Il 2017 è stato l'anno dei King Gizzard & the Lizard Wizard. Nessun gruppo nel mondo della musica alternative e in particolare per gli appassionati di musica psichedelica si è spinto così oltre in ogni senso possibile e nella specie ha contribuito così tanto a un rinnovamento di un genere che in alcuni casi si è incastrato in schemi ripetitivi e consolidati. Nessun altro gruppo (almeno di recente) penso sia mai riuscito nella impresa di pubblicare quattro dischi (ne manca ancora un quinto) in un anno tutti diversi l'uno dall'altro e tutti così convincenti come nel caso della band australiana formata nel 2010 a Melbourne, Victoria.

Come se non bastasse, 'Polygondwanaland' è stato pubblicato in formato free download digitale. Questa sperimentazione sul piano della diffusione del disco si accompagna a quelle nel campo delle sonorità proposte dal gruppo (che ha accompagnato questa lunga maratona con in particolare le sperimentazioni nel campo della strumentazione e in particolare per quello che riguarda la cosiddetta musica microtonale) ed è un vero e proprio manifesto con il quale si invitano gli ascoltatori a scaricare il disco gratuitamente e diffonderlo. Un invito cui sono richiamate anche le etichette discografiche e una scelta secondo me ancora una volta riuscita per concludere questo anno 2017 in una maniera esplosiva.

Per quanto riguarda la struttura del disco, 'Polygondwanaland' si gioca subito il suo pezzo forte con i dieci minuti di 'Crumbling Castle', una canzone molto strutturata ma dove subito è chiaro il tema dominante dell'intero album, che si fonda su quello che è l'accompagnamento e il parallelismo dei riff di chitarra e le performance vocali. Il disco scorre via senza interruzioni tra una traccia e l'altra e nell'alternanza di brani di psichedelia più ossessiva come 'Deserted Dunes Welcome Weary Feet', 'Inner Cell', con sperimentazioni al limite dello jazz psichedelico di 'Sketches of Brunswick East' come nel caso della title-track, 'The Castle In The Air', 'Horology', la conclusiva 'The Fourth Colour'.

Quello che sorprende in ogni caso - oltre la grande inventiva - è la solidità che la band capitanata da Stu Mackenzie riesce a conferire all'inter opera, che si colloca idealmente nel mezzo tra 'Flying Microtonal Banana' e il già menzionato 'Sketches of Brunswick East' (pure non raggiungendone le vette) e che dimostra quella che è una consapevolezza enorme nei propri mezzi da parte di questo gruppo cui in questo momento riesce tutto con una facilità disarmante.

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