Etichetta: Volcano / Sony BMG
Anno: 2006
Durata: 75:52
Genere: Progressive Rock
1. Vicarious
2. Jambi
3. Wings for Marie
4. 10000 Days (Wings for Marie Pt.2)
5. The Pot
6. Lipan Conjuring
7. Blame Hoffman
8. Rosetta Stoned
9. Intension
10. Right in two
11. Viginti Tres
Maynard James Keenan - vocals
Adam Jones - guitars
Justin Chancellor - bass
Danny Carey - drums
Introduzione
Ci sono dischi che in un paio di ascolti esauriscono la carica, la loro vitalità evaporata dalle casse dello stereo dopo che i semplici trucchetti che li compongono sono stati svelati.
Ve ne sono altri però, di cui nemmeno una serie di riproduzioni a due cifre consente la comprensione totale, e l'insistenza con cui il Cd passa e ripassa in camera, in auto, nelle cuffie andando al lavoro o prima di addormentarsi non è che un eterno tentativo di svelarne il mistero, la cui indecifrabilità è la ragione stessa dell'attrattività del genio; anche risoltolo, rimane inconsciamente l'adorazione per un'entità superiore al meccanico consumismo materialista, e anche quando, tempo dopo il primo approccio, ogni minimo passaggio fa capolino nell'encefalo un istante prima di risentirlo, è proprio questo ricordo a sopire la sete di emozione di chi si mette in ascolto: "10.000 Days" appartiene, grazie al cielo, a questa categoria.
In un ottica temporale, il nuovo LP dei Tool è più figlio dei suoi predecessori di quanto lo fossero questi, e rispetto ad essi si osserva già ad un primo ascolto una certa attenuazione dell'effetto sorpresa: la band losangelina ricomincia dai suoni alienanti, gelidi e tribali di "Lateralus" ma recupera in parte l'armageddon sonoro di "Aenima" e più inaspettatamente le strutture metalliche dirette e dilanianti di "Undertow" e "Opiate", con sonorità aperte e decisamente heavy, all'apparenza semplici ma frutto di ore spese sugli arrangiamenti.
Insomma, tanto le opere precedenti si discostavano una dall'altra, tanto questa si avvicina a tutte quante e la caccia ai riferimenti a brani passati appare lunga: spesso ci sono richiami alla titletrack di "Aenima", ma anche ai riffing bastardi di "Prison Sex" o ai suoni glaciali e futuristi di "The Grudge", oltre ad alcune soluzioni d'insieme (il groove miracoloso - e a lunga conservazione - di "Schism") che si manifestano come piccoli deja-vu.
Il quadro d'insieme non si ferma naturalmente qui, perchè la novità c'è anche tra queste tracce ed è una crescente propensione al dinamismo delle strutture, con un ampliamento della gamma sonora accostabile alla psichedelia dell'acid rock (Grateful Dead) e alla delirante musica modale, effetto della ulteriore dilatazione dei tempi di svolgimento dei pezzi che, unendo le varie tracce ("Wings for Marie Pt. 1 e Pt. 2", "Lost Keys" e "Rosetta Stoned", "Intension" e "Right in Two"), superano il quarto d'ora di durata in più riprese.
Anche l'azione individuale dei quattro californiani lascia emergere questi elementi: il sound di Adam sembra il meno progredito del collettivo, ma anche se gli accordi più heavy e le altre soluzioni personali si è ormai imparato a conoscerli da qualche anno, il sincretismo di cui è imbevuto l'LP gonfia il lato più edonistico dell'ascolto, lasciando vagolare i canali uditivi in balia delle sue furbissime mani: mani educate, che cucinano primi piatti zeppeliniani (con un tocco di nouvelle cousine alla Soundgarden) e maleodoranti zuppe sabbathiane, ricordandosi dei vecchi compagni di viaggio Life of Agony, Alice In Chains e soprattutto dell' arcaico post punk alla Black Flag (o la Rollins Band) che, nato già stanchino, era stato rivisto dai Tool esordienti in maniera piuttosto stimolante. Sopra a tutto, un flavour progressivo figlio cattivo dei King Crimson.
Maynard spicca, come sempre, in ciascuna composizione: camaleonte della spiaggia di Malibu, Zelig del rock moderno. Con ossessiva puntualità cambia spoglie in continuazione facendo sfoggio delle sue capacità tonali ed interpretative: sussurra, incalza gli strumenti, si commuove, grida rabbioso, liscia i timpani all'ascoltatore con le caratteristiche armonie ma continua e rendersi irriconoscibile, con due corde vocali ora di bimbo, vecchio, eunuco, donna, androgino. C'è la non remota possibilità che sia lui il vero artefice del successo di "10.000 Days", andando a sopperire con finissimo talento a qualche momento eccessivamente monocorde e illuminando la giusta strada per evitare di smarrirsi tra le lunghe partiture, come se gli altri costruissero un corridoio totalmente buio in cui la sua voce è la lanterna che conduce alla uscita. Piuttosto netto il cambio di rotta rispetto a "Lateralus", dove la sua robotica interpretazione contribuiva ad ingrossare il forte disagio psichico che scaturiva da quelle tracce.
