Spesso siamo un po' prevenuti nei confronti dei Verdena; fin dall’inizio i giudizi su di loro sono stati estremi: da una parte chi non può sopportarli, un po’ per la musica e un po’ per il successo che hanno ottenuto sin dal primo disco; dall’altra, invece, chi li vede come i nuovi profeti del rock italiano (io sto a metà strada).
In mezzo ad una tale disparità di vedute, sta probabilmente la verità: i Verdena sanno suonare, e anche meglio di molti altri ben più celebrati di loro; è pur vero, però, che la loro proposta non è poi così originale e tende a svilupparsi sempre sullo stesso schema; ma cosa di poco conto.

Bene. Arriva “Il suicidio del samurai”, terzo disco in studio e primo da quando il trio si è allargato a quartetto, con l’innesto stabile di un tastierista (Fidel), e le cose cambiano di brutto.
L’attacco di “Logorrea” (con quella batteria feroce, la tastiera a riempire i vuoti di un suono saturato, la voce finalmente molto più duttile) mi sorprende davvero, e lo stesso fa la successiva “Luna”, abile nella ricerca della melodia, cruda e allo stesso tempo molto orecchiabile.
Si ascolta “Mina” (uno dei momenti migliori) e si inizia a pensare che finalmente il gruppo abbia imparato a diversificare un po’ le atmosfere; ma subito dopo si torna su territori già noti e tutto sommato ammalianti con “Balanite” e “Phantastica” (che fa però segnare il più netto miglioramento di Alberto Ferrari come autore di testi, con l’immagine potentissima del Cristo che sanguina e ci guarda con rabbia). Di nuovo sorpresi dal martellare furioso di “Elefante” (che sembra mischiare Queens of the Stone Age e Smashing Pumpkins in vena di divagare) e da “Glamodrama”, vero centro del disco con il suo drammatico crescendo finale, ascoltiamo il resto del disco vagare tra melodie trasognate e brusche virate elettriche, fino a sfociare nella violenta title-track conclusiva.
La stima per i Motorpsycho si fa risentire.
Si arriva alla fine della corsa abbastanza provati, piacevolmente stupiti dai miglioramenti del gruppo (soprattutto per le parole che, oltre ad essere comprensibili, sono finalmente all’altezza della situazione) ma consapevoli che la formula sonora dei Verdena rimane sostanzialmente la stessa: per questo chi li trovava insopportabili continuerà, nonostante tutto, a pensarla allo stesso modo; i loro estimatori, invece, si troveranno tra le mani il miglior disco realizzato finora dal quartetto.

Per ora la miglior band italiana in circolazione. Sorprendenti.


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