"Life Is So Unkind"... cominciamo dalla fine.

Il brano conclusivo di questo solitario lavoro firmato The Norman Haines Band, è uno sconsolato ed inconsapevole epitaffio di quel genio incompreso di Norman Haines, stralunato pianista di Birmingham. Il brano è una morbida composizione per organo e piano elettrificato, che vede il solo Haines addentrarsi in territori che stanno in bilico fra sperimentazione avanguardistica colta e deviazioni cosmiche "kraute", quasi a voler lasciare un'impronta sul nuovo che stava avanzando nella musica rock.

Il resto del lavoro è una serie di gemme preziose, tutte in equilibrio instabile fra progressive, reminiscenze psichedeliche, jazz, pop cinematografico e vigorose incursioni blues; di cui Haines è sempre stato innamorato. La title-track ne è il fulgido esempio. . . la poderosa sezione ritmica, formata da Andy Huges al basso e Jimmy Skidmore alla batteria, sostiene le divagazioni del piano di Haines e la soffice schizofrenia della chitarra di Neil Clarke, con la voce che interviene quasi come un ospite, a metà strada fra quella dei primi Deep Purple e quella dei Traffic di Winwood (figura con la quale Haines ha sempre dovuto fare i conti). La struggente "Everything You See" è una vibrante rilettura di "Mr. Armageddon", brano dei Locomotive, dove Haines abbandona ogni remora e lascia che le sue mani disegnino un'onda fluida sui tasti dell'organo distorto; mentre la desolazione di "Bourgeois" è uno splendido esercizio folk, con la voce ospite di Andy Hughes ad arricchire l'atmosfera di drammatica teatralità. . . che ci conduce in una desertica landa morriconiana per il finale. Non manca la melodia di forte impronta beatlesiana "Abbey Road-Style" in "Finding My Way Home", dove Alex Chilton supportato dai Byrds in versione country sembra interpretare un inedito Lennon-McCartney o quella più rarefatta da fumoso night club di "Elaine". Il masterpiece dell'album risiede nei 13 apocalittici minuti di "Rabbits", dove Haines e soci triturano tutto il triturabile, passando dal blues-mod degli Yardbirds a quello hard degli Zeppelin, attraversando lunghi tratti di psichedelia à la maniera dei Cream, non dimenticando di trascurare i maestri del Delta...

Uscito nel 1971 per la Parlophone e ristampato nel 2004 (anche in vinile) dalla Radioactive Records con una splendida copertina (che all'epoca ebbe parecchi problemi di censura più o meno esplicita), l'elenco di brani degni di nota contenuti è ancora lungo, ma credo che quanto detto basti a scatenare la curiosità dei più attenti...

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