Il Re Cremisi aveva un debole per le stelle. Per gli astri. Per gli accordi di seta. Aveva un debole per le fantasie più arcane. I versi primordiali. Il Re amava i pazzi.
E fu così che le stelle caddero ad una ad una per diventare rosse rosse, farsi musica e guardare il cielo da quaggiù, scoprendo che non era così male, scoprendo di non voler più tornare a casa.
Nel 1975 il progressive rock muore e dopo tre giorni risorge. Red.
Nove, supernove, nebulose, nane degeneri.
Con il punk alle porte. Con la wave a inondare le camerette.
Chitarre colte, fraseggi esoterici, ritmi d'essai.
Robert Fripp ha preso un asta e ha misurato la distanza tra la terra e il cielo. "Providence".
E poi Kurt, Kurt Cobain, che lo chiama il più grande album di tutti i tempi. Lui che non c'entra neppure. Che vi piaccia o no. Che vi piacciano o meno.
I riff s'inseguono e Mister Wetton balla sulla tastiera del basso, zappa, ci dorme su, ci fa l'amore con la gola asciutta e dolciastra.
Brufford sbatte, intanto. Sbatte ancora...sulla tomba del rock, dalla sua tomba spreme ciò che resta e il resto è questo.
I King Crimson sono ormai un trio, un condensato.
E si mostrano in copertina. La prima volta. L'ultima. Perchè vogliono essere visti. Ora o mai più. Torneranno negli anni Ottanta ma tutto è cambiato. Tutto collassa. Tutto tace.
E poi l'esplosione finale, lectio magistralis. A chi vi dice che "Starless" non è la suite definitiva, a chi vi dice che c'è qualcosa oltre rispondete che volete dormire sonni tranquilli.
Perchè oltre c'è solo il delirio.
Ancora un passo.
Ancora un passo e non ci sareste più.

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