1968 Anno Domini.

La bella Christa Pfaffgen, ormai nota a tutti con il nome di Nico, una volta finita la sua breve avventura negli scomodi panni dei Velvet Underground e nel pubblicare un album impersonale e scritto a più mani come "Chelsea Girl", scompare per qualche tempo nelle pieghe delle città tentacolari Americane, frequentando strade poco battute anche con i suoi più giovani mentori ed amanti occasionali quali Jim Morrison ed il buon Iggy Pop... compagnie selvagge, che le allargano il campo visivo e la rendono personale, aguzza, sé stessa, finalmente.

Quando torna in circolazione per incidere un disco, chiama il geniale John Cale, fresco di licenziamento da parte di quel simpaticone di Lou Reed dopo quel capolavoro di "White Light/White Heat" per arrangiare musica che LEI ha scritto, da sola, finalmente... ed é da qui (per me) che Nico fa il suo VERO esordio... sembra che la musica fino ad ora in cui ha partecipato non sia mai esistita, nonostante le canzoni già pubblicate, così come la sua voce, da sempre particolare, divenuta ora potente, sicura, appassionata eppure algida, fredda, drogata.

Anche la splendida foto di copertina mostra una persona diversa, gli occhi sebbene non siano spenti, mostrano un abisso nel quale addentrarsi é eccitante e pericoloso al tempo stesso.

Un disco con arrangiamenti arditi, dove la tipica forma-canzone viene lasciata perdere in favore di filastrocche dal sapore sciamanico e senza tempo, in un flusso di suoni, suggestioni e scossoni emotivi dettati da parole oscure, tra una Nico trasformatasi in nera Virago con un harmonium a farle da supporto e Cale tutt'intorno a congiurare magie con ogni strumento classico e non a sua disposizione, donando al platter una.

Dal "Prelude" plumbeo alla musica da camera mesta di "No One Is There", Nico canta di sensazioni più grandi di lei, enigmi difficilmente decifrabili forse anche per sé stessa, in un crescendo tragico di sentimenti opprimenti (neanche la canzone dedicata al piccolo figlio Ari si salva da quel mood malinconico e quasi esoterico), il disco subisce un climax inarrivabile nella musica sino ad allora e da allora insuperato, con "Evening Of Light", una descrizione della fine del tempo in cui Nico e Cale salgono di intensità fino all'impensabile, tanto da impaurire l'ascoltatore, che passivo assiste alla morte di tutto in una danza macabra magistralmente assestata.

Un finale indicativo dello stato emotivo e mentale in cui questa nuova Nico si calerà fino alla fine della sua vita.

Disco sconsigliato ai deboli di cuore, l'emotività sprigionata in questi solchi può avvelenarvi e rendervi dipendenti dall'oscurità che lo avvolge.

Uno dei migliori dischi forse mai incisi.

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