Di Danny si potrebbe pensare che dopo l'ultima fatica avesse ormai terminato il suo percorso evolutivo, ma la realtà è tutta diversa: forse il meraviglioso batterista è diventato nero, si è disegnato il corpo e fatto dei buchi enormi nei lobi, perchè suona come se lo avessero teletrasportato da un falò tribale dell'Uganda; a sprazzi invece, ecco spuntargli la barba, il capello lungo e mutare in un meshuggano sporco e tecnico che picchia come un ossesso...ma sempre davanti ad un fuoco nel deserto! E' semplicemente incredibile osservare l'evoluzione dello stile di questo musicista a partire dalla performance di "Opiate", in cui - da ottimo batterista heavy metal qual'è - teneva il tempo con perizia e gusto, mettendosi in luce con l'utilizzo di tutte le soluzioni tipiche del genere (vorticose rullate stile Lombardo, utilizzo frenetico dei suoni aperti e doppio pedale a carrettate), fino ai patterns - così dispari da pareggiarsi - elettronici e percussionistici che sfodera nei momenti conclusivi di questo "10000 Days", e all'approdo ad una tecnica personale e indiscutibilmente ermetica.
Un lavoraccio per Justin rimanere alle calcagna di un simile mostro delle pelli, ma l'ultimo arrivato (si fa per dire, dopo dieci anni) non si esime dalle sue responsabilità, sforzandosi anzi di apparire e conseguendo il dominio del disco in alcuni passaggi memorabili - su tutti la titletrack - in cui il marchio del suo strumento si stampa indelebile: non passa un solo secondo senza che il basso ricordi la sua importanza che se nella maggior parte dei gruppi viene sistematicamente trascurata, è invece fondamentale per la riuscita definitiva del Tool sound, così profondamente oscuro.
Piccola parentesi riguardo l'artwork: la confezione è un digipack rigidissimo e praticamente indeteriorabile; il libretto - su carta lucida e spessa - è diviso verticalmente in due parti per ciascuna pagina con le stesse immagini (foto e graphic art) riprodotte a destra e a sinistra: queste si possono fruire al meglio con le due lenti stereoscopiche allegate, facendosi un viaggetto con gli occhi oltre che con la mente. Il disegno più ricorrente è quello di copertina, con una sorta di giano bifronte con occhi sparsi ovunque, una mistura della simbologia di "Lateralus" ed Aenima, che - il forse è d'obbligo - sembra voler richiamare il tema della doppiezza e dell'ipocrisia, ricorrente in alcuni momenti, ma anche - quando nella figura a colori dell'interno è riprodotto all'infinito a mò di galleria - del divino.
Sarebbe un'ingiustizia assoluta fermarsi così, dopo una disamina superficiale e generale, senza riconoscere a ciascun brano la sua imponente ridondanza, quasi che ognuno di essi volesse spiccare oscurando la luminosità degli altri, in una lotta fratricida tra vanitosi pezzi d'arte.
I
E' leggerina - ma strisciante ed astiosa - la chitarra in testa al primo brano "Vicarious" ma il trillo crescente della sveglia (se si vuole, un richiamo a "Time" dei Pink Floyd), come lo si udirebbe uscendo progressivamente dal sonno, provoca una clamorosa esplosione di coscienza, e per tutti gli inetti i cui neuroni pisolano insofferenti al genio giunge in pochi secondi il momento di scegliere: ascoltare o giudicare, sonnecchiare con indolenza o vivere quest'esperienza nuova? La melodia sedicente scorre fluida, luminosa tra le colate di acciaio del basso, e una timida vocina passata alla cartavetra e totalmente priva di armonia la segue, guizzando qua e là - "i need to watch things die" - per poi tornarsene composta sul rigo. Solo pochi minuti, è già finita... no, il fiume si stringe ma aumenta la portata, con piccole raffiche i tamburi scandiscono una nuova marcia, manca il fiato, le parole si frantumano e si ricompongono, regrediscono sulla sillaba spensierata e disperata - "lalalalalalalalalai"- appoggio sicuro nel marasma del caos ritmico in corso. Tra un vociare confuso riappare la chitarra ariosa per un poco: la sveglia squilla di nuovo, gli ultimi 100 secondi progrediscono su un sentiero che ci è già chiaro ma che vogliamo ripercorrere sotto una nuova luce e mentre i guizzi vocali raggiungono vette magnifiche e lontane un delirio ritmico riavvolge ogni impressione, ne fa tabula rasa e scava il solco per accogliere il verbo che segue.
Manifesto dell'ipocrisia - se non della ignobile soddisfazione - che ci pervade di fronte alle tragedie altrui, "Vicarious" ha un testo che Silvia Vada e la redazione di Studio Aperto potrebbero adottare come Statuto, e con loro tutti quelli che come vampiri si nutrono delle disgrazie dell'umanità. Strofe dirette e senza alcuna necessità di interpretazione, come mai erano state scritte dai tempi di "Hush", frasi ad effetto, inviti a riflettere ("Why can't we just admit it?"), ironici crescendo di pathos ("Cause I need to watch things die... from a distance" - "I need to watch things die... from a good safe distance" )e cantilene di indifferenza sfociano nel disvelamento finale di "Much better you than i". La domanda fastidiosa, che si deposita nella coscienza, è: davvero ci piace vivere sedendoci su una poltrona e demandando le sorti del mondo e della vita umana alla TV (da qui, appunto, "Vicarious") mentre ci avviamo alll'autodistruzione?
