Sesta prova per i Radiohead, il quintetto capitanato da quel folletto di Thom Yorke. Sesta prova e nuova inversione di tendenza, nel nuovo "Hail To The Thief" che suona con un sound che, attraverso la giusta sintesi tra l'elettronica dei precedenti "Kid A" ed "Amnesiac" e il suono dal vivo di "Pablo Honey", è stato già caratteristico del pluripremiato "Ok Computer".

Il disco inizia a girare, e suona subito più grintoso dei precedenti. Incredibile come in una traccia di tre minuti e mezzo come 2+2=5 (The Lukewarm), la band oxfordiana riesca a inserire senza stonature tre radicali cambi di ritmo, passando dal solito ingresso paranoico, caratterizzato dai lamenti della voce solista di Yorke, a un finale dai ritmi più serrati sottolineati dal cantare più veloce e schizzato.

Dopo un inizio di tale interesse, il disco procede senza pecche e con alcuni picchi di originalità e qualità in Backdrifts(track 4), The Gloaming (t.8) e There There (t.9).

Mentre l'album sembra concludersi senza altri lampi di genio, l'ultima canzone ci regala l'ultima lieta sorpresa dell'album. Infatti, il lamento all'inizio monotono e poi malinconico e un po’ più incazzato di Thom, che canta il testo di "A Wolf at the Door" (It Girl. Rag Doll) tanto graffiante verso la società attuale, da riecheggiare la "Fitter Happier" di O.K. Computer.

I testi, anche se a sprazzi incomprensibili, nel complesso mostrano il talento di Thom come autore. Malinconici e paranoici, ci rappresentano un mondo che sembra la simbiosi tra il nostro mondo e un altro appena uscito dalle descrizioni orwelliane.

A ormai dieci anni dall'esordio di "Pablo Honey", "Hail To The Thief" rappresenta il ritorno alla melodia del quintetto britannico e l'ennesima prova del loro talento e del loro porsi al di fuori di ogni genere ma solo nella lista dei più grandi artisti di tutti i tempi.

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