Dopo molti ascolti e con grande soddisfazione mi appresto a recensire l'ottavo e attesissimo album in studio degli americani Korn, una band che se si dovrebbero contare i membri originali è ridotta all'osso, tre sono i "veri" Korn : Jonathan Davis (voce, cormusa e in questo disco anche batterista in 3 tracce), Fieldy (alias Reginald Arvizu, basso) e Munky (chitarre).Per la batteria sn stati interpellati nientepocodimenoche il virtuoso batterista prog Terry Bozzio (con all'attivo collaborazioni con i vari Frank Zappa e Steve Vai tra gli altri) e il batterista dei Bad Religion (?) Brooks Wackerman (e il già citato Davis), a partecipare al songwriting anche il tastierista Zac Baird che dal "SYOTOS World Tour" segue il gruppo dal vivo.
Parlando del disco la prima cosa che dovete mettervi in mente è: ancora una volta i Korn non si sono ripetuti, scrivendo e suonando un album completo, con tracce pesanti ma con delle buone melodie, tutta all'insegna della sperimentazione lasciando a casa tutto quel bagaglio elettronico filo-industrial di "See You On The Other Side", sostituendolo con il buon lavoro dietro i tasti di Zac, altra cosa fondamentale, il genere ! "Untitled" non può essere affibbiato a nessun genere se non alla formula "vaga e generalizzata" di "metal e rock alternativo" perché mettetevelo in mente: i Korn hanno lasciato a casa anche il Nu Metal da tanto tempo, fortunatamente, questo per evidenziarsi e differenziarsi dalle migliaia di band Nu che prima del 2003 affollavano gli scaffali dei negozi riproponendo la solita formuletta "chitarroni+voce rap+falso growl+ritornelli melodici" (chi ha detto Linkin Park ?). Il disco parte con una intro, dominata dalla tastiera e dalle atmosfere dark e mistiche, voce sommessa di Davis nel finale, a tratti calma e a tratti tellurica questa traccia è una più che ottima "introduzione" nei meandri di "Untitled". La prima canzone vera e propria del disco è la stupenda "Starting Over", degna erede di quella "Here To Stay" del 2002, inizio molto diretto, pesante, schietto, senza tanti fronzoli, Davis canta pulito e splendidamente (molto meglio di "SYOTOS"), un pezzo decisamente rock dal ritornello ottimo e molto "heavy", piccolo bridge intimista dominato dalla tastiere nel finale, un'opener che già dice tutto sulle infinite qualità e risorse di "Untitled".
L'unica traccia che può ricordare il pecedente disco è proprio la seguente "Bitch We Got A Problem", Davis canta schizzato, ricordando a tratti la follia dei primi dischi, ritornello cadenzato e melodico e molto buono, ricorda molto la b-side di "See You On The Other Side", "Too Late I'm Dead", non è tra le migliori del disco, ma fa sicuramente la sua discreta figura.S egue il primo ottimo singolo di lancio, "Evolution", pezzo squisitamente rock e dalla semplice, ma efficace struttura, Davis ricorda il cantato del lontano "Issues", ritornello simil-anthem, ha un finale piuttosto corposo e "duro", con le urla del cantante a migliorare il tutto, una scelta più che azzeccata e anche la più ovvia da prendere, essendo "Evolution" una delle poke song del disco buone per essere "singolo". Granitica, pesante, ottima, splendida, tirata, spettacolare: non trovo altre parole per descrivere la seguente "Hold On", capolavoro del disco, andamento cadenzato e struttura rocciosa, un ritornello che ti si stampa in mente e urlato dal frontman americano, riff potenti di Munky e basso pulsante, davvero una delle tante perle di "Untitled". Come dicevo prima di capolavori "Untitled" ne ha davvero da vendere, una di questi è senz'altro "Kiss", il primo lento del disco, rimanda subito allo stile di Jonathan Davis sulla OST di "Queen of The Damned", una simil-ballad dai forti rimandi pop, che però resta stupenda, Davis canta da dio, è la degna erede di "Tearjecker", anzi è molto migliore dell'ultimo pezzo di "SYOTOS", il ritornello si fa più pesante, e sul finale Davis sfodera quella vocina melodica che tanto ho apprezzato sul recente Unplugged.L'unica a deludere rispetto alle dichiarazioni è "Do What They Say", rimane sicuramente un pezzone, un altro bel gioiello dell'album, però da qui a definirla la "miglior Korn-song di tutti i tempi", Jonathan, ce ne passa, rimane come detto però una bellissima canzone dal ritornello emozionante.
