Essendo un "aficionados" del sito, dò sempre uno sguardo alla voce Melvins per scrutare se qualche coraggioso si è preso la briga di aggiornare l'interminabile discografia di questi geniacci del grunge (o sludge fate voi).

Molte volte mi è capitato di pensare: "cazzarola ma 'Stag' ancora niente?", quindi, sperando di non fare incazzare nessuno, scrivo sto popò di recensione... così mi distraggo un pò. Questo (ennesimo) "gioiellino" è datato 1996, ed è il terzo uscito per l'Atlantic Records (dopo "Stoner Witch" e "Houdini").

Volendo fare una sorta di paragone con quest'ultimi, diciamo che "Stag" mantiene la solita e piacevolissima "pesantezza" di fondo (e gradevolissime "mazzate" annesse). Questa volta però i nostri creano una sorta di "papocchio" sonoro, certamente voluto e cercato, dopo che la citata major aveva imposto loro qualcosa di più "commerciale" (e qui mi faccio quattro risate).

L'album si apre con "The bit", uno dei pezzi più famosi della band, dall'inizio "orientale" e il riffone-punitivo di Re Buzzo a scandire il ritmo. Da questo momento in poi si andrà avanti tra sbalzi d'umore, sali-scendi pericolosi e massacri in sottofondo. La "giostra" sonora procede con "Bar-X-The Rocking Man", pezzo heavy-scratch, in cui la band dà addirittura fiato alle trombe, per poi passare al riff carico di buoni auspici di "The Bloat", squarciato dal duo Buzzo-basso killer (come a dire: "stavamo solo scherzando"...). "Tipping the lion" e "Black Block", sono due canzoncine leggere-leggere, la prima con stacchetti blues da antologia e dall'incedere soft-noise (tranne il finale irrequieto); la seconda decisamente smielata e poppeggiante (ovviamente da non prendere troppo sul serio). Dico "ovviamente", perchè è la stessa "Googles" che te lo fà capire. Una mazzatona doom registrata in sala-torture (dove tra l'altro si cerca anche di scannare qualcuno). In "Soup" i nostri riempiono damigiane di chissachè nella cantina di Buzzo. Non abbiamo neanche il tempo di provare a indovinare che si (ri)parte fottutamente veloci con "Buck Owens", in pratica il riff di "Revolve" (presente in "Stoner Witch"), "sparato" stavolta a 220 km/h, un basso che non lascia spazio ad eventuali commenti, e annessi calci-in-faccia a go-go.

Con "Sterilized" si ritorna di nuovo in sala-scempi, dove possiamo sentire anche qui i lamenti di qualcuno (ma stavolta più lontani). Nella successiva "Lacrimosa", Re Buzzo, sir Dale Crover e l'ottimo Mark Deutrom (bassista di turno, tra l'altro anche produttore di Ozma) non fanno altro che compiacersi della mattanza ben svolta precedentemente e di festeggiarla con petardi piuttosto massicci che esplodono con una certa regolarità. Un sorrisone grande così vi (ri)tornerà nell'ascoltare "Skin Horse" splendido nel suo inizio pop-rock, che culminerà nel più dolce suono di un carillon con tanto di vocina metallica che mai fu così azzecata (o sei tu Carolina quella che canta?).

L'album si chiude con la mini-suite "Captain Pungent"- "Cottonmouth", molto hard-rock la prima; molto punk-rock all'acqua e sapone la seconda (poi non mi venite a dire che vi sembrano quasi uguali). I brani "riempitivi" da me non citati serviranno solo a darvi il tempo di pronosticare cosa potrebbe succedere "dopo"; del resto quello che succede "dopo" spero di avervelo riassunto bene in questa recensione.

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