Adattare per lo schermo cinematografico un'opera come il Decameron di Giovanni Boccaccio è come scegliere un paio di canzoni dalla discografia dei Pink Floyd o Battisti, scegliere un quadro tra quelli di Caravaggio o Tiziano, scegliere un film dalla filmografia di Scorsese o Kubrick: è facile.

Provate a leggere la novella di Lisabetta da Messina e del vaso di basilico davanti a un pubblico di bambini o di adolescenti, fategliela recitare, poi osservate cosa succede: la adoreranno. La ricorderanno a memoria, per sempre.

Provate a leggere con loro la novella di Chichibio e la Gru: rideranno anche loro.

L'opera boccaccesca è così vera, naturale e umana che prende per mano e accompagna il regista nelle menti, nei corpi e nei cuori degli spettatori. È un gioco facile.

E infatti il cinema italiano ha da sempre attinto direttamente e a piene mani dalla miniera di trame boccaccesche. Eliminando l'amore profondo per tutto ciò che è profondamente umano del Decameron, sono state utilizzate le novelle come semplici canovacci per produrre delle commedie sexy di altalenante valore.

Ma fare un film sul Decameron è anche parziale. Bisogna fare una selezione: il materiale è così ricco e variegato che non si potrà rimanere totalmente fedeli al lavoro originario. Il film sarà un’opera profondamente personale. Cento novelle, più una, potrebbero essere rappresentate in una serie tv, non in un film.

Nel 1971 Pierpaolo Pasolini affida al cinema il suo adattamento del Decameron. E lo riduce a un film di circa due ore.

Per prima cosa elimina la cornice: via Firenze, via la peste, via la brigata di dieci gentili giovani narratori. Non saranno loro ad unire tutte le storie.

Il filo che collega le novelle è Napoli, una città affollata, rumorosa e colorata: escluse siano dal film le novelle di ambientazione “esotica".

Dà inizio alle danze Il giovane Andreuccio, interpretato dal sempre presente Ninetto Davoli, che da Perugia si trova a Napoli con un bel gruzzoletto da investire. Napoli brulica di persone. Qui viene truffato due volte, ma finisce per diventare ricco. Nella città dove seguiamo le avventure di Andreuccio che gira per la città ricoperto di merda a causa di una beffa subita, ascoltiamo tradurre un'altra novella in strettissimo napoletano: si entra nei conventi medievali. In mezzo alla folla che ascolta c'è un ladruncolo che adesca un femminiello.

Boccaccio aveva preso i voti: ma in questo Medioevo, nel suo Medioevo, tutti accolgono con naturalezza le pulsioni del corpo e la prontezza di intelletto, espressa attraverso motti improvvisi, viene sempre premiata. E si racconta di una badessa che riprende una consorella ma è a sua volta ripresa per il medesimo peccato. La badessa intende il motto della consorella, apprezza la discrezione con cui viene a sua volta ripresa, quindi fa in modo che tutte continuino a divertirsi come meglio riescono.

Passiamo nella campagna campana. Il giovane Musetto sente parlare di un convento di suore molto pedanti. Così si finge sordomuto per poter entrare come garzone dentro questo convento di giovani monache curiose.

Nel frattempo a Napoli, Peronella si sta intrattenendo col proprio amante. L'innamoratissimo e bruttissimo marito rientra prima del previsto. Peronella sarà costretta a nascondere il suo amante e troverà il modo per farsi beffe di quel povero sciocco.

A proposito di sciocchi creduloni, Boccaccio non si esime dal prendere in giro l'ingenuità di tanti santi uomini che si son ritirati dalla vita mondana. Quindi Ciappelletto, un usuraio pederasta, per salvare l'onore dei propri ospiti, si prende gioco di un prete sul letto di morte.

Minore e interrotta dalle altre novelle è quella dell'allievo di Giotto che aspetta la giusta ispirazione: in questa rappresentazione osserviamo un cameo dello stesso Pasolini. E ci si diverte meno, ma si ammira la pragmatica degli uomini medioevali, osservando la storia di Caterina che dorme sul balcone per incontrare il suo amato la notte.

Pragmatici sono gli uomini, ma soprattutto le donne medioevali. Lisabetta, che nonostante l'età ancora non ha avuto marito, si innamora del garzone dei fratelli: Lorenzo. I tre fratelli di Lisabetta si vendicano del suo amante, portando a una tragica fine un amore assoluto e distruttivo.

Infine viene rappresentata una beffa che non ha bisogno di commenti: il furbo Don Gianni cerca di sedurre la moglie di un suo amico, spiegando al suo ospite come riuscire a compiere la metamorfosi della moglie in asinello. I chierici non sempre sono ingenue persone.

In Pasolini è presente una caratteristica peculiare della scuola cinematografica italiana: non tutto ciò che viene mostrato è essenziale per la trama. Come in un documentario, si osservano le strade, i corpi, i visi, gli occhi e i sorrisi.

Ma soprattutto c'è Napoli, Napoli che brulica di persone. Nessun filtro e nessuna selezione viene fatta nella rappresentazione della vita di quesste donne e di questi uomini medioevali. E non ci sono filtri nelle vite di questi personaggi. Le sovrastrutture verso la vera essenza della vita stanno solo sullo sfondo: le regole dettate dalla famiglia, dalla società e dalla chiesa sono aggirate con leggerezza. Da tutti, nessuno escluso. Ci sono solo beffatori e beffati nella commedia umana a cui assistiamo. Questo è un inno a godere della vita nella sua pienezza: gli uomini e le donne medievali boccacceschi sembrano riuscirci, gli uomini e le donne postmoderni molto meno.

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