II
"Jambi" attacca con forza (perfetto l'incastro con la conclusione di "Vicarious"), le sei corde che vibrano irregolari e distorte; quindi, con un pò di timore, le percussioni ticchettanti fanno il loro ingresso e mentre sussurri di parole gentili evaporano, decanta la sensazione - profetica - che vi sia un brusco temporale in arrivo; solo una breve pausa ed eccolo, no, è solo un vago rannuvolarsi, ma il tempo sta cambiando.
La voce si impunta - "wish it away, wish it away, wish it away, wish it all away", si distrae per un istante ma, subito, con una magia indescrivibilmente lirica riprende in tono perentorio (e con incommensurabile splendore) le lettere e il significato dei versi precedenti - "if i could i wish it all away" (un passaggio da tramandare ai posteri) - ed eccoli, i lampi e i tuoni che squarciano l'atmosfera - "Dim my eyes" - e aprono la strada per il cielo ad un assolo in modulazione vocale. Una nuova stasi? No, è la progressione baby, che come per la traccia precedente preme sui lombi e fa ascendere il corpo ormai prigioniero di un'infatuazione musicale fino al climax conclusivo.
Tanto era facile decifrare il significato della precedente, tanto è difficile provarci con questa: vale comunque la pena perdere un pò di tempo ragionandoci sopra.
"Jambi" è un genio della lampada (in questo senso si potrebbe capire il tema ricorrente del "wish it all away"), ma è anche una regione dell'Indonesia ("Feast like a sultan I do"); si parla di un patto con il diavolo - "Tempted the devil with my song and got what I wanted all along" - ma di un pentimento ("if i could i wish it away") per il quale ringraziare il figlio Devo o la madre ("You're my peace of mind, my home,my center (I said) I'm just trying to hold on. One more day"). Appare il tema dei Due che si fanno Uno - "Shine until the two become one " - risalente al passato di "Schism" e che ritorna in "Right in two"). Fatti i dovuti conti, si direbbe un brano positivo, quasi la narrazione di una conversione religiosa...oppure c'è una chiave di lettura che ne ribalta il significato e ci riconsegna il solito acido e anti-cristiano Maynard?
III
"Wings for Marie" è un'estasi infinita: sedici angosciosi minuti di speranza, illusione, semplici ricordi e dolci rievocazioni, attimi di sincera umanità che traboccano da un magma sonoro di una grandeur inaspettata, psichedelica, acida ma tragicamente reale. Addentradovisi si accetta di partecipare ad un cerimoniale che non aspettava altro che il nostro assenso: la "Pt.1" prende il volo con una semplice pulsazione elettronica, cuore distrutto ma battente di chi si prepara all'immersione in una nuova realtà, in cui sublimare paure e tragedie della vita; un arpeggio ossessivo, visionario e di ampio respiro, piccole goccie di lirismo distillate da ciascuno dei quattro sacerdoti nell'atto di sollevare il devoto con lentezza sfiancante, su, sempre più in alto, fino a mollare la presa in un colpo, così, lasciandolo cadere nel bagno sacro dell'arte che purifica ed eleva lo spirito, in un tonfo perfettamente sordo di corde elettriche e pelli che scuote, fa temere l'affogamento, finchè l'agire sapiente dei druidi riporta l'iniziato all'aria, per all'ascolto della successiva "Pt.2".
Sono i divini Adam e Justin (stre-pi-to-so) a concelebrare il rito sotto un turbinio di tuoni e una pioggia scrosciante, mentre Maynard incalzante trascina per mano l'adepto su un percorso familiare, dove alle salmodie preconciliari del padre Roger Waters e all'eresia mastondontica della setta dei Neurosis, i nuovi utensili del rock aggiungono una sensibilità modernista (e un sound perfetto), dove la mancanza di grandi variazioni armoniche è una levitazione lentissima ma costante verso un mondo di percussioni che si rincorrono e rubano la scena ai versetti solitari del fenomenale chitarrista, finchè il novizio non viene rigettato con maggior forza nella vasca, in un percorso a ritroso anti-simmetrico che decade in una poesia triste e malinconica ("Allheluja, it's time for you to pull me home"), a chiudere il cerchio di parole da cui il rito aveva preso le mosse.
Niente di strano, anzi lo sarebbe il contrario, se (dopo svariati ascolti) al termine di "Wings for marie" vorrete fermare lo stereo: è necessario riflettere, sentire stratificarsi dentro di sè nuovi pensieri di (ir)realtà, o anche solo accorgersi che abbiamo trattenuto il fiato, dobbiamo deglutire la saliva che è rimasta immobile tra guance e gengive e sentire l'aria che ci dà la vita, rigenerandosi in una nuova esistenza dopo questo estenuante rituale.
