Il cosmo non ha retto… ed ha pianto le sue lacrime copiosamente. Molte di queste caddero in California, a New York, a Seattle, a Londra… in quell’anno magico ed irripetibile che deve per forza essere stato il 1967.

Poche, intense e luminosissime, caddero anche vicino Roma, bagnando Mario Schifano, pittore, ma anche scultore e poeta di quella corrente artistica chiamata pop-art (dalla quale ha, peraltro, sempre preso le distanze). Rapito da cotanta bellezza, decide di allestire un gruppo musicale, per dare una forma sonora ad alcuni suoi allestimenti visivi, nei quali stava esplorando tutte le possibilità di accostamenti fra due soli colori. Questi “esperimenti” ricordano molto da vicino quelli fatti da Warhol con i Velvet Underground nella sua Factory, ma anche ciò che i Pink Floyd, con i Light Shows, stavano elaborando durante le loro lunghe sessions lisergiche all’Ufo Club.

Certo, a Roma non c’erano il fermento di New York e Londra, ne tanto meno Schifano aveva a disposizione Lou Reed e John Cale o Syd Barrett e Roger Waters… ma ciò che riuscì a far tirare fuori a Le Stelle ha un valore incredibilmente più alto e (passatemi il termine) nobile, di quanto ne abbiano gli indiscussi capolavori dei due più celebri “rivali” . “Dedicato A…” è, da un punto di vista musicale, uno snodo cruciale per la musica europea, tutta. Il lavoro è diviso in due parti disgiunte e ben distinte. Il lato A del vinile (purtroppo stampato in origine solo in 1000 copie, di cui le prime 250 circa di colore rosso) contiene il solo componimento “Le Ultime Parole Di Brandimante, Dall’Orlando Furioso, Ospite Peter Hartman E Fine (Da Ascoltarsi Con Tv Accesa, Senza Volume)”, suite anarchica di quasi 18 minuti, che deve molto di più a Cage ed alla musica medievale, che ai migliori lavori di rock, prodotti fino ad allora; dai quali sembra anzi volersi distaccare, così da poter liberamente frantumare e dilatare forma e sostanza, canoniche, della canzone. Sperimentazione in embrione, che risulta essere uno sguardo in avanti, sulle maggiori avanguardie in ambito rock degli anni a seguire, a prevedere la ricerca psichedelica anglo-sassone, la musica progressiva italiana o la dilatazione cosmica tedesca.

Bradimante” evoca visioni ancestrali e presagi di un oscuro avvenire, dove estratti di jingles pubblicitari si sciolgono in un madrigale, deturpato dalle affilatissime corde di una chitarra estremamente acida. Voci umane e rumori di transistors si inseguono in un oceano spaziale ai confini di un era oscura, dove anche l’anima lacerata del blues del Delta, tenta un difficile ricongiungimento con i ritmi tribali africani… terra da cui venne strappata nel nome di dio e della schiavitù. Sul più “normale” lato B Le Stelle Di Mario Schifano, Nello Marini (organo e pianoforte), Urbano Orlandi (chitarra), Giandomenico Crescentini (basso) e Sergio Cerra (batteria), confezionano un piccolo capolavoro lisergico, suddiviso in 5 brani, che vagabondano in lungo ed in largo lo spettro caleidoscopico della migliore psichedelia. “Molto Alto” è un concentrato di Velvet Underground, Neu!, Silver Apples e Suicide… mentre “Susan Song” è un sublime esercizio di cantautorato italiano eseguito con la malinconia eterea di Nick Drake, che discute con la parte più mite e pacata del Peter Hammill dei primi Van Der Graaf Generator. “E Dopofonde il vaudeville ad un blues acido, con una chitarra hendrixiana impegnata a zittire una cantato teso e sofferto, quasi un’interpretazione di Demetrio Stratos che fa il verso a Battisti-Mogol, prima della freakedelia di “Intervallo” , dove il rock’n’roll non è ancora garage ed il beat assume dei connotati zappiani, tanto è folle il sottofondo di voci che ridono, sguaiate facendo versi.

La finale “Molto Lontano (A Colori)” chiude rassicurante questo inestimabile lavoro, con un flauto di pan che si intreccia ad discorso tessuto dalle sapienti mani velvetiane, tra le dissonanti ritmiche newyorkesi e le liquide visioni delle migliori menti californiane. Da brividi. Ma come detto Roma non è New York o Londra, quindi Le Stelle si trovano a cadere nel breve volgere di una stagione, con all’ attivo un singolo e questo autentico capolavoro, a conferma di quanto fosse buona l’aria che si respirava in quel magico anno che fu il 1967. Da avere.

P.S. – un grazie sentito e doveroso all’Akarma Records per aver ristampato “Dedicato A…” nel 1999, su cd, vinile nero, vinile colorato rosso e picture disc. Per cui cercatelo e compratelo.

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