56 orfani. . . sono davvero tanti. Ce n'è da riempire tre camerate e allora organizziamoci, di là gli attaccabrighe, in mezzo gli strilloni, in fondo i bastardi. . . e va già meglio, perché almeno adesso c'è una sistemazione per la notte, ma tutta questa umanità vociante e rumorosa, è piena di storie da raccontare, ognuno ha la sua, bizzarra, paurosa, tormentata, allucinata. . .

. . . ma tutte le storie hanno la stessa voce, quella di Tom Waits. In cantiere da anni, Orphans è una monumentale opera che raccoglie tutte (o quasi) le canzoni che l'artista californiano ha disseminato in film, opere, tributi e quant'altro e che non avevano mai trovato una sistemazione organica e degna di questo nome. Orfane, per l'appunto. Molti ricorderanno fra queste "Fall Of Troy" da "Dead Man Walking", "You Can't Never Hold Back Spring" da "La Tigre e la neve" o la bellissima "Little Drop Of Poison" da "Shrek 2". E' chiaro che i waitsiani più fedeli e dedicati saranno già in possesso di gran parte di quel materiale ma a queste rarità si aggiungono ben 30 pezzi nuovi, come la splendida e dolente "Road To Peace", anche questi frutto dell'ormai storico binomio autoriale con la moglie Kathleen Brennan. Il cofanetto è composto di tre differenti album, che all'ascolto si rivelano come altrettante opere a sé stanti e perfettamente autonome, ciascuna caratterizzata da un suo mood peculiare.

"Brawlers" infatti è l'album del cantautore blues/rock dal suono sporco e rugginoso, "Bawlers" ci restituisce il Tom Waits iconico pianista delle ballate notturne e fumose mentre "Bastards" rappresenta il musicista sperimentale, il genio folle e bizzarro che declama Kerouac e Bukowski in salsa di delirio sonoro. Ce n'è per tutti insomma, per tutti i gusti e gli umori, e anche per i feticisti del disco perché la confezione è preziosa almeno quanto il contenuto: la robusta confezione a libro, cartonata, contiene oltre ai tre CD un corposissimo booklet, contenente tutti i testi e un bell'album fotografico, stampato su ottima carta opaca. Il menu è completato da alcune reinterpretazioni che spaziano dai Ramones a Kurt Weill fino a gospel e canzoni tradizionali, tutte perfettamente smontate e rimontate a misura di rain dog, anche con l'aiuto dei musicisti coinvolti, che poi sono in gran parte fidati compagni d'avventura come Marc Ribot, Larry Taylor, Joe Gore, Greg Cohen e tanti altri "ospiti" come John Hammond e Les Claypool.

Siamo di fronte insomma a un'opera imponente, un affresco di umanità e poesia che non è nemmeno facile cogliere nel suo insieme: le tre ore di musica di Orphans sarebbero bastanti per qualità e quantità a garantire da sole un'intera e gloriosa carriera su cui vivere di rendita a chiunque. Mille sono le suggestioni, i personaggi che popolano queste canzoni che spesso sono dei veri e propri racconti; innumerevoli le ispirazioni, così come i tanti volti di questo straordinario poeta e musicista capace di dare vita alle inquietudini più nere come alle passioni più candide, sempre con la stessa vivida forza evocativa che fa passare sotto i nostri occhi storie bizzarre, crudeli, commoventi, gotiche, strampalate, drammaticamente vere o fantasiosamente metaforiche, ma sempre capaci di parlare all'intelletto, allo stomaco e al cuore. In altre parole, Tom Waits.

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