Piccola parentesi enigmatica: il giro di chitarra della "Pt.1" si incastra perfettamente con quello di basso della "Pt.2", ed infatti ritorna nella seconda metà di questa; si dice - a voi verificarne la validità - che si possano ascoltare le due tracce sovrapposte con ottimi risultati e che, terminata la Pt.1, sulla continuazione della Pt.2 si possa aggiungere "Viginti Tres" ed effettivamente anche i tempi combaciano: sommando la "Pt.1" e "Viginti Tres" (6:10 + 5:03) si ottiene 11:13, che è appunto la durata della "Pt.2".
Non siamo ai livelli della sequenza di Fibonacci di Lateralus ma forse è più di una coincidenza, provare per credere...
"Wings for Marie" è una dichiarazione dell'amore di un figlio per una madre (Judith Marie Keenan)che dopo 10000 giorni di paralisi dovuta ad un incidente, ha lasciato questo mondo pochi mesi prima: un epigrafe che Maynard scrive con tutte le parole d'amore che possiede, come a voler dimostrare il proprio affetto controverso, pentito forsedi non averlo fatto prima.
In "Judith" degli A Perfect Circle, Maynard si scagliava contro la madre e - soprattutto - la sua fede religiosa: ora sussurra parole dolci di angeli, luce, preghiere, con la gratitudine di chi sa che la donna non ha avuto una vita propria per trent'anni ("Didn't have a life, didnt have a life") ma, con la fede, l'esempio, la sola presenza, ha salvato ("but surely saved one") la sua.
Non è una conversione religiosa, anche se con alcuni versi - "This little light of mine, the gift you passed onto me, i'll let it shine, to guide you safely on your way. Your way home." - ci si avvicina di molto: sembra piuttosto un'affettuosa adozione del sentire di una persona amata, la cui vita di dedizione e sofferenza - superato il rifiuto iniziale per il destino assegnatole - appare al figlio come un inferno ("Ten thousand days in the fire is long enough.You're going home."); è per questo che in un ultimo desiderio affettuoso, si spera che quella persona abbia dopo la morte la ricompensa attesa, e la si incoraggia persino a reclamare le sue ali. Proprio su tale reclamo (forgiato in un'empatia familiare di incommensurabile bellezza) è clamorosa l'interazione tra musica e parole (con doppia voce): "Shake your fist at the gates saying. I have come home now. Fetch me the spirit, the son, and the father.Tell them their pillar of faith has ascended.It's time now, my time now.Give me my, give me my, wings.", una progressione esaltante (brivido obbligatorio), una preghiera che mentre augura il paradiso a Marie (e con un pò di bonaria commozione la immaginiamo proprio mentre agita il pugno chiedendo il dovuto), ce ne offre una porzione terrena con un climax musicale che sa tanto di arte.
Per la soundtrack del mio funerale pensavo fino a poco tempo fa ad una modesta Messa da Requiem di Mozart: l'uscita di questo pezzo ha incrinato la sicurezza della mia scelta...
IV
Come una detonazione le parole (estremamente preziosa la traccia vocale in background che, quasi inudibile, anticipa il verso che segue) in tonalità altissima di MJK scuotono il pulviscolo della stanza, segnando il passo del nuovo affresco "The Pot". Supportata prima da percussioni tribali e poi da un basso ribollente, la cantata si insuperbisce quasi stizzita mentre la chitarra langue e interviene svogliata ma incalzante: nella terza strofa però, proprio le pennate (dopo tanti funambolismi sonori, con grande classe Adam estrae dalla sua Gibson-cilindro un vero riff-coniglio bianco) diventano protagoniste e il pezzo muta in una grande prova corale, perfettamente scritta ed arrangiata, senza particolari cambi o stranezze ma compatta e sicura sulla sua strada: è piacevole inseguirla nei passaggi conclusivi tra brusche frenate - "Liar, lawyer, mirror show me / What's the difference?" - e corposi rinvigorimenti fino alla potente chiusura.
Diversi i momenti di amarcorde e molto evidente l'assonanza con piccole gemme del passato, in particolare "Opiate" (e qualcosa di "Dirt" degli AIC), oltre alla volontà di colpire con una canzone semplicemente "bella", dopo tanta grandeur.
Non si parla necessariamente di uso e abuso di droga in questa canzone e l'erba appare come uno stratagemma per parlare di ipocrisia. Con metafore e aforismi Maynard dipinge il quadro di un ipocrita che agita il dito contro gli altri ("Who are you to wave you finger?"), pur colpevole di atti disdicevoli ("Rob the grave to snow the cradle / Then burn the evidence down") per i quali non esita a pararsi il fondoschiena. Solo che davanti allo specchio ("Mirror, for you what's the difference?") l'ipocrita realizza le sue colpe, la palude buia in cui ha immerso la sua vita, e piange ricordandosi delle critiche mosse dalle persone vicine riguardo al suo comportamento falso e autoreferenziale e realizzando che, forse, quello davvero fuori di testa ("You must have been high") è lui stesso.
