Gli Heads pestano l'hard psych-stoner-garage più frastornante e godurioso dell'intero sistema solare. Come influenze alla base del loro suono citano gruppi tipo Loop, Spacemen 3, Stooges e Monster Magnet. Pensano alla propria musica come ad un misto di pesante rock psichedelico alcune volte "vagamente stoner" altre volte più crudamente punk e se chiedi loro cosa ne pensano della scena contemporanea, parlano bene soltanto dei Lightning Bolt e degli Oneida. Simon Price (chitarra e voce) possiede un'infinità di distorsori che non manca di listare nelle retrocopertine degli lp – non lo fa più, perché la lista si allungava immancabilmente album dopo album - mentre Hugo Morgan (basso) ha trovato - chissà dove - un vecchio e strano pedale fuzz, l'ha riparato e ormai usa soltanto quello; Wayne Maskell (batteria) invece si è costruito da solo un rullante che – così dice lui - ha la potenza di emettere onde radio ogni solstizio d'estate. Da quando compongono e suonano insieme gli Heads accreditano ogni singolo brano alla band tutta, perché questo è quello che facevano i Black Sabbath prima di loro; la loro etichetta personale poi si chiama Sweet Nuthin' in onore di Fred 'Sonic' Smith (Dio lo abbia in gloria) e della sua leggendaria Sonic's Rendezvous Band. Dal 1995 ad oggi, un'infinità di singoli, eps e albums (su tutti "Relaxing with The Heads", "Everybody Knows We Got Nowhere", "Under Sided" ed il magmatico live-studio "At Last") a formare un arabesco sonoro favoloso, un'anti-carriera consumata nell'underground di Bristol e segnata solo dalla genuinità e dalla passione con cui questi ragazzi "fanno musica" in totale libertà creativa e fuori da tutte le logiche commerciali.

"Under The Stress Of A Headlong Dive" ce li riporta sulla scena attuale come indiscutibili, acidi agitatori ed intergalattici dissonauti del fuzz. Doppio vinile in 180 gr., logo nuovo di zecca e copertina in stile minimal-kraut: i piccoli dettagli dell'innamoramento. Poi una pioggia di energia fuzzedelica che riscuote i primi Sonic Youth ("Earth Sun"), si perde in un trip allucinato e barcollante alla Neu! ("Pass, the Void", gli intervalli di "Kang" e "Cloud"), tira a mille i 13th Floor Elevators ("Return Of The Bemmie") e trasforma gli Spacemen 3 in un meteorite nero schiantatosi dentro una palude di fango ("Swamp of Chutney Morgan"). "We Descend From?" stacca un tempo potentissimo e feroce, con la voce di Simon Price (normalizzata, con quell'accento così ostentatamente inglese e quasi 'annoiato' che è geniale proprio nel conferire l'effetto contrario ai suoi pattern) a condurre e riorganizzare uno sbrodolìo pazzesco di chitarre wah-fuzz-wah che di colpo intercedono per una marcia funk e poi riesplodono col doppio della potenza. Poi, i venti minuti di "Stodgy" portano gli Stooges nella sala prove dei Can (ipotesi che sta a me come ad un cattolico la visione della Madonna, credo) per poi andare tutti a bere a casa dei Monster Magnet con la conclusiva “Creating In The Eternal Now Is Always Heavy” che suona come manifesto della band già dal titolo.

74 (i numeri, la cabala...) minuti di attitudine pesantissima al groove coagulata con una spasmodica e riuscita ricerca del free-form più dilatato; effetti elettronici ed analogici a creare un tappeto da trip psichedelico, acustiche "da cantina" miste ad una iperproduzione stratificata del suono, sporchissimi riff garage intermezzati da soundscapes siderali e percussioni ultratribali soffocate. Ci metti una settimana ad individuare tutti i suoni che spuntano in soli quattro minuti di ciascun singolo brano. Li amo, davvero.

Disco del mese e (salvo improvvisa pioggia di rane) dell'anno.

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