"The Passenger" è una stranota canzone punk, indubbiamente fra quelle assurte negli anni a vero simbolo del genere e che tuttora capita facilmente di ascoltare alla radio, nelle pubblicità, nelle sigle televisive. Uscì nel 1977 sull'album di Iggy Pop "Lust for Life" ed il suo testo, nonché l'inestimabile vocione baritonale che lo intona, sono opera del fascinoso Iggy mentre le musiche, compreso l'epocale riff in levare che apre e resta a solcare tutto il brano, appartengono al suo chitarrista dell'epoca Ricky Gardiner.

Era stato il produttore dell'album David Bowie a "passargli" questo musicista, dopo che Gardiner aveva messo la chitarra solista sull'apprezzato "Low" del Duca Bianco. Nativo di Edimburgo in Scozia, Ricky aveva nel suo DNA il gusto per quell'accentazione particolare delle battute "a giga celtica", con la caratteristica sincope al primo quarto di battuta e insospettabile origine ritmica del suddetto, famoso inno punk. Il che sta a dimostrare come, con la voce e lo spirito giusti, un accompagnamento in stile danza tradizionale campagnola possa adattarsi perfettamente anche ad un genere diametralmente opposto, urbanissimo e trasgressivo.

Bowie, sempre molto attento ed esigente sui chitarristi da far entrare nel suo entourage, era arrivato a Gardiner attraverso sua moglie Angie, diventata amica di Virginia Scott compagna del chitarrista nonché "mellotronista" del suo gruppo Beggars Opera (oh, ci siamo arrivati!), unica o quantomeno più grande formazione progressive scozzese della storia!

Gardiner aveva messo insieme il gruppo a Glasgow nel 1969. L'anno dopo usciva l'album di esordio "Act One", decisamente dominato in lungo e in largo dal suo organista Alan Park, allora diciannovenne fresco di diploma a pieni voti al conservatorio, nell'occasione lasciato libero di sfogare in corposi rifacimenti di celebri passaggi classici tutta la sua preparazione e destrezza. Il successivo "Waters of Change" del 1971 aveva rimesso equilibrio, con Park sempre in evidenza ma assoggettato ad un gioco di squadra. Questa terza uscita "Pathfinder" (1972) vede finalmente Gardiner venire pienamente al proscenio: è lui il musicista più brillante dell'album.

La copertina dell'originale LP era eccentrica e spettacolare, dispiegandosi in sei riquadri e rivelando come il bellissimo disegno del cavaliere/astronauta in primo piano fosse porzione di un fantastico manifesto di ben 60x90 cm. Più frugale sicuramente il contenuto musicale, con sette soli brani per una durata poco oltre i trentotto minuti.

Pezzo forte dell'album è la cover di "MacArthur Park", il classico di Jimmy Webb che aveva fatto scalpore per la durata abnorme rispetto agli standard della musica leggera nell'epoca in cui uscì (oltre sette minuti, anno 1968). In proposito, uno dei tanti aneddoti riguardante i Beatles vuole che essi abbiano deliberatamente prolungato l'arrangiamento dell'interminabile coda della loro "Hey Jude" in modo tale da farla durare qualche secondo in più di "MacArthur Park", stabilendo così il nuovo record...

Corposa canzone pop, ideale per essere coverizzata da un gruppo progressive in forza dei suoi quattro diversi movimenti quasi da suite e della forte carica romantica, "MacArthur Park" fa una gran figura nelle mani dei Beggars Opera, evidenziando il vocione potentissimo del cantante Martin Griffiths che qui si dispiega senza remore, nonché i lussureggianti, barocchi incroci di tastiere organizzati da Park con organo, pianoforte e harpsichord ad alternarsi senza sosta al proscenio, e con le cicliche sventagliate del mellotron della Scott per sopramercato. Per la cronaca, viene "vendicato" nell'occasione il succitato Webb, durando questa cover quasi nove minuti a surclassare in tal modo il vecchio capolavoro dei Beatles (i tempi erano comunque a quel punto cambiati, e giravano da tempo suite anche di quaranta minuti...).

La chitarra di Gardiner rivela invece tutto il suo talento, per certi versi accostabile a quello dell'assai più noto Ritchie Blackmore dei Deep Purple e per certi altri all'altrettanto famoso Jeff Beck, soprattutto nella seconda parte del disco. A cominciare dalla trascinante marcetta che intitola l'album, condotta a wah wah spiegato e con partiture a due chitarre abbaianti più cori folleggianti a tre voci, dal delizioso sapore di Vallo di Adriano e con rimembranze verso gli allora ben più affermati colleghi Wishbone Ash.

Nella strumentale "Stretcher" il sontuoso pianoforte di Park accompagna Gardiner in un lungo e ricco tema chitarristico pieno di espressione, nel quale è magica la sua capacità di controllo e dosaggio contemporaneo di pedale wah wah e leva del vibrato.

"From Shark To Haggis" è un progressive blues, una specie di eresia quindi, a cui il chitarrista pone bravamente rimedio dopo un paio di minuti destrutturandolo con note lunghissime che poi, mutato clamorosamente l'andamento ritmico a favore di una giga scozzese, si rivelano perfetto surrogato al tipico e tradizionale suono di cornamusa, per un trascinante e parossistico crescendo finale.