V
La pausa che non ci è stata concessa in precedenza arriva a questo punto mentre la fame di espansione della conoscenza cresce: ecco allora uno stranissimo canto dialettale molto vocalico, probabilmente in lingua Enochian, che prepara lo stream of consciousness a cui stiamo per assistere; un filler, ma ce ne fossero di tanto pregnanti.
Ecco che di colpo veniamo catapultati in un ospedale, al capezzale di un uomo in totale disordine mentale, restio a rispondere alle domande del personale medico: in sottofondo, rumori ambientali di corsia e l'estenuante feedback di chitarra - sovrapposto ad un arpeggio elettrico - che procede a fare tabula rasa della tonnellata di input ricevuti fino ad ora, mentre il medico chiede al paziente il perchè di quel suo stato: la risposta arriva con quel "Picture this if you will" che alza il sipario su "Rosetta Stoned". Un disordinato flusso di coscienza, apparentemente un copia e incolla senza capo nè coda; nella realtà un complesso assembramento di partiture piuttosto differenti, amalgamate solo dalle dita del chitarrista che tessono uno sfuggevole filo conduttore che solo per miracolo non perde l'unitarietà. Sono infatti nell'ordine delle due cifre le variazioni in cui si dilettano gli altri tre Tool, dalla voce roca e nervosa effettata con sovraincisioni multiple (mirabile nel riprodurre lo sconvongilmente del protagonista per quanto accadutogli) che spoglia di ogni sicurezza l'ascolto, passando per urla sgraziate, cantilene allucinogene - "He looked right through me[...]Cause this shit never happens to me", fredde ripetizioni ("Shit the bed") e un'unica, grande, parte melodica ad alta tensione; inutile sottolineare nuovamente il laborioso ritmare di Danny, che - utilizzando credo la maggior parte della suo drum-kit - riesce a farsi notare anche in mezzo a questa entropia matematica.
Il racconto è una mistura di piani narrativi ed è meglio cautelarsi dal dare una spiegazione immediata al senso: "Rosetta Stones" è comunque un'anagramma che sta per "Alien OR ExTraterrestrial TESTS ON Dave". Il flusso di coscienza maynardiano è infatti il racconto di un incontro del quinto tipo con intelligenze extradimensionali, che i losangelini non mancano di infarcire di ironia - "They chose me, and I didn't even graduate from fucking high school" - toccando punte di comicità sul climax musicale dove MJK grida "Overwhelmed as one would be, placed in my position. Such a heavy burden now to be, the one. Born to bear and write you all the details of our ending.To write it down for all the world to see. But I forgot my pen! Shit the bed again... typical.". Potrebbe nascondere altro? Non è escluso, ma per ora accontentiamoci del trip micidiale che possiamo intraprendere al solo ascolto.
VI
Quando arriva "Intension" capisci che ci si sta preparando al gran finale. E' un pezzo simile ad una malattia, difficile da far penetrare nel sangue: l'immuno-sistema che vuole una musica di facile intrattenimento, tutta ritornelli e suoni educati, condiziona anche le orecchie più allenate e prima che l'infezione invada corpo e mente sono necessari più ascolti meditati. La chiave di lettura è quell'incessante "Pure as we begin" recitato come una mantra, quasi ad avviare il - lungo - processo di uscita dal disco: diversi minuti di tappeto sonoro dalla trama costante non sono null'altro che una lunga preparazione-depurazione alla traccia seguente, e quando sul finale i patterns di batteria elettronica scivolano armonicamente fuori ritmo fino a spegnersi ci si aspetta qualcosa di grande, per concludere questa esperienza artistica con un tocco magico.
Le note sbocciano letteralmente dalla chitarra di Adam quando si disvela "Right in two": una mistura di corde metalliche e vocali (per un verso assonante alla titletrack di "Lateralus") dalla pregiata finezza melodica, che in un unico giro condensa magistralmente un turbinio di emozioni, ulteriormente ingigantito dall'attacco di un Maynard versione A Perfect Circle; quello che in "Intension" era la parte elettronica, qui è un incertissimo percuotere di legni in un tempo astruso che spiazza, finchè soverchiato dal progressivo ingresso degli strumenti elettrici non arriva la tanto attesa deflagrazione definitiva: è un solo, semplice, riff dispari che in due pennate sembra riassumere tutto il caledoscopoico insieme dei suoni di "10000 Days" a partire da "Vicarious", ed è da questo punto che in un paio di minuti sfilano come diapositive le immagini distorte dell'intero viaggio affrontato, fino al botto finale, simile all'aprirsi improvviso ed istantaneo di un fiore di mille petali che poi sfiorisce lentamente, lasciando agli strappi delle corde di Justin l'onore di calare il sipario.
