La storia di questo disco è semplice e sostanzialmente unica nella discografia di Springsteen e non solo: il disco viene scritto, registrato e pubblicato di getto, in meno di sei mesi , in un impeto creativo probabilmente inaspettato allo stesso autore. Siamo tra Luglio e Dicembre del 1991, Springsteen viene da tre anni difficili dal punto di vista personale (il fallimento di un matrimonio e l'inizio di una nuova relazione piena di incognite e pericoli) ed artistico: ha appena terminato un disco, Human Touch, che non lo convince fino in fondo specialmente per quanto riguarda la produzione in cui vorrebbe far non pesare la fine del rapporto quasi trentennale con la ESB non riuscendovi; Human touch non è affatto privo di belle canzoni ma sono suonate e prodotte in modo scialbo con arrangiamenti che non portano nella direzione di un rock a forti tinte soul che era di certo nella mente dell'autore.

In questo disco le intenzioni restano le stesse, ma cambia la realizzazione: senza band si buò fare una sola cosa, scrivere e registrare "in casa" da solo, come aveva peraltro già provato in lavori precedenti, Nebraska e Tunnel of love, ma, in questo caso, in maniera ancora più estrema. Il suono del disco è ovviamente molto acustico ma segue l'ispirazione rock-soul che alberga nella mente dell'autore da tempo, a ben vedere dal tour di Tunnel of love.

Direi che il tema portante del lavoro è quello della "seconda possibilità" da vedersi non solo legato alle vicende personali sopra ricordate, ma anche alla vita artistica: sono qui, ci so ancora fare, anche se sono senza band, sembra dichiarare l'autore.

Better Days e Leap of Faith sono a parere mio il centro del disco ed esprimono a fuoco le intenzioni sia tematiche che musicali del lavoro: due ballate rock acustiche ma alquanto potenti che si giovano del trio di voci femminili, Scialfa-Lowell-Tyrell, che torna costantemente in tutto il disco a rendere fruttuosa l'ispirazione gospel di Sprinsteeen. Leap of faith viene definito come "un fugace quadro umoristico, non privo di riferimenti sessuali, sull'amore e sulla capacità di recupero": la particolarità è che vengono usate metafore bibliche, Mosè, la Terra Santa, il Mar Rosso, quasi al limite della blasfemia che viene comunque smorzata dal tono umoristico del brano.

La stessa vena umoristica torna in Local Hero: qui Springsteen prende in giro sè stesso: lui stava girando in autostrada, si ferma e nel negozietto di un autogril scorge una statuetta che lo rappresenta, chiede alla commessa (che non lo riconosce) chi fosse e gli viene risposto "è un eroe locale". Musicalmente il pezzo non si discosta da quanto detto per Better Days e Leap of Faith, con un sapore country-folk reso dall'aggiunta (finalmente) dell'inseparabile armonica a bocca.

Non si discosta da questa formula musicale neanche la straordinaria Luky Town che in più rispetto alle altre ha un bell'assolo "vibrato" dell'inconfondibile Telecaster di Springsteen: "ho avuto qualche vittoria che è stata solo un fallimento travestito" dice Bruce riferendosi all'enorme successo, pompato dai media, del periodo Born in the USA che evidentemente non è espressione piena del suo animo artistico, spontaneo ed essenziale, proprio come, fa emergere, senza fatica, in questo disco.

The big Muddy e Souls of departed cambiano notevolmente il tono dell'album: sono due blues elettrici, lividi, con la chitarra elettrica, l'armonica e lo slide (tutto ovviamente suonato dall'autore in solitaria) a dominare la scena; specialmente The big Muddy risulta un brano innovativo ed atipico, un esperimento che unisce il carattere molto roots del blues ad alcuni loop musicali molto radiofonici e contemporanei. I temi abbandonano la sfera personale e si fanno politici: la guerra del Golfo riecheggia in Souls of Departed e la cattiveria dell'animo umano che si concede alla guerra, come dice in The big Muddy, "un seprente velenoso ti morde, diventi velenoso anche tu" citando (dichiarato nei crediti) il romanzo "Il cuore nero di Paris Trout" di Pete Dexter, testo peraltro bellissimo che consiglio di riscoprire.

If I should fall Behind è il capolavoro del disco, un brano che ritengo tra i migliori di tutta la sconfinata discografia di Springsteen che qui canta con un lirismo molto malinconico su un tappeto melodioso di tastiere (da lui stesso suonate) accompagnate da fraseggi bellissimi di chitarra acustica che ricordano le origini di Springsteen come abile chitarrista, elettrico e, forse ancor più, acustico. Il testo è un'ode alla donna amata, alla vita da vivere insieme superando ogni difficoltà: proprio grazie all'universalità della poetica springsteniana, l'argomento "amore" può diventare argomento "amicizia", come fa spesso nelle superbe realizzazioni live del pezzo post reunion con le ESB, cantato a turno nelle strofe da tutti i membri del gruppo e dedcato in quelle circostanze proprio all'amicizia con i componenti della band, parte di una vera e propria famiglia musicale allargata. Un esempio di esecuzione live del pezzo lo si trova nel Live in the New York City a cui consiglio di prestare qualche ascolto, rimarrete colpiti dalla belezza e dalla teatralità del pezzo.

Altro capolavoro e' My Beatiful reward, un pezzo country, tutto batteria (leggera),chitarra acustica, organo ed armonica (a chiudere il brano): torna il tema della fuga, lo stesso di Born to run, da una vita insoddisfacente, alla ricerca della propria "straordinaria ricompensa" : qui il protagonista non corre su una cadillac in autostrada, ma, trasformatosi in uccello, vola su campi tetri alla ricerca della luce, di una vita migliore.

Il bello, a parere mio di questo disco , sta nell'immediatezza delle canzoni, nell'impressione di una trance artistica dell'autore che tira fuori dal proprio subconscio pezzi che, probabilmente, aveva disperato egli stesso di riuscire a recuperare dal proprio spirito artistico.

Consiglio di ascoltarlo, o magari di riscoprirlo a quanti non lo avessero in pieno apprezzato.

Carico i commenti... con calma