Sono dieci anni che non ci parlo, coi Metallica. Son come quei parenti stronzi che hai sempre venerato, portato su un piedistallo, e che a un certo punto ti hanno voltato le spalle, tradito lasciandoti uno squarcio di inguaribile delusione nell'anima. Ho incontrato "Death Magnetic", a una festa, qualche tempo fa, ma ho fatto finta di non conoscerlo neanche. E' vero, negli anni mi è capitato di incrociare casualmente video e passaggi in radio di qualcosa che è riuscito ancora a farmi sussultare. E' successo anche qualche giorno fa.

E allora capita che a un certo punto i conti col passato li devi regolare, e che un armadio non è posto adatto per gli scheletri. Ho ripreso a sfogliare gli album di quando eravamo felici, di quando ci volevamo davvero bene, vivevamo in simbiosi e sì, posso dirlo, ci amavamo. 
Questa non è una valutazione, è una ri-valutazione. Ed è più propriamente uno sfogo che non una recensione.

I giorni felici, che sembravano non dover finire mai, trovavano la loro funerea conclusione nell'estate del 1996. Perché ci son voluti cinque anni per un nuovo album? Nel 1991 i Metallica avevano raggiunto l'apice del loro successo e contemporaneamente iniziato il loro lento declino con l'epocale "Black Album"che con le sue serenate thrash e la sua portata alle orecchie di tutti aveva sdoganato il metal al grande pubblico, segnando l'epoca del grande successo commerciale. Con le sue pecche evidenti, la commercialità in primis, e quelle 12 canzoni che già cedevano alla tentazione di riempire gli album con 3-4 tracce sostanzialmente inutili. 
"Load" di tracce ne presenta addirittura 14. Troppe, per non esserci delle note stonate. Ma aldilà di questo, un nuovo album loro, se fosse stato anche pieno di rutti, avrebbe avuto un successo enorme se pubblicato sull'onda dell'entusiasmo. Invece i nostri non l'hanno cavalcata, l'onda. Si sono ritirati per deliberare, come se a giudicare la loro storia dovessero essere loro, in tutta calma, e non la storia stessa.

L'ascolto di "Load"così come il loro nuovo look, è stata inizialmente capace di scatenare brividi, e non di quelli piacevoli. Quei suoni: le chitarre sporche, quelle batterie che sembravano set di pentole isteriche, in un mare di riff potenzialmente graffianti ma non più coinvolgenti. Era un altro punto di rottura col passato, o più precisamente, un punto di non ritorno.
Devastanti, sebbene acerbi ed esagerati in "Kill em all", album d'esordio che regala il loro manifesto mai superato successivamente (The Four Horsemen), evolvono incredibilmente nel solo anno che li separa da "Ride the lightning", trovando la strada thrash che li porterà dritti al capolavoro Master of Puppets. La continuità dei quattro cavalieri è solo in questi due album. "...And Justice for all" è già un altro capitolo, altri suoni, canzoni interminabili e ostiche, i suoni tremendamente cupi e i testi più ermetici. Con One toccano la totale perfezione stilistica (musica, testo, video da brividi, stavolta quelli veri). "Metallica" è un'altra storia ancora, fatta di compromessi, di ammiccamenti al successo. L'unica continuità tra questi due album è quel colpo di cassa secco che rimbomba come sparo e che è uno dei loro tratti distintivi. (Qualcuno ha notato che in questi due album Ulrich non usa mai il ride? E' sempre e solo, comunque, charleston.)

"Load" è hard-rock per lo più, al massimo heavy, è southern-rock a tratti e nella country ballad Mama Said. E' quello che non ci aspettavamo e neanche quello che volevamo. I re del thrash avevano deposto, da soli, la corona. Eppure, nella sua esasperata track list, non ci sono canzoni orribili, a parte Ronnie. Sì, avremmo fatto a meno di King Nothing, Thorn Within, Wasting my Hate. Ci sono tracce discrete, qualche brano tosto come Cure e qualche esperimento apprezzabile come Hero of the Day; ci sono anche tre piccoli capolavori: Until it Sleeps, Bleeding Me e The Outlaw Torn.

Ad oggi mi sento di fare pace con loro. Non era ciò che mi aspettavo, ma a distanza di 15 anni questo album mi pare sincero, sentito, un cambio che dovevano a loro stessi, essendo coerenti nei propri confronti anche a dispetto del pubblico, che voleva, vuole e vorrà sempre gli anni di "Master of Puppets pulling your string, twisting your mind and smashing your dreams". 

Poco dopo hanno tentato il suicidio con "Re-Load"non tanto per la masochistica irriverenza di autocitarsi in Unforgiven II che, titolo scellerato a parte, è uno dei pochi brani discreti dell'album, ma per l'album in sé, una terribile accozzaglia di scarti di "Load"L'autodistruzione riuscirà con "St.Anger"non un coraggioso album sperimentale, ma un puro atto contro la propria (indimenticata e monumentale) dignità musicale. 
Ma io, con alcuni di quelli, ancora non ci parlo.

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