Questo capitolo finale, a meno di rivelazioni successive (l'invito a rifletterci personalmente è sempre valido), sembra trattare piuttosto chiaramente di evoluzione umana - "Spark becomes a flame.Flame becomes a fire.Forge a blade to slay the stranger.Take whatever we desire": luce, caos, ritorno alla purezza iniziale, e nel mezzo l'agire dell'uomo, con i suoi progressi, senza dimenticare una nota di pessimismo, che prefigura l'eterna guerra del possesso di cui è costellata la storia dell'umanità. E' nella seconda parte che si approfondisce il tema, dissertando della capacità umana di dividere in due anche ciò che è unico ("Cut it all right in two"o "Where there's One you're bound to divide it Right in Two": un malcelato riferimento alle religioni?), spendendo il proprio tempo sulla terra ad uccidersi (il verso "Monkey killing monkey killing monkey over pieces of the ground."mi sembra originale e anche piuttosto adatto) per qualunque cosa ("Fight over the clouds, over wind, over sky.Fight over life, over blood, over air.Fight over love, over sun, over another.Fight over.. "); il punto di osservazione è quello degli angeli, sconvolti di fronte a questa visione.
Curiosa anche l'idea di porre in sottofondo un messaggio subliminale riprodotto all'inverso che invece di diffondere il male recita in loop: "Work hard, Stay in school, Listen to your mother, your father is right/rising/right, son... Jesus loves you... Work hard, Stay in school, Listen to your mother, your father is right/rising/right son...".
Anche tra tanta disillusione e profonda significatività i Tool non hanno perso la voglia di scherzare.
VII
"Viginti Tres" è il suono di un respiro meccanico e profondo, su cui coordinare sistole, diastole e respirazione, in una sorta di rieducazione alla vita che prepara per il meglio a quel rumorino stridulo che produce lo stereo alla fine del Cd e che, dopo 75:52 di sconvolgimenti, può provocare gravi scompensi...
Epilogo
Da sempre quando si parla di capolavori c'è chi interviene fuori dal coro per dire quanto non gli vada a genio quel tal quadro, il secondo disco di quella band o anche la modella che imperversa sui media al momento: "non è il mio genere, il mio tipo ideale è differente, de gustibus..." e tante altre scontate prese di posizione che appaiono più che altro come tentativi di affermare la propria incerta identità. E' chiaro che lo scopo stesso del rock avanguardistico dei Tool è esaltare l'intimità della persona e la mediazione che il sentire di ciascuno opera sulla musica che assorbe, facendone un'esperienza per definizione intima e individuale: proprio questo significa che "10.000 Days" è oggettivamente un disco eccellente in quanto ha successo nello stimolare una gamma di reazioni emozionali grazie alla perizia dei suoi autori. E' pure evidente ormai che i Tool guardano ormai tutto il mondo del rock dall'alto verso il basso.
C'è ancora spazio allora, in mezzo a questo moderno trionfo della soggettività, per riconoscere il Bello? Sono profondamente convinto di sì, e finchè potrò adagiare nel piatto dell'impianto hi-fi piccole opere d'arte come "10.000 Days" lungi da me il dubitarne.
Abbeveratevi anche voi alla sua fonte.
Elenco tracce testi e video
01 Vicarious (07:06)
Eye on the TV
'Cause tragedy thrills me
Whatever flavor it happens to be
Like
Killed by the husband
Drowned by the ocean
Shot by his own son
She used a poison in his tea
Then she kissed him goodbye
That's my kind of story
It's no fun till someone dies
Don't look at me like
I am a monster
Frown out your one face
But with the other you
Stare like a junkie
Into the TV
Stare like a zombie
While the mother holds her child
Watches him die
Hands to the sky, cryin'
"Why, oh why?"
'Cause I need to watch things die
From a distance
Vicariously, I live while the whole world dies
You all need it too don't lie
Why can't we just admit it?
We won't give pause untill
The blood is flowing
Neither the brave nor bold
Nor brightest of stories told
We won't give pause untill
The blood is flowing
I need to watch things die
From a good safe distance
Vicariously, I live while the whole world dies
You all feel the same so why can't we just admit it?
Blood like rain come down
Drum on grave and ground
Part vampire
Part warrior
Carnivore
and voyeur
Stare at the transmittal
Sing to the death rattle
Credulous at best
Your desire to believe in
Angels in the hearts of men
Pull your head on out
Your hippy haze and give a listen
Shouldn't have to say it all again
The universe is hostile
So impersonal
Devour to survive
So it is
So it's always been
We all feed on tragedy
It's like Blood to a vampire
Vicariously, I live while the whole world dies
Much better you than I
02 Jambi (07:28)
Here from a king's mountain view,
Here from a wild dream come true.
Feast like a sultan, I do,
On treasures and flesh - never few.
But I would wish it all away if I thought I’d lose you just one day.
The Devil and his had me down;
In love with the dark side, I’d found.
Dabbling all the way down.
Up to my neck, soon to drown.
But you changed that all for me.
Lifted me up; turned me round.
So I,
I,
I,
I,
I would,
I would,
I would wish this all away…
Prayed like a martyr dusk to dawn;
Begged like a hooker all night long.
Tempted the devil with my song,
And got what I wanted all along.
But I,
And I would,
If I could,
And I would -
Wish it away,
Wish it away,
Wish it all away;
[I] wanna wish it all away-
No prize you could hold, sway or justify my giving away, my Center.
So if I could I’d wish it all away - if I thought tomorrow would take you away.
Your my piece of mind, my all, my Center; I'm just trying to hold on one more day.
