Voto:
raistereonotte e i Supertramp. Ma perchè quando ripenso a quell'epoca mi struggo di nostalgia?
Voto:
il 24 marzo 1721 regalò sei "Concerti Brandemburghesi" al Margravio di Brandeburgo, Sua Altezza Reale Monsignore Christian Ludwig (un Salvini dell'epoca) accompagnandoli con una lettera che così terminava:
"In conclusione, Monsignore, io supplico molto umilmente Vostra Altezza Reale di avere la bontà di continuare a elargire le Sue buone grazie verso di me, e di essere persuaso che nulla mi sta tanto a cuore quanto di poter essere adoperato in occasione d'Ella e del Suo servizio più degno, io che sono con fervore senza pari, Monsignore, di Vostra Altezza Reale l'umilissimo e obbedientissimo servitore. Johann Sebastian Bach"
Come a dire: la prego, mi faccia lavorare, tengo famiglia!
il Ludwig, accertato che non era denaro né oro, ma dei volgari spartiti musicali scritti fitto fitto, li fece piazzare sdegnosamente in un angolo sperduto di una biblioteca, dove rimasero sottratti all'umanità per due secoli.
Vennero riscoperti per caso nel secolo '900 da uno studioso. Erano i capolavori assoluti del barocco.
Sebastian Bach verrà ricordato per sempre. Christian Ludwig, Margravio di Brandeburgo, non compare in quasi nessun libro di storia se non per la pessima figura di aver imboscato i sei capolavori del barocco europeo. Un uomo di potere volgare come spesso sono gli uomini di potere.
Bellerofonte72 perdona la premessa, che peraltro poco ha a che fare con il concerto che presenti, BWV 593. Ho voluto aggiungere una piccola nota di colore al personaggio Bach, che è stato di una grandezza assoluta, tanto che ancora oggi la sua opera monumentale è studiata da musicisti e scienziati persino.
Il tuo è un pezzo piacevolissimo e interessante su un musicista che venero e che mi emoziona sempre, tanto da scuotermi dall'orrenda depressione in cui mi trovo. Complimenti e grazie.
Voto:
pagina divertente su "la grande illusione" che furono gli Style Council. Quello recensito mi entusiasmò, Cafè Bleu mi fece dire, all'epoca, cose di cui oggi mi vergogno (gli style council, Monteverdi e Mozart...), poi uscì "our favourite shop" e aprìì gli occhi. Fine della storia.
Continuo a pensare che la fuoriuscita di Peter Gabriel fu fatale, gli Style Council di Phil Collins non erano più la stessa cosa. D'altra parte non è che mi senta troppo bene oggi.
Voto:
Non condivido molti dei giudizi. Secondo me Revolver è uno dei più randi dischi di tutti i tempi e il pop è nato con i suoi primi 4 secondi.
Voto:
Se si organizzasse un museo sulla storia del secolo novecento, questo disco sarebbe esibito in una teca nel cono di luce di un faretto. Indubbiamente è un pezzo importante di storia della musica e del costume, per non parlare di tutti i contenuti politici e ideologici.
Fu uno di quei dischi che contribuirono a creare un personaggio da cui Dylan, nel giro di due o tre anni, prese rabbiosamente le distanze. Il "menestrello" che lotta per il pacifismo e i diritti civili, un personaggio che Dylan finì per odiare. Stracciò quegli abiti esattamente nel 1965, sul palco del Newport Folk Festival insieme a Al Kooper e Mike Bloomfield.
Ma quella è un'altra storia.
Voto:
racconti un disco come se fosse la colonna sonora di una pagina della tua adolescenza. Descrivi il rapporto affettivo verso la musica, il carico evocativo di ricordi che ogni disco, nel bene o nel male, si porta.
Questo tipo di recensione in genere è quello che preferisco, a patto che sia ben scritto e abbia adeguata freschezza (anche se racconta storie di quasi quarant'anni fa).
I tuoi pezzi hanno pienamente questi requisiti, sono teneri divertenti e freschi.
Inoltre, già quando scrivesti di quel piccolo capolavoro che fu Eden, notai una notevolissima comunanza nel repertorio dei nostri dischi "del cuore".
Trovo quindi il tuo pezzo decisamente delizioso, su un disco che pure io amai molto quando uscì, cent'anni fa.
Non condivido invece l'amore per il concerto in Central Park, che ho sempre trovato pesantissimo. Se fossi stato il loro produttore dell'epoca avrei organizzato gli arrangiamenti in un modo radicalmente diverso, molto più "minimale".
Complimenti quindi, leggere i tuoi pezzi è sempre piacevole.
Voto:
la recensione è carina e racconta l'atmosfera di questo disco su un piano poetico. Manca però la lettura storica, che pure è importante.
Queste canzoni raccontano la transizione tra gli anni di piombo e gli anni 80 di cui si cominciavano ad intravedere i primi bagliori. I sacchi di sabbia alla finestra degli anni di piombo e Milano che banche che cambi, la futura Milano Da Bere che di li a poco avrebbe iniziato la sua rumba. Il disco sta esattamente sul crinale tra due epoche, una atroce fatta di inaudita violenza e l'altra fatta di un'ubriacatura di ottimismo. Nella recensione, questa transizione è espressa, ma solo poeticamente, senza citare i dati storici che hanno influenzato tale poesia.
Voto:
caro Mr Wolf, mi sono assentato per un pò e adesso ti ritrovo sempre impegnato nella tua "mission" di revisione e segnalazione del migliore repertorio blues, sempre con la solita competenza.
John Lee Hooker è uno degli artisti che preferisco in assoluto. Spesso è veramente emozionante. Per coincidenza in questi giorni sto ascoltando intensamente un suo disco che trovo fantastico, precisamente "Hooker'n Heat", inciso in collaborazione con i Canned Heat.
Sarei interessato a conoscerne il tuo parere.
Personalmente lo trovo meraviglioso, specialmente il primo dei due vinili, quello inciso in solitudine con una semplice chitarra elettrica, battendo il ritmo a colpi di tacco.
Comunque sempre un buon lavoro il tuo. Complimenti.
Voto:
hanno davvero fatto belle cose questi capisaldi, sontuose orchestrazioni, arrangiamenti barocchi, quel tocco di elettronica che non guasta. Davvero dei capisaldi.
Tutto ciò, chissà perché, mi fa venire in mente quel pezzo bellissimo di Daniele Luttazzi che, con algida eleganza, mangia una merda. Speriamo che lo facciano tornare in tv perché era straordinario.
Voto:
sarà stato il sound engineer dei Pink Floyd nel 1970, vabbé non discuto, ha fatto un buon lavoro cinquant'anni or sono, complimenti a lui.
Però trovavo la sua musica puro ciarpame pop privo di qualunque traccia di genio già ai tempi di Eye In The Sky, inizio anni '80. Figuriamoci adesso.
Questa è roba da cestone dell'autogrill, tra il biberon di gin al metanolo, la cartuccera di preservativi alla ciliegia e i maxileccalecca bicolore.
Meglio un "camogli" dell'altroieri che un disco del genere.
Scusa Piero Poleggi, niente di personale, ma chiamare "un caposaldo del pop" questa roba, nata già vecchia, mi sembra veramente eccessivo. Non parliamo poi delle "orchestrazioni importanti ed elaborate"...
Il buon pop è un'altra faccenda. Spero di leggerti su qualcosa di più interessante.
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