Sia "Hobo", posta all'inizio, che "The Witch" sono canzoni progressive pop meno pretenziose: La prima ad esaltare il baritono Griffiths, la seconda nobilitata dal suono sontuoso, autenticamente settantiano dell'Hammond di Alan Park. L'unica canzone di insufficiente consistenza è la finale "Madame Doubtfire" (nessun riferimento al film con Robin Williams naturalmente, in effetti realizzato parecchi anni dopo).

Per molti fan del gruppo "Pathfinder" è il loro disco migliore perché il più peculiare, stante la definitiva messa a fuoco del loro specifico progressive: rotondo, accessibile e... scozzese. Purtroppo è senz'altro anche l'ultima delle eccellenti prove dei Beggars Opera... Da lì in poi tensioni interne ed importanti defezioni nella formazione porteranno al deludente quarto album "Get Your Dog Off Me", alla rescissione del contratto con la prestigiosa etichetta Vertigo, ad un forte ridimensionamento delle ambizioni con un paio di dischi distribuiti solo in Germania e preludio allo scioglimento definitivo.

Resta il fatto che le loro prime tre opere sono da conoscere e, per gli appassionati di progressive, imprescindibilmente da possedere.

Elenco tracce samples e video

01   Hobo (04:25)

02   MacArthur Park (08:20)

03   The Witch (06:07)

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04   Pathfinder (03:47)

05   From Shark to Haggis (06:45)

06   Stretcher (04:49)

07   Madame Doubtfire (04:21)


  • macaco
    5 dic 09
    Recensione: Opera:
    Splendida rece.
  • supersoul
    5 dic 09
    Recensione: Opera:
    Per me è il disco che meno preferisco dei primi tre dei Beggars Opera che qui sembrano un altro gruppo rispetto alle Passecaglie operistiche del primo :)))). E' vero che ci sono più chitarre rispetto al delirio tastieristico in mano ad Alan Park appena diplomato al conservatorio, ma qui sono molto meno progressive e più mainstream, vedasi la cover di "Mac Arthur Park" che cantata da quel grande attore che è Richard Harris ha un suo significato, fatta da loro mi fa ridacchiare per la pomposità del cantato manco Sinatra....Il pezzo più bello del disco secondo me è "The Witch" con uno stile quasi Uriah Heep, basso pulsante, riffoni di chitarra ed Hammond a rinforzo.
  • reverse
    5 dic 09
    Recensione: Opera:
    super, me devi fa un corso sul trail (io sono xc) e un o di musica, mi sento profondamente idiota qui su debaser.
  • supersoul
    5 dic 09
    Recensione: Opera:
    @reverse per il corso sul trail a disposizione anche via web, eccomi qua:)))))
  • bastogne
    5 dic 09
    Recensione: Opera:
    Ottima rece!
  • geb
    5 dic 09
    Recensione: Opera:
    fottutissimo prog
  • Recensione: Opera:
    fottutissimo geb
  • TheJargonKing
    5 dic 09
    Recensione: Opera:
    bella, bella.
  • Hetzer
    6 dic 09
    Recensione: Opera:
    Splendida recensione.. Devo procurarmi questo disco che tra l'altro ho conosciuto a una mostra di vinili progressive originali, qui nella mia città, e che mi ha incantatato per la copertina-poster. Bravo!
  • Bartleboom
    6 dic 09
    Recensione: Opera:
    Gran bella davvero: ci butti dentro un sacco di informazioni... e io me ne pascio. :)
  • Recensione: Opera:
    @Supersoul: il mio preferito dei Beggars è invece il secondo Waters Of Change. Il primo è tenerissimo... è quello che si ha più voglia di risentire per la sua aura bohemien, di completa libertà artistica senza intendimenti commerciali... ma in esso vi sono lunghi tratti di musica non originale, nonchè parti vocali rozze e forzate. E l'evoluzione sonora in Waters Of Change è così evidente, ed accogliente, coi suoi suoni caldi e morbidi ed anche nordici ed evocativi.
  • Roby86
    6 dic 09
    Recensione: Opera:
    Ottima recensione, come sempre!. Di quest'album, al momento, ricordo solo una manciata di brani (quindi, per adesso, evito il voto in quanto non ho una visione complessiva dell'opera)... sembrano essersi parecchio ammorbiditi rispetto al precendete disco, senza tuttavia sacrificare la qualità. Lo riascolterò sicuramente. - PS: spettacolare la copertina!
  • Recensione: Opera:
    .
  • Hetzer
    1 dic 10
    Recensione: Opera:
    Grandissimo album.. Io però gli avrei dato cinque, anche se confermo tutto ciò che hai scritto..
  • aragnof
    30 ago 16
    Recensione: Opera:
    Buon lavoro dei Beggars Opera, io amo particolarmente From shark to haggis che mischia prog e ballata con riff trascinanti. Come voto però non vado oltre il 3. Ottima e storicamente contestualizzata recensione
  • Recensione: Opera:
    Modifica alla recensione: «Sistemati la punteggiatura e qualche passaggio sintattico». Vedi la vecchia versione Pathfinder - Beggars Opera - Recensione di pier_paolo_farina Versione 1

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