Damn my eyes!
Dim my eyes...
Dim my eyes if they should compromise our fulcrum.
Want and Need, divide me - then I might as well be gone.
Shine on forever; shine on, benevolent son/sun.
Shine down upon the broken; shine until the two become one.
Shine on forever; shine on, benevolent son/sun.
Shine down upon the severed; shine until the two become one.
Divided, I’m withering away.
Divided, I’m withering away.
Shine down upon the many; light our way, benevolent son/sun.
Breathe in union. Breathe in union. Breathe in union. Breathe in union.
Breathe in union so as one survive another day and season.
Silence, leech, and save your prayers; silence, leech, just stay out of my way.
05 The Pot (06:21)
Who are you to wave your finger?
You must have been outta your head
Eye hole deep in muddy waters
You practically raised the dead
Rob the grave to snow the cradle
Then burn the evidence down
Soapbox house of cards and glass so
Don't go tossin' your stones around
You must have been high
You must have been high
You must have been
Foot in mouth and head up ass
So whatcha talkin' 'bout?
Difficult to dance 'round this one
'til you pull it out, boy
You must have been so high
You must have been so high
Steal, borrow, refer, save your shady inference
Kangaroo done hung the jury with the innocent
Now you're weeping shades of cozened indigo
Got lemon juice up in your eye, eye
When you pissed all over my black kettle
You must have been high
You must have been high
Who are you to wave your finger?
So full of it
Eye balls deep in muddy waters
Fuckin' hypocrite
Liar, lawyer; mirror show me, what's the difference?
Kangaroo done hung the guilty with the innocent
Now you're weeping shades of cozened indigo
Got lemon juice up in your eye, eye
When you pissed all over my black kettle
You must've been...
So who are you to wave your finger?
Who are you to wave your fatty fingers at me?
You must have been out your mind
Weepin' shades of indigo
Shed without a reason
Weepin' shades of indigo
Liar, lawyer; mirror, for you, what's the difference?
Kangaroo be stoned. He's guilty as the government
Now you're weeping shades of cozened indigo
Got lemon juice up in your eye, eye
Now when you pissed all over my black kettle
You must've been
High
High
High
High
Eyeballs deep in muddy waters
Eyeballs deep in muddy waters
Ganja? P-lease,
You must have been out your mind
07 Lost Keys (Blame Hofmann) (03:46)
Excuse me, doctor?
If you have a moment?
A moment? What's the question?
More of a situation: A gentleman in exam three.
What's the problem?
That is the problem.
We're not sure...
You got the chart?
Right here.
Hmm, not much here is there?
No doctor.
No obvious physical trauma.
Mmm, vitals are stable.
Name?
No sir.
Someone drop him off?
Maybe we can speak to them.
Let's get some background on this fella.
No ID, Nothing.
And he won't speak to anyone.
Well then let's say hello.
Good morning, I'm Doctor Marcy.
How are you today?
How... are you today? (echo)
Look son,
You're in a safe place.
We want to help you, whatever way we can.
But we need to talk to you.
We can't help you otherwise.
Now what's happened?
Tell me everything.
08 Rosetta Stoned (11:11)
Alrighty, then ... picture this if you will.
10 to 2 AM, X, Yogi DMT, and a box of Krispy Kremes,
in my "need to know" pose, just outside of Area 51
Contemplating the whole "chosen people" thingy
when a flaming stealth banana split the sky
like one would hope but never really expect
to see in a place like this.
Cutting right angle donuts on a dime
and stopping right at my Birkenstocks,
and me yelping...
Holy fucking shit!
Then the X-Files being,
Looking like some kind of blue-green Jackie Chan
with Isabella Rossellini lips, and breath that reeked of
vanilla Chig Champa
Did a slow-mo Matrix descent
Outta the butt end of the banana vessel
And hovered above my bug-eyes, my gaping jaw,
and my sweaty L. Ron Hubbard upper lip,
and all I could think was:
"I hope Uncle Martin here doesn't notice
that I pissed my fuckin' pants."
So light in his way,
Like an apparition, that
He had me crying out,
"Fuck me
It's gotta be
the Deadhead Chemistry
The blotter got right on top of me
Got me seein' E-motherfuckin'-T!"
And after calming me down
with some orange slices
and some fetal spooning,
E.T. revealed to me his singular purpose.
He said, "You are the Chosen One,
the One who will deliver the message.
A message of hope for those who choose to hear it
and a warning for those who do not."
Me. The Chosen One?
They chose me!!!
And I didn't even graduate from fuckin' high school.
You'd better...
You'd better...
You'd better...
You'd better listen.
Then he looked right through me
With somniferous almond eyes
Don't even know what that means
Must remember to write it down
This is so real
Like the time Dave floated away
See, my heart is pounding
'Cause this shit never happens to me
I can't breathe right now!
It was so real,
Like I woke up in Wonderland.
All sorta terrifying
I don't wanna be all alone
While I tell this story.
And can anyone tell me why
Y'all sound like Peanuts parents?
Will I ever be coming down?
This is so real
Finally, it's my lucky day
See, my heart is racing
'Cause this shit never happens to me
I can't breathe right now!
