Uno dei rischi più comuni in cui può incappare una giovane band reduce da un esordio folgorante ed in grado di far gridare al miracolo con il debut album e con il secondo disco, è quello di fallire clamorosamente al ritorno sulle scene con il terzo.

Troppo grande la responsabilità, troppo grande l’attesa dei fan, troppo pressante l’attenzione dei critici, appostati al varco e pronti a sottolineare anche il minimo calo di tono, ma soprattutto troppo grande la paura di non riuscire a compiere per la terza volta il miracolo.
A questo punto la differenza, è matematico, la fanno tre cose: la determinazione e l’intelligenza [e la terza ? n.d.e.].

Fughiamo subito ogni dubbio: i Korn sono cinque ragazzi tanto determinati quanto intelligenti. Ecco quindi compiersi una terza volta il miracolo: “Follow The Leader” non solo trissa tutto quello che, di positivo, era stato fatto con il fantastico album di debutto e con il leggendario secondo lavoro, ma grazie all’acquisita maturità artistica dei cinque musicisti risulta arricchito di sfumature, echi, suggestioni, che latitavano nel comunque ottimo “KoRn” e nel, in un modo o nell'altro, buono "Life Is Peachy". I Korn hanno pensato bene di prendersi due lunghi anni di tempo, hanno studiato cosa andava e cosa non andava, hanno suonato dal vivo, hanno imparato molto e quando sono stati convinti al 100% di poter veramente superare se stessi, sono entrati in studio.

Il risultato è tangibile: un lavoro estremamente razionale nella sua irrazionalità, preciso come un orologio svizzero nonostante il sound della band sia destinato inevitabilmente a far perdere l’orientamento all’ascoltatore, con il suo accavallarsi di punk, metal, hardcore, grindcore, hip hop, musica tribale e death della miglior specie, sempre fusi con armonica perfezione anche in un contesto in cui chiunque lo avrebbe considerato fuoriluogo.

Un lavoro folle, deviato, malato, ma maledettamente intelligente. Proprio come i Korn.

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