Fin dal primo disco i Verdena hanno rappresentato un'anomalia nell'agonizzante panorama rock italiano, spesso attirandosi ingiustificate antipatie e immeritate critiche da parte di coloro che per pregiudizio o per un proprio limite nemmeno si sono sforzati di capirne la musica (preferendo sputare sentenze sull'insensatezza dei testi, dimenticandosi forse che un buon 80% degli artisti anglofoni non vanta di certo contributi Shakespeariani nelle liriche): troppo adolescenziale per alcuni, un filo presuntuoso per altri, il trio bergamasco può ben vantarsi di aver contribuito nel suo piccolo a portare qualcosa di diverso dai colleghi Afterhours e Marlene Kuntz.

Se però nel lavoro d'esordio i limiti di un songwriting ancora acerbo erano abbastanza evidenti e nel secondo disco l'eccessiva dilatazione di alcune idee ha finito per guastarne in parte il sapore, con Il Suicidio Dei Samurai ci troviamo di fronte ad un album pienamente maturo e focalizzato dove non mancano momenti di eccellenza.

Già dall'incipit batteristico di Logorrea si avverte un cambiamento sostanziale rispetto al precedente disco: le divagazioni psichedeliche sono messe da parte per fare spazio a un diretto, secco, rude rock che suona un po' come un pugno in faccia e dinanzi al quale non si può fare a meno di scuotere la testa.

Non si fa in tempo ad abituarsi all'asprezza dell'opener che si viene accolti dalla melodia di Luna, che ricorda molto da vicino gli Smashing Pumpkins shoegaze di Siamese Dream, esplodendo nel bellissimo ritornello urlato in cui appare evidente che a importare non è tanto ciò che viene detto, ma come viene detto. L'assolo è perfetto nella sua breve durata e mette in evidenza come la tendenza a tagliare fuori parti eccessivamente dispersive sia stata molto azzeccata.

Mina riprende la melodia di Spaceman alla luce di questo cambiamento: il risultato è una canzone decisamente più riuscita in pieno spirito Motorpsycho (non a caso una delle band preferite da Alberto Ferrari) e uno dei brani migliori del lotto. Balanite sembra anticipare le inclinazioni paranoiche del successivo Requiem, roteando attorno ad un mesto giro di basso e aumentando di volume fino a raggiungere il climax nella ripetizione disperata di un "prima o poi" tanto sguaiato quanto minaccioso. Ed è sempre il basso a fare da ossatura all'ottima Phantastica, assieme al raffinato lavoro tastieristico dell'elemento aggiunto Fidel Figaroli, che apporta spessore all'impasto finale; l'interpretazione vocale è, come sempre, eccellente.

L'aggressiva Elefante è un monolite in cui è il rullante a farla da padrone, richiamando la pesantezza del sound stoner più incazzato: il muro di chitarre nella sezione strumentale sembra impenetrabile. Dopo tanta furia veniamo accolti dall'arpeggio concentrico di Glamodrama, probabilmente il capolavoro del disco. La bellissima melodia vocale esplode ancora una volta in un azzeccatissimo ritornello urlato (avreste mai pensato che la parola "demone" potesse essere così musicale?) per poi ripiegarsi dolcemente su sé stessa in una coda strumentale in cui le rotondità sonore si inseguono senza sosta.

Far Fisa è uno dei brani minori del disco, ma vanta un appeal radiofonico che molti invidierebbero, pur rimanendo uno scarto non all'altezza con i precedenti episodi dell'album. Purtroppo anche la successiva 17 Tir In Cortile, nonostante abbia dalla propria parte un'atmosfera ariosa e galleggiante, suona come una stonatura dopo una serie di brani ineccepibili. La solare 40 Secondi Di Niente sembra una rilettura più matura di certe inclinazioni degli esordi, ma risente di una mancanza di mordente e non convince fino in fondo. E' con la funerea intro dell'ultimo brano (la quasi-title track Il Suicidio Del Samurai) che i Verdena tornano a livelli eccellenti: il testo è un haiku nichilista e pesantissimo accompagnato dall'incedere drammatico della chitarra e della batteria, che sfocia in un'orgia noise di caos totale, nella quale emergono visioni e ricordi stramazzanti nella cacofonia di quella che non a caso potrebbe essere la colonna sonora del seppuku di un samurai.

Arrivati alla fine del disco, i dubbi diventano certezze: il lavoro è riuscito quasi alla perfezione, la band è finalmente nel pieno delle proprie potenzialità e può solo che migliorare. Un fulmine a ciel sereno pronto a scaricarsi da qualche parte. I detrattori sono avvisati.

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