...e dopo una puntatina al Texas Rose Cafè in pieno deserto, dove pare servano bevande corrette con sostanze poco ortodosse, e un paio d'ore in compagnia d'una fetta di torta che si fa un giro in altalena mentre una lumaca e un principe azzurro la stanno a guardare, una "giornata alle corse dei cani" potrebbe sembrare un ritorno alla normalità...

POTREBBE.

Condizionale d'obbligo, perché in presenza dei Feats la parola "normalità" andrebbe sempre usata con una certa cautela - specie se in copertina ti ritrovi (e non capisci bene come) la Cattolica di Stilo arroccata sopra San Miguel de Allende. Cioè: Calabria e Messico nel giro di pochi chilometri. Dove finisce la realtà e dove comincia l'effetto dei funghi? Anche questo non si capisce molto bene. Ma è la prassi, con loro. Magari anche la mia introduzione di sopra non si capirà molto bene, ma chi è abituato a navigare in certe acque musicali avrà certamente afferrato. Al volo.

Dicevo, appunto: "Day At The Dog Races" - questo mostro sonoro da sei minuti e mezzo che fa la VOCE grossa (si fa per dire, è solo strumentale) tra i solchi della sesta fatica dei bislacchi californiani. Ma anche qui, con quegli strani suoni sintetici in apertura - Bill Payne, LUI - ci si potrebbe confondere e non poco. Tastiere che suonano come chitarre flamenche ti fanno pensare di trovarti sugli spalti d'una arena ad aspettare l'uscita del toro - più che a un cinodromo. Pur sempre nel deserto, magari, che dei Nostri è l'habitat naturale fin dal primo album, quando i suoni erano altri e si poteva perfino ascoltare - ruvida - la slide guitar di Mr. Ryland Cooder. Ma le possibilità d'immaginazione s'esauriscono qui: in un turbinio di piani elettrici, chitarre spaziali (pure!) e riff di basso granitici le corse sono ormai iniziate, c'è solo il tempo di prender posto e godere. Perché all'inizio le cose sono talmente intricate che orientarsi è difficile, il polverone sollevato è tanto e quella miscela di elettricità e synth ti ha già portato in trance. No, questo non te l'aspettavi. Te l'aspettavi in un disco di jazz-rock, magari. Ma al contrario di tanti sbrodoloni fusioneggianti, Sua Altezza Deviata Paul Barrère ti smonta ogni certezza e ti dice che con la tecnica puoi raccontare storie. Puoi svolgere romanzi interi, anzi EPOPEE - di bravura strumentale.

I Little Feat nel '77 erano questo. Meno acidi degli inizi, meno spontanei anche ma più elaborati, fino a diventare complessi. Comunque imprevedibili.

E nel frattempo ti chiedi (inevitabile, se ascolti i Feats settantiani) che fine abbia fatto il Genio, in tutto ciò. C'è.

Lowell George c'è. E' un po' più defilato rispetto a prima, il suo lavoro di voce si riduce, ma è come un'ombra onnipresente. La band (Clayton, Barrère, Gradney, Hayward e Payne) gira alla grande, lui può anche limitarsi alla chitarra e ad una scrittura che non perde smalto - perché poi è capace di regalarti una "Rocket In My Pocket" che sprizza funk e groove da tutti i pori, e può prestare le sue corde vocali a una "New Delhi Freight Train" che merita applausi seduta stante; la firma è di Terry Allen, d'altra parte, quello strambo inclassificabile personaggione di frontiera che non poteva non incrociare le strade di George.

E poi sax e trombe e ancora sax e ancora trombe, naturalmente. Qua e là disseminati, tanto per ricordarsi che da New Orleans ("Dixie Chicken" docet) si era passati e che Allen Toussaint aveva lasciato il segno. Persino il vocione-"blue eyed soul" di Michael McDonald è della partita, aggiungendo a "Red Streamliner" quel DI PIU' di cui neanche gli Steely Dan potevano fare a meno (da "Katy Lied" in avanti). E poi l'arcinota title-track che avrebbe fatto gran figura su "Waiting For Columbus", ma non è tutto.

Anche Nashville vuole la sua parte: alla fine della corsa c'è bisogno di commuoversi, e allora ecco che Barrère ti sfodera questi due minuti di "Missin' You" per cuori teneri che richiamano "Willin'", a perfetta conclusione di tutto. Splendore acustico di schietta malinconia - con la "resonator guitar" non di uno qualunque, ma di una Leggenda: Jeff Baxter.

E mi fermo qui. 

Elenco tracce testi e video

01   Hi Roller (03:36)

02   Time Loves a Hero (03:48)

03   Rocket in My Pocket (03:24)

Rocket in My Pocket
-- L. George

My baby called me up
She said, "Why don't you ever take me out?
Pick me up in your brand new car
You shake the short change from your old fruit jar"

I put on my dancin' shoes
We headed straight for the rhythm and blues
The music was hot, but my baby was not

I've got a rocket in my pocket, I said rocket
Ya fingers in the socket
Fingers in the socket, fingers in the socket

No way for you to stop it
That rocket c'mon, you get off it oh
Rocket, said rocket, said rocket, said rocket, said rocket, said rocket

Don't understand that girl, I can't explain
She got one foot on the platform, the other on the train
I got a rocket in my pocket, yeah I said rocket
Finger in the socket

04   Day at the Dog Races (06:30)

05   Old Folks Boogie (03:32)

06   Red Streamliner (04:47)

music by Bill Payne
-- lyrics by Bill Payne and Fran Tate

Red streamliner rollin'
rollin' down the track the things you see
With your wheels in motion through desert, mountain, ocean
I hear you every night, is it a dream?

Red streamliner rollin' down, comin' down on me
Red streamliner rollin', rollin' long so free
Your past keeps comin' back on me
To far and near, away from here

Where people move a mile a minute
This hurricane livin' with you and me in it
Long into the night, that whistle offers light

Red streamliner rollin'
I wish you'd tell me 'bout the things you see
I'm lookin', lookin' down the tracks you ride
Knowin' that they're your only guide
I see them every night, is it a dream?
And when the sidewalks roll up at night
Just as stations pass by

Once the leader of the wild, wild west
Hurricane livin' been a lifelong song
Now you're cast of steel and cast aside
Broken dreams maybe, but you haven't died

07   New Delhi Freight Train (03:44)

08   Keepin' Up With the Joneses (03:47)

09   Missin' You (02:20)

Carico i commenti...  con calma