You believe me, don't you?
Please believe what I've just said!
See the Dead ain't touring
And this wasn't all in my head.
See, they took me by the hand
And invited me right in.
Then they showed me something
I don't even know where to begin.
Strapped down to my bed
Feet cold and eyes red
I'm out of my head
Am I alive? Am I dead?
Can't remember what they said
God damn, shit the bed.
Hey ...
Overwhelmed as one would be, placed in my position.
Such a heavy burden now to be the One
Born to bear and bring to all the details of our ending,
To write it down for all the world to see.
But I forgot my pen
Shit the bed again ...
Typical.
Strapped down to my bed
Feet cold and eyes red
I'm out of my head
Am I alive? Am I dead?
Sun kissed and Sudafed
Gyroscopes and infrared
Won't help, I'm brain dead
Can't remember what they said
God damn, shit the bed
I can't remember what they said to me
Can't remember what they said to make me out to be the hero
Can't remember what they said
Bob help me!
Can't remember what they said
We don't know, and we won't know (x12)
God damn, shit the bed!
09 Intension (07:21)
(Lyrics for the reversed song at approx. 05:45: Work hard, Stay in school, Listen to your mother,
Your father is right/rising/right, son...
Jesus loves you... Work hard, Stay in school,
Listen to your mother, your father is right/rising/right son...)
Pure as we begin.
Pure as we come in.
Pure as we begin.
Ruled by will alone.
Pure as we begin.
Here we have a stone.
Gather, place, erase so.
Shelter turns to home.
Pure as we begin.
Here we have a stone.
Throw to stay the stranger.
Swore to crush his bones.
Ruled by will alone.
Spark becomes a flame.
Flame becomes a fire.
Light the way or warm this.
Home we occupy.
Spark becomes a flame.
Flame becomes a fire.
Forge a blade to slay the stranger.
Take whatever we desire.
Moved by will alone.
Pure as we begin.
Pure as we begin
Move by will alone.
Leave as we come in.
Pure as light.
Return to one.
Move by will alone.
Move by will alone.
10 Right in Two (08:55)
Angels on the sideline
Puzzled and amused
Why did Father give these humans free will?
Now they're all confused
Don't these talking monkeys know that Eden has enough to go around?
Plenty in this holy garden, silly monkeys
Where there's one they're bound to divide
Right in two
Angels on the sideline
Baffled and confused
Father blessed them all with reason
And this is what they choose
Monkey, killing monkey, killing monkey
Over pieces of the ground
Silly monkeys, give them thumbs
They forge a blade
And where there's one they're bound to divide
Right in two
Right in two
Monkey, killing monkey, killing monkey
Over pieces of the ground
Silly monkeys give them thumbs
They make a club
And beat their brother down
How they survive so misguided is a mystery
Repugnant is a creature who would squander
The ability to lift an eye to heaven, conscious of his fleeting time here
Cutting our love right in two
Cutting our love right in two
Cutting our love right in two
Cutting our love right in two
Fight over the clouds, over wind, over sky
Fight over life, over blood, over air
Fight over love, over sun, over another
Fight each other, over lies and....
Angels on the sideline again
Been so long with patience and reason
Angels on the sideline again
Wondering when this tug of war will end
Cutting our love right in two
Cutting our love right in two
Cutting our love right in two
Right in two
Right in two
11 Viginti Tres (05:02)
Viginti Tres
una Infinitas
Abominatio Nascitur Autumno
hic est tuum temptamen quod temptat tua potentia
viginti tres gradus ad summam potestatem
translated :
one infinity
the horror begins in autumn
this is your trial, which tries your (power, might, ability; efficacy, potency)
Twenty three steps to total power.
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Altre recensioni
Di Adil
Le undici tracce di 10.000 Days sono quanto di più vitale e dinamico si possa trovare nella musica rock odierna.
Trattandosi di una delle migliori band attualmente in circolazione ben venga una certa presunzione di fondo, dal momento che i risultati ottenuti fanno pensare a un capolavoro.
Di pops
Lo artwork è qualcosa di strepitoso, niente del genere era mai stato fatto.
Un album che era da me atteso da 5 anni e sono stati pienamente ripagati dall'ennesimo CAPOLAVORO!!!
Di Stoopid
Il ritmo procede regolare e asettico, regolare anche nell’irregolarità. Un cuore finto, non uno spasmo, non un sobbalzo, non un salto nel buio.
Il disco scorre senza nulla significare, lasciando solo la bava alla bocca di chi attendeva qualcosa di succoso.
Di coolmoon1987
Un album da leccarsi i baffi e da ascoltare miliardi e miliardi di volte dall'inizio alla fine.
Se vi piace ascoltare la stessa musica, scegliete altri gruppi; i Tool invece cambiano e sorprendono sempre.
Di DreaminGorilla
I canoni tooliani non si sono alterati in modo vistoso: la tecnica, l'ispirazione e la necessità di espressione sono ancora presenti.
Uno dei migliori album degli ultimi 5 anni, superiore a tutta la musica degli ultimi 5 anni per ispirazione, intelligenza musicale e emotività.