È questo, e non “Sgt. Pepper”, il vertice (musicale) dei Beatles. Anche Scaruffi è costretto a chiamarlo “capolavoro”.
Difficile pensare che “I’m Only Sleeping” non abbia in qualche modo “stuzzicato” la creatività di Syd Barret e compagni, che, l’anno dopo, andarono oltre i Beatles e il (grande) Pop-rock psichedelico di “Revolver” – anche se sarebbe superficiale dire che in “Revolver” c’è solo la psichedelia. Vi troviamo la ballata (“For no one”), la ballata folk elettrica (“Here, There and Everywhere”), il vaudeville (“Yellow Submarine”), il folk indiano (“Love You too”), il rock blues (“Taxman”), e la classica (“Eleonor Rigby”). Come dice Luca Biagini, il capolavoro dei Beatles è anche “l’album più eterogeneo della loro produzione”. I Beatles potevano combinare un disastro in questa pretenziosità di voler dire qualcosa in ogni genere. Si rimane felicemente increduli ascoltando i risultati ottenuti.
Ciò che stupisce, ancora di più della musica, è la differenza (musicale) tra questo e “Rubber Soul”. Tra i gruppi che conosco, non esiste una differenza così abissale fra un disco e il precedente. Dei ventenni diventati trentenni nell’arco di otto mesi.
Benché “Revolver” sia un capolavoro musicale, non è un disco perfetto. In questo album ci sono alcune discutibili scelte, alcune davvero incomprensibili. Su tutte la mancanza di un capolavoro di rock psichedelico come “Rain”, pubblicata come B-side: bellissima la performance di Ringo, splendido McCartney al basso, e stupendi i primi crash al contrario con “effetto a risucchio”.
Un altro difetto è la presenza di una canzone come “Yellow Submarine”, che abbassa drasticamente lo spessore del disco. Una canzone così gradevole, e senz’altro ben curata, sarebbe stata perfetta come singolo da fare ascoltare ai bambini; sul disco stona davvero. Inoltre, la versione di “Got to Get into My Life” presente nell’Anthology (solo con organo, charleston e voce) è, secondo me, nettamente superiore alla versione del disco; il canto, sobrio e maturo, la rende un capolavoro.
La stessa cosa si può dire di “And Your Bird Can Sing”: la versione rallentata dell’Anthology, con la chitarra scintillante folk-rock, era, come dice Luca Biagini, superiore alla versione (per me anonima) dell’album.
I difetti maggiori sono comunque nei testi. In “Revolver” ci sono alcune cadute. Questo ovviamente non vale quando parliamo di splendidi versi come quelli di “For no one” (l’amore che finisce a causa dell’egoismo di lei), “Eleonor Rigby” (la solitudine raccontata concretamente), “I’m Only Sleeping” (ironia contro chi vive sempre di corsa affannandosi senza ragione), l’ironia di “Taxman” e anche “Tomorrow Never Knows”.
Le cadute riguardano i testi di canzoni come “And Your Bird Can Sing” (che Lennon considerava “spazzatura”), “Good Day Sunshine” (emblema dell’ottimismo immaturo di McCartney), e testi davvero poco ispirati come quelli di “She Said, She Said”, o davvero fatui come “Doctor Robert”. Per i testi, il Lennon di “Revolver” è assolutamente inferiore al Lennon di “Rubber Soul” – e questo regresso mi rattrista un po’: sprecare canzoni così per parlare di niente …
Il valore storico di questo disco è forse superiore a quello musicale. Con “Revolver”, il pop – un genere nato per vendere dischi e per far urlare le ragazzine – diventa arte. Dal pop al Pop (d’autore) per mezzo di “Revolver”. Quando “Revolver” venne pubblicato, provocò le recensioni entusiastiche dei critici di tutto il mondo. D’improvviso gli esperti si accorsero che i Beatles non erano solo quattro idioti zazzeruti; sotto i capelli c’era materia grigia, e definirono alcuni pezzi come “manifestazioni di puro genio” – pur rimanendo in ambito Pop.
Ascoltando “I’m Only Sleeping” (con l’assolo sognante della “chitarra al contrario” che costò sei ore di lavoro per essere scritto) e “Tomorrow Never Knows” (con i violini accelerati, l’effetto “rotante” delle voci, e tutto il resto…) non si può non essere d’accordo. Tuttavia, questo disco non deve essere sopravvalutato, come fanno alcuni critici deliranti che lo esaltano come “il più grande di sempre”. Ci sono tanti dischi superiori, in generi superiori al Pop. Detto ciò, i Beatles di “Revolver” rimangono un miracolo.
I Beatles non raggiungeranno mai più certi piccchi di creatività musicale qui presenti – a parte “Strawberry Fields”, “A Day in the Life”, e “I’m the Walrus”. Se avessero continuato in questa ricerca sonora, oggi, secondo me, li ricorderemmo come i “Pink Floyd del Pop”. In realtà lo sono stati, ma per troppo poco tempo (1966/67).
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