"Noi siamo i figli illegittimi di Boris Becker e giriamo il mondo facendo soldi sul suo nome. Con questo disco cerchiamo la ricompensa che meritiamo". J.Skelly

Dopo una affermazione del genere si potrebbe aver capito tutto dei Coral. Sono schizzati. Dopo Magic And Medicine, che gli è valso la nomination per due brit awards (best group-best album) i sei ragazzi terribili tornano, ognuno con un suo personaggio-alter-ego (Zac Bakpak, Thumb, My Brother The Doctor, Lobos, sono solo alcuni dei nomi dei sei figli illegittimi, fotografati nel booklet).

Terzo (stavolta mini) album in soli 2 anni, Nightfreak And The Sons of Becker è il frutto di sette giorni di registrazione dentro gli Bryn Derwen Studios nel nord del Galles: niente singoli promozionali, niente video, niente di niente. Anzi, se non ci si sbriga a comperarlo si rischia di non trovarlo più: tra un po lo ritireranno dal mercato perché viene considerato un mini album in edizione limitata. 28 minuti e sei secondi in tutto. 28 minuti di musica sognante, pazzoide, blues, rock, lo-fi, avvelenata.

L’album non è facile, ma chi ama i Coral lo sapeva già. Di sicuro è diverso dalle due uscite precedenti. Si potrebbe considerare la perfetta e concisa somma algebrica del ritmo psicotico e instabile del primo con la tranquillità e le atmosfere country-western del secondo. Di sicuro è un album meno completo rispetto a quello omonimo dell’esordio, ma sicuramente finirà con l’essere molto meno palloso e più scorrevole rispetto a Magic And Medicine (che alla lunga stanca e per rimetterlo sul lettore dall’inizio alla fine ce ne vuole).

Le canzoni si differenziano tra di loro in una maniera spaventosa: Lovers Paradise, che chiude il disco, è una canzone blues che potremmo trovare in un vecchio film dove balla e canta Fred Astaire (con tanto di fruscii grammofoniani inclusi), mentre Precious Eyes è la classica Coral song con vari “capovolgimenti di fronte” ritmici-strumentali. Forse la canzone che rende più l’idea dell’intero disco è Auntie’s Operation (scaricatevela magari…), dove in sottofondo ci si mettono anche le sirene della polizia a sporcare il tutto come se ce ne fosse bisogno.

Se Nick Power e le sue tastiere emergevano prepotentemente da Magic And Medicine adesso tocca a Paul Duffy e le sue linee di basso contorte e mai banali (Grey Harpoon) dare la struttura alle canzoni. E poi, personaggi che parlano con delle voci assurde, ritmi rock crudi alla Pavement mischiate al rock dei Doors di Five To One, mischiate ancora a ritmi da festa del liscio del paese.
Insomma un casino. Anzi, un bel casino

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