Our Hopes And Expectations

Finalmente dopo tre anni prende forma il tanto atteso quarto capitolo dei tre del Devon. Il disco parte sulla scia dell’apocalisse di Absolution. “Take A Bow” è splendida e ancora, come ho detto, intrisa dell’album precedente. Un arpeggio di chitarra, la voce di Matt e poi via in un climax schizofrenico che porta ad un esplosione sensoriale di suoni spaziali e catastrofici. Sul secondo binario, dalle rovine della traccia numero uno, parte la canzone più pulita e semplice dell’album, e forse per questo, la più bella e coinvolgente, "Starlight". Un pianoforte fa da substrato alla splendida voce di Bellamy.
Far Away this ship has taken me far away far away from the memories/I’ll never let you go if you promise not to fade away our and expectations, black holes and revelations” .

Con il primo singolo estratto arriviamo in terre di sperimentazione/gothic e semi-dance con Matt in falsetto dall’inizio alla fine. Coinvolgente e profonda è però una delle rivelazioni di questo disco e di questi Muse giunti al 2006. Una scelta importante per farlo uscire come singolo da traino, ma non incomprensibile e, personalmente per me, ha funzionato.
Con un incipit celebrativo parte “Map Of Problematique” una canzone tra le più difficili e belle del disco. “Soldier’s Poem” è l’immancabile eterna “Unintended” dei loro album. Un toccante arpeggio di chitarra una batteria soffusa su cui si incastra a perfezione il canto leggero ma profondo di Matt che però non deve essere troppo tranquillo ma piuttosto arrabbiato mentre canta “there’s no justice in the world and there never was”.

Ed è la traccia numero sei (“Invincibile”) forse la più bella e la più toccante. Dopo un piccolo e breve climax parte questa toccante marcia di tamburi su cui si innesca un crescendo emozionale dove al tamburo si fa la batteria, dove la voce si apre di più, dove il ritmo è più marcato ed è in questo momento che tutto cambia in direzione del prog e i toni, incupendosi, ci lasciano con un batteria che batte arrabbiata. E’ con queste due canzoni, dicono appunto i tre, che si concentra l’intero disco. Sono una l’opposto dell’altra, riflessioni sugli avvenimenti della guerra.
Soldier’s Poem” è la loro solidarietà nei confronti di tutti i soldati che “combattono senza ragione”. Altro brano degno di nota è “Exo-Politics” dove ci è raccontata una possibile invasione aliena in una canzone radicata in una psichedelìa del futuro e dal ritmo crescente ma imbastito dal solito riff. Con cavalli al trotto su un pianeta lontano parte l’ultima traccia del disco portando Morricone oltre i confini della terra.

I Muse ci lasciano forse con un po’ d’amaro in bocca, ma attenzione a non approfondire l’ascolto… chissà se così facendo finiremo risucchiati in un buco nero e finiremo pure per comprendere che i Muse certo non sono più quelli di “Showbiz” ma coraggiosamente vanno avanti per dissetarsi da questo bisogno di nuove sperimentazioni.

Voto: 3.5

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