultima canzone che ha seguito la tematica A.A dopo This Dying Soul. Secondo James LaBrie, questa canzone è come un respiro, un momento di relax, per poi poter tornare a nuove parti più aggressive, ovviamente con le canzoni successive.

Particolarità di questo album è la partecipazione di ben 11 special guests, che prestano la loro voce non per cantare, bensì per citare alcune delle frasi da loro scritte, che riprendano ovviamente la tematica A.A. I partecipanti sono: Mikael Akerfeldt (cantante/chitarrista degli Opeth), Jon Anderson (cantante degli Yes), David Ellefson (bassista dei Megadeth), Daniel Gildenlow (cantante/chitarrista dei Pain of Salvation), Steve Hogarth (cantante dei Marillion) Chris Jericho (famoso lottatore di Wrestling / cantante dei Fozzy), Neal Morse (ex cantante/tastierista/chitarrista degli Spock's Beard e dei Transatlantic), Joe Satriani, Steve Vai, Corey Taylor, (cantante degli Slipknot e degli Stonesour) Steven Wilson (cantante/chitarrista dei Porcupine Tree oltre che dei Blackfield, I.E.M e Bass Communion).

E’ il momento, quindi, di fare un omaggio ai Muse, scrivendo una canzone che riesca ad avvicinarsi il più possibile al loro stile. Si potrebbe descrivere così Prophets Of War, sesta traccia del disco, che riesce a riprendere in tutto e per tutto lo stile della band già citata Muse. Bel giro di chitarra, anche se abbastanza commerciale. Nel complesso, questa Prophets Of War non è poi così male, anzi, personalmente la reputo una bella traccia, ma ovvio che i Dream nella loro carriera abbiano saputo fare molto meglio. Ovvio anche il fatto che non si può non pensare ai Muse ascoltando questa canzone. Anche in questa traccia, come nella precedente, ci sono dei guests: 50 fan dei Dream Theater, che si sono presentati davanti agli studios sotto richiesta di Mike Portnoy, che hanno prestato la voce per alcune frasi aggiunte poi in questa canzone e nella seconda parte dell’epic song. Una cosa che i Dream non hanno mai fatto prima, e che caratterizzano non solo questa canzone, ma l’intero disco.

La settima canzone, The Ministry Of Lost Souls, la si potrebbe definire come una delle migliori tracce del disco. Quasi 15 minuti di puro progressive e pure composizioni alla Dream Theater. Era da tempo che mancavano sonorità di questo genere. Questa canzone, da sola, riesce a spaziare da un intro e una parte cantata molto soft, fino ad arrivare ad una parte strumentale molto aggressiva. La canzone ha le sonorità giuste per renderla una traccia perfetta a tutti gli effetti. Sembra che anche qui i Dream si siano ispirati molto a Q"Train Of Thought, con una parte strumentale molto lunga ma che di certo non stanca l’ascoltatore. La canzone, poi, riprende lo stesso tema iniziale, chiudendo così come si chiude In The Presence Of Enemies Pt. 1. Il suono del vento ritorna, e dà spazio all’ultima traccia del disco.
In The Presence Of Enemies Pt. 2
. L’inizio di basso vuole essere come un tributo a One Of These Days dei Pink Floyd (il suono sembra addirittura identico). Ma la canzone non prende di certo questa direzione, anzi, un LaBrie (ancora una volta) espressivo comincia a cantare e a portare avanti, insieme a Rudess e Petrucci, questa seconda parte di un epic song fantastica. Dai 6 minuti in poi, la canzone prende una nuova direzione, cominciando a farsi sempre più pesante e aggressiva. La canzone è accompagnata dai 50 ragazzi e dai loro “Hey!”, “Fight!”. Il tema proposto in questo punto ricorda molto The Glass Prison. LaBrie non tradisce mai, proponendo varie tematiche vocali molto interessanti. Nuova parte strumentale, nuovamente ispirata da "Train Of Thought" e che riprende il tema della prima parte dell’epic song, segue come un fiume fino ad accompagnare il ritorno della voce di James, che lascia spazio ai 4 suonatori che chiudono la 25 minute epic&monumental song, e di conseguenza il CD, nella maniera che più hanno ritenuto idonea. Giudicato interamente, Systematic Chaos è sicuramente l’album che si avvicina di più a quelli che sono i Dream Theater di oggi.

"Train Of Thought" e "Octavarium" hanno intrapreso sicuramente una via che per molti si allontanava dai Dream Theater che abbiamo sempre ascoltato. Sicuramente, quest’album è uno dei migliori prodotti fino ad ora con Jordan Rudess a bordo. "Scenes From A Memory" e "Six Degrees Of Inner Turbulence" sono in battaglia con questo disco, che riesce però a trovare spazio tra i 2 dischi posizionandosi come uno dei migliori dei Dream Theater. Un ottimo lavoro da una band che da più di 20 anni sta dando ottima musica, sperando che ce ne sia tanta anche per il futuro.

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