C'è un solo aggettivo per identificare la successiva "Ever Be" e la sua coinvolgente musica: EPICA ! Un'epicità micidiale, parte cadenzata, sembra un lento, ma diventa subito rocciosa nel ritornello che come aveva detto Munky "sarebbe potuta essere suonata durante il film 300" per quanto sia intensa e maestosa, tra i tanti highlight di "Untitled", a poco più della metà inoltre si fa di una durezza unica, davvero "heavy", per poi ributtarsi nel bellissimo ritornello e in riff mastodontici, finale da brividi. Prettamente e schiettamente pop è "Love & Luxury", indirizzata a Head, certo potrebbe non piacere, ma dopotutto è l'unico pezzo davvero commerciale e non mi stupirei se fosse scelta come secondo singolo, comunque risulta anch'essa composta bene, ritornello catchy, tastiere quasi "dance/industrial" che sovrastano, ecco ad un primo ascolto potrebbe deludere, ma dopo vari ascolti si capisce che nell'intero album ci sta, è divertente, è l'ideale per un party, spassosa è il termine che mi vieni in mente. "Innocent Bystander" si mantiene sulle coordinate del disco, il riff che la porta è diritto, semplice e pikkia, il ritornello è molto molto heavy, Davis sembra in preda ad una crisi di nervi,non molto spinto ma sicuramente un pezzo compatto e molto accattivante. Tra le cose più pesanti che i Korn abbiano mai scritto c'è sicuramente "Killing", groove assassino e "metal" che pervade tutta la canzone che si rivela tra le migliori, ritornello in stile "Untuachables", ma la vera rivelazione si ha verso il finale, per spezzare l'andamento groovy c'è un breve tratto in cui sembra diventare un lento con le tastiere in primo piano e la voce sommessa di Davis, ma subito un growl spazza tutto entra in scena, Jonathan ha rispolverato i suoi dischi dei Cannibal Corpse, infatti poi tranne qualche verso d'eccezione concluderà la canzone growllando e con il resto della band che pikkia, forse anche più di "Take A Look In The Mirror".
Altro lento tipicamente "Davisiano" è "Hushabye", momenti di pura psichedelia iniziano la song, il ritornello molto basato sulle emozioni forti che si trasmettono, un pezzo che scorre tranquillo, senza intoppi e probabilmente è l'ennessimo gran lavoro sfornato da questi "nuovi Korn". La traccia conclusiva era da un bel po' nella rete grazie a Jonathan che l'aveva postata su myspace appena mixata e risulta l'ennessimo capolavoro, è il pezzo dove si evidenzia di più la vena progressive del drumming di Bozzio, Davis canta pacato, ma il pezzo contiene momenti molto "heavy" e progressivi, ottime le melodie di Baird, c'è perfino un piccolo assoletto di Bozzio, presenta un buon ritornello ed è l'ottima conclusione di "Untitled". Insomma se non l'aveste capito sono stato molto soddisfatto del nuovo disco dei Korn, che davvero non può avere nome perché supera ogni barriera musicale e se posso azzardarmi risulta il migliore dai tempi di "Issues" perché ha in se tutta la natura degli ultimi Korn, la melodia di "Untauchables", la durezza di "Take A Look In The Mirror" e la sperimentazione di "See You On The Other Side" oltre ovviamente al solito elemento in più che arricchisce tutte le 12 canzoni (13 con l'intro) che solo i Korn possono dare per rendere unici tutti i loro dischi.
Voto (in